Grado Giovanni Merlo è professore emerito di Storia del cristianesimo all’Università di Milano, fondatore della rivista «Quaderni di storia religiosa» e membro del comitato di redazione della «Rivista storica italiana». Ha dedicato le sue ricerche al cristianesimo nel basso Medioevo, con particolare riguardo alle origini e all’evoluzione del movimento francescano, ai rapporti tra ortodossia ed eresia e al ruolo del papato e delle istituzioni ecclesiastiche nella storia dell’Occidente latino. Tra le sue pubblicazioni recenti: Valdo. L’eretico di Lione (Torino 2010); Streghe (Bologna 2011); Giovanni Miccoli (Brescia 2011); Eretici ed eresie medievali (Bologna 2011); Il cristianesimo medievale in Occidente (Roma-Bari 2012); Frate Francesco (Bologna 2017).
Valdo muta radicalmente i modi di vita seguiti fin verso la metà degli anni Settanta del secolo XII ed entra in una serie di relazioni per lui nuovissime. Non è più la ricchezza al centro del suo esistere, ma è l’appello evangelico che egli trova nelle Scritture e che concretizza nella duplice dimensione della totale spogliazione e della missione apostolica. Per lui essere testimone del Cristo comporta farsi povero e annunciatore della “buona novella”, da cui discendono comportamenti ispirati alle beatitudini del Discorso della montagna. (…).
Non
abbiamo molte informazioni a riguardo Pietro Valdo, ci sono ignote sia le
origini che la fine della vita. Per ciò che riguarda il cognome esatto, esiste
solamente una forma latinizzata (Valdesius) e il nome Pietro, datogli dalla
tradizione nel XIV secolo che lo definiva così come nuovo apostolo.
Le informazioni che abbiamo provengono dagli archivi dell’Inquisizione e dalle
leggende valdesi, visto che
non è attestata alcuna attività scrittoria o letteraria di Valdo. Era un ricco mercante
che intorno all’anno 1170 decise di vendere i propri beni e dedicarsi,
rimanendo laico, alla predicazione del Vangelo. Quello che le fonti più antiche chiamano un
“iniziatore” è piuttosto un “fondatore”? Non esistono le prove documentarie per
pensare che, a un’iniziale capacità di attrarre a sé altri individui, facesse
seguire azioni volte al consolidamento giuridico e organizzativo del gruppo.
Fonti e documenti non ne parlano, anche se probabilmente processi del genere si
erano messi in moto prima della sua morte soprattutto nella componente
chiericale, rispetto alle altre più consapevole del necessario esito
istituzionale della “novità” della loro esperienza religiosa. Lo dimostrerebbe
la decisione sia di Durando d’Osca, sia di Bernardo Primo e dei loro compagni,
di rivolgersi al papato non solo per “salvare” se stessi, ma soprattutto
affinché quanto avevano appreso da Valdo e vissuto con lui non andasse perso e
perché i suoi seguaci non fossero ridotti, nel migliore dei casi, in una condizione
di semiclandestinità.
Possiamo allora continuare in modo legittimo ad attribuire a Valdo la qualifica di “iniziatore” di un “movimento religioso”: nel senso che il suo apostolato mette in crisi delle coscienze, attiva delle intelligenze e propone “cieli nuovi e terre nuove” a chi era escluso da una partecipazione attiva alla vita religiosa e a chi, invece in una condizione chiericale, non era soddisfatto dei modi di presenza cristiana e di azione pastorale delle gerarchie ecclesiastiche. Tuttavia l’appropriazione da parte di Valdo delle Scritture, lette e apprese attraverso la “rivoluzionaria” decisione di farsele tradurre nella lingua materna, non lo spinge a diventare il fondatore di un’eresia”, né tanto meno un teologo o un teorico capace di elaborare un “pensiero” antagonistico a quello egemone della cultura chiericale. Eppure il laico Valdo riuscì a ritagliarsi una propria fisionomia evangelica, molto difficilmente accettabile da parte di una Chiesa oramai del tutto sacerdotale: il povero del Cristo che, in quanto tale, acquisisce l’irrinunciabile diritto-dovere di annunciare la “buona novella” mediante la lingua dei non chierici, degli incolti.
La documentazione a lui coeva non riesce a celare del tutto, se non un moto d’ammirazione per quanto di breve durata, almeno la sorpresa per l’inaudita decisione di farsi tradurre parti del Nuovo Testamento e dell’Antico in lingua volgare. La novità di Valdo – spiega Merlo – ha anche dei risvolti sociali, in quanto “uomo nuovo” che rovescia i valori su cui aveva fondato la sua esistenza prima della conversione: valori rivolti all’accumulo di ricchezze attraverso la propria capacità di iniziativa economica e finanziaria non solo con acquisti e sfruttamento di terre e di diritti signorili, ma anche attraverso il prestito del denaro, ovvero l’usura. Valdo – prosegue Merlo - aveva rinunciato al secolo, alla logica del mondo, per seguire la logica del vangelo.
La conferenza si tiene nel Teatro della Fondazione, con inizio previsto alle ore 17,30. L’incontro sarà trasmesso anche in diretta web collegandosi al sito www.fondazionesancarlo.it. La conferenza, come tutte le altre del ciclo, sarà inserita nell’archivio conferenze presente sullo stesso sito, dove sarà accessibile gratuitamente. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione.
Paola Ferrari, ufficio stampa FSC
paola@paolaferrari.it - www.fondazionesancarlo.itAggiunto il 21/01/2020 16:33 da Paola Ferrari
Argomento: Filosofia delle religioni
Autore: Paola Ferrari