Bruno Lo Turco è professore di Filosofie, religioni e storia dell’India e dell’Asia centrale presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Ha collaborato alla Storia della scienza (sezione “Scienza indiana”) edita dall’Istituto della Enciclopedia italiana ed è stato fondatore e direttore editoriale della «Rivista di studi sudasiatici». Ha dedicato le sue ricerche al pensiero filosofico e religioso dell’India classica e ai suoi rapporti con la modernità. Ha inoltre approfondito lo studio del Moksopaya (La via alla liberazione), un trattato filosofico sanscrito in versi, databile al IX-X sec., del quale ha curato la pubblicazione del commentario di Bhaskarakantha: Mokṣopāya-Ṭīkā of Bhāskarakaṇṭha. The Fragments of the Nirvāṇaprakaraṇa. Critical Edition (2 voll., Halle 2011 e 2019).
Il canone delinea quattro livelli di perfezionamento lungo la via. Colui che abbia conseguito uno qualsiasi di questi gradi, detti “frutti della vita ascetica”, è definito ariyapuggala, “nobile soggetto”. I tipi di “nobile soggetto” sono quattro: sotapanna, “entrato nella corrente (che conduce al nirvana)”; sakadagamin, “colui che torna (a rinascere) una sola volta”; anagamin, “colui che non torna (a rinascere)”, arahant, “meritevole”. Il sotapanna è sfuggito per sempre alle rinascite sfavorevoli, negli inferni, come animale, come spettro; ha, infatti, sciolto i primi tre dei dieci legami che legano al samsara: la credenza in un corpo reale, cioè la credenza che vi sia qualche tipo di relazione tra il proprio sé e il corpo; il dubbio quanto al sentiero; l’essere influenzati da pratiche cerimoniali, e cioè la credenza che determinati riti (non buddhisti) possano arrestare il karma sfavorevole accumulato.
Gli altri legami che legano al samsara sono l’attaccamento sensuale; la malevolenza; l’attaccamento alla forma, che è il desiderio di rinascere come divinità nel rupadhatu; l’attaccamento all’immateriale, che è il desiderio di rinascere come divinità nell’arupadhatu (il regno immateriale); l’orgoglio, ossia il ritenersi uguali, inferiori o superiori agli altri, insomma l’abitudine di confrontarsi; l’agitazione, che impedisce il jhana (stato di concentrazione); l’ignoranza.
Il meritevole ha, poi, definitivamente reciso tutti i legami. Questi è definito da una celebre formula: “Egli comprende che dissolta è la rinascita, compiuta la vita pia, fatto ciò che era da fare; di là dalla condizione presente non v’è altro”. In altre parole, l’arahant è colui che ha ottenuto il nirvana in questa vita e che alla morte entrerà nel nirvana completo, non essendo più soggetto a rinascita.
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Aggiunto il 16/11/2020 12:44 da Paola Ferrari
Argomento: Filosofia delle religioni
Autore: Paola Ferrari