Mettere un loop dentro un programma vuol dire rendere quel programma “ricorsivo”, capace di autolanciarsi, ad ogni giro. E il meccanismo del loop è solo una delle possibili metafore che possono dar conto del lavoro incessante prodotto dai dispositivi mitici del capitale.
La “razionalità” comunemente attribuita ai mercati sottintende, in realtà, una sorta di disciplina logica che utilizza l’infinito – nella forma ciclica dell’anello – come suo strumento primario: qualità che si inscrive perfettamente nella natura immanente dell’attività economica e delle sue finalità.
E tuttavia, l’infinito che agisce dentro la giostra capitalistica non è quello trascendente che tutto contiene e tutto spiega. E’ piuttosto una continua produzione sociale, reale quanto fantasmatica, che annette al suo dominio ogni cosa possibile e ogni cosa reale, e il suo contrario, fino a farne materia utile ai suoi scopi. Una produzione che disegna una traiettoria lineare ma anche circolare, come accade ad esempio per l’etica del profitto, che non ha più alcun legame con i bisogni e si fonda esclusivamente su quella che Benjamin aveva individuato come la religione cultuale del capitalismo.
L’infinito come processo di annessione di ogni singola materia – anche antagonista – alla lievitazione dell’aria del consumo, che non è più – come prima – il consumo di questa o di quella merce, bensì il consumo del consumo!
Il capitale ha bisogno dell’infinito, di questa cosa “oscena” che non a caso nella classicità era sovente indicata come il male del pensiero. Ne ha bisogno non per insinuare nella coscienza dei singoli una sorta di addiction della razionalità, ma per fondare l’individuo, che fuori dalla circolarità mefitica dei suoi anelli respirerebbe e che invece, dentro di essi, è in apnea, e dunque fa tutto ciò che fa in una eterna emergenza. L’individuo è dunque la creatura vivente che scaturisce dall’imposizione dell’infinito alla vita delle persone.
Aggiunto il 15/05/2015 10:52 da Sandro Vero
Argomento: Filosofia politica
Autore: sandro vero
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