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Uovo e gallina: nati entrambi per primi.

“L’uovo e la gallina sono nati entrambi per primi”. (Risultato di uno studio condotto nel 2018, secondo i dettami della fisica quantistica, da scienziati australiani dell’Università del Queensland e scienziati francesi dell’Institut Néel)



Alcuni “giochi mentali” insolubili sono in grado di illuminare in profondità i limiti del nostro modo di pensare il mondo, della nostra maniera di discorrere sul mondo. Per questa ragione, sarebbe una sciagura se iniziassimo a credere di poterli risolvere o, addirittura, di averli già risolti.

Secondo alcuni, la questione se sia “nato prima l’uovo o la gallina” è di semplice soluzione, essendo sufficiente chiarire se per “uovo” si intende “uovo di gallina” o “uovo” in generale: nel secondo caso, sarebbe evidentemente nato prima l’uovo, considerato il fatto che innumerevoli tipi di animali si sono riprodotti mediante le uova ben prima dell’apparizione dell’animale-gallina; nel primo, altrettanto evidentemente, la gallina risulterebbe essere la prima arrivata, in quanto se l’uovo è “di gallina”, allora è “fatto da una gallina”, dunque non può esserle preesistente.

Ci sono almeno due possibili obiezioni a questo ragionamento: secondo la prima, non si può (ossia, è logicamente impossibile) individuare un punto esatto del tempo in cui si sia passati dall’uovo di un altro animale similissimo alla gallina all’”uovo di gallina”, dato che la differenza tra i due animali in questione è convenzionale, ossia individua arbitrariamente un “salto” discreto là dove regna invece la pura continuità evolutiva.

La seconda obiezione consiste nel fatto che l’espressione '"uovo di gallina" non si riferisce necessariamente all'"uovo fatto da una gallina", perché - da un punto di vista puramente logico e formale - una gallina non può in alcun modo nascere da un uovo fatto da una non-gallina. Il problema filosofico nasce dal conflitto tra tale evidenza logica, astratta e l’altrettanto innegabile concretezza dei fatti naturali; esattamente come il paradosso di Achille e della tartaruga, in clamoroso contrasto con l’esperienza ma “risolto”, dopo molti secoli, solo attraverso il calcolo infinitesimale, ossia risolto solamente in senso matematico, ma mai sul piano - decisivo - del logos, ossia del pensiero discorsivo, del nostro discorso sul mondo.

Il ricorso al buon senso - una dote a volte carente tra gli scienziati e i filosofi - non lascia, ad ogni modo, dubbi sul fatto che il paradosso si riferisca all’uovo di gallina, tanto che esso potrebbe essere tranquillamente così riformulato: “è nato prima l’uovo di gallina o la gallina”? La chiave del dilemma, per chi abbia comunque voglia di scervellarsi (muovendosi sul piano del ragionamento verbale e non su quello della matematica) sta dunque nel dubbio se la trasformazione biologica, genetica, da pre-gallina a gallina avvenga attraverso un cambiamento dell'uovo (da uovo di pre-gallina a uovo di gallina) o mediante un cambiamento dell'animale (da pre-gallina a gallina). Poiché, però, l'animale non è che una parte dell'uovo divenuta animale, bisognerebbe chiedersi se il cambiamento nel DNA sia avvenuto quando quella parte dell'uovo non era ancora divenuta animale oppure quando lo era già divenuta. Ma poiché non è possibile dire quando esattamente avviene il passaggio da "parte di uovo" ad "animale", ecco che non è possibile trovare una risposta razionale al dilemma.

La natura possiede una sua continuità che noi occidentali siamo continuamente costretti, per comprenderla - e soprattutto per relazionarci con essa in chiave prevalentemente manipolativa - a spezzare, forzando l’analogico a essere discreto. Questo approccio crea i paradossi filosofici (uovo versus gallina, tartaruga versus Achille, etc.) in quanto ci porta a ragionare sulla natura nei termini stessi delle convenzioni innaturali che le abbiamo, per ragioni culturali, imposto.

Riusciamo a concepire il cambiamento, l’alterazione, solo in termini discreti e quantitativi; ma l’esperienza ci mostra, a mio parere incontrovertibilmente, come i fenomeni naturali riescano a conciliare meravigliosamente il cambiamento continuo con la continuità costante, l’alterazione radicale con la più solida identità. Credere, dunque, che i paradossi possano essere risolti è fare cattiva filosofia: i paradossi sono lì proprio per insegnarci, attraverso la loro insolubilità, che stiamo facendo, con la natura, cattiva filosofia.




Aggiunto il 12/11/2020 08:23 da Alberto Cassone

Argomento: Filosofia delle idee

Autore: Alberto Cassone



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