Il processo di apostasia, nella realtà della nostra società in continuo cambiamento, risulta più sfaccettato rispetto ai resoconti giornalistici che, per amore della semplificazione o dell’aberrante, ci parlano di conversioni forzate, programmazioni della mente. E anche più complesso rispetto ai rapporti stilati dalle associazioni anticulto, soprattutto d’oltreoceano.
La Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani riconosce l'abbandono della propria religione come un diritto umano legalmente protetto dal Patto internazionale sui diritti civili e politici poiché la libertà di avere o di adottare una religione o credo necessariamente implica la libertà di scegliere e il diritto di modificare il proprio credo o religione corrente con un altro o con un pensiero ateo. L'articolo 18 della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo recita: «Ogni individuo ha il diritto alla libertà di pensiero, coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti.»
L’esame delle adesioni ai Nuovi movimenti religiosi (NMR) mostra la maggioranza di convertiti e apostati come attori sociali in senso proprio, capaci di scegliere della propria vita in base a preferenze e convinzioni. Sono soggetti impegnati in prima persona in un percorso di ricerca di senso capaci di scegliere autonomamente e attivamente l'opzione spirituale cui aderire all'interno di un panorama religioso pluralistico che - nel mondo, così come in Italia - offre sempre più un'ampia varietà di fedi vecchie e nuove.
L'apostasia impone di terminare un percorso di vita di lungo periodo, di chiudere un capitolo che, nel bene o nel male, ha rappresentato pagine significative della propria esperienza personale – spiega Cardano - Tutto ciò comporta la consapevolezza di un fallimento, che ha diversi tratti in comune con la fine di un matrimonio e con il divorzio. Chiudere quel capitolo vuol dire ammettere di aver compiuto delle scelte sbagliate che hanno ricadute di rilievo sul proprio corso di vita e cercare un nuovo cammino.
La conferenza si tiene nel Teatro della Fondazione, con inizio previsto alle ore 17,30. La conferenza, come tutte le altre del ciclo, sarà inserita nell’archivio conferenze presente nel sito www.fondazionesancarlo.it, da cui potrà essere scaricata gratuitamente. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione. Il ciclo di lezioni gode dell'accredito ministeriale per la formazione del personale della scuola (DM 18 luglio 2005).
Paola Ferrari, ufficio stampa FSC
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Aggiunto il 30/03/2016 15:39 da Paola Ferrari
Argomento: Filosofia delle religioni
Autore: Paola Ferrari