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Sulla inefficienza gnoseologica del pensiero Rousseauniano

Cari lettori , oggi per la prima volta , vi propongo un mio scritto di filosofia politica. 

Premettendo che la materia in questione risulta ardua e al contempo molto impervia mi addentrerò , in merito alla mia indagine filosofica , nel modo più oggettivo che mi sia consentito. 

Tengo sempre a mente però la responsabilità di trattare di Politica , nobile arte che ha sempre accompagnato, in tempi più o meno difficoltosi , la nostra società occidentale.

Mi auguro ad ogni modo di non offendere alcun fervente sostenitore  della Ragion di Stato o ogni sorta di accademico puntiglioso.

Incomincio riportando alla vostra memoria un titolo di un’opera che , agli occhi del sottoscritto , ha segnato in modo incisivo la storia della politica italiana nonché quella del vecchio continente :  “ Odio gli indifferenti ” di Antonio Gramsci. 

L’autore , grande ideologo e letterato di matrice Marxista del Novecento , raccolse concretamente l’eredità del pensiero Rousseauniano coniugandola , in termini di coerenza assoluta e inconfutabile , con gli avvenimenti politico-sociali della sua epoca. In particolare questa asserzione risulta veritiera agli occhi dello scenario socio-culturale della Russia post-zarista che vide affacciarsi alle proprie porte l’inedita figura del proletariato. 

La storia ci narra della grande autonomia di pensiero di Antonio Gramsci , sopratutto in epoca fascista , durante la quale  gli costerà anche il carcere. 

Insomma , se Tacito , progenitore della storiografia moderna , avesse potuto conoscere il pensiero pungente di Gramsci probabilmente avrebbe abbandonato il suo << Sine Ira et Studio >> glorificando un intellettuale che , senza dubbio , è degno di ogni tipo di encomio.

Sebbene sul piano idealistico e sopratutto su quello utopico il pensiero filo Rousseauniano è assolutamente apprezzabile e condivisibile  , su quello contingente non riesco a riscontrarne un’affinità con il principio di Utile , almeno per quanto concerne alla materia Gnoseologicamente intesa . Questa mia dichiarazione sussiste sia che il principio di Utilità sia inteso nel breve periodo o a lungo termine.

Ritengo francamente che promuovere un’uguaglianza sostanziale fra i cittadini è un dovere morale rispettabile. Azzarderei quasi ad identificarlo come un principio indispensabile e necessario per porre le basi di una società civile operosa ed indipendente . Forse un principio “Sine qua non” dell’esistenza delle stesse società moderne.

Gramsci mi trova infatti profondamente d’accordo nella sua tesi fino a  quando questa si presta alle dinamiche giuridiche , sociali ed economiche. 

Se ci addentriamo però nella dimensione gnoseologica e ci posizioniamo su un piano puramente intellettivo dove il  raziocinio e la preparazione specifica dettano il sentiero di percorrenza allora devo dissentire strenuamente.

Al cospetto della globalizzazione e dell’avvento tecnologico è infatti impensabile estendere il pensiero Rousseauniano alla componente competenziale dei singoli e alle diverse filiere produttive.

L’appiattimento in questi termini risulterebbe abominio e non faro di civiltà.

Giustificare con un principio egualitario un livellamento culturale , soprattuto in campi specifici della scienza ,  rischia di delineare come opinabile ciò che invece opinabile non risulta e di additare come verità ciò che invece è falsità gratuita. 

Badi , non mi pongo in nessun modo in una posizione di intellettualismo etico sicuramente contestabile ; bensì sono un grande estimatore della ripartizione dei ruoli proprio alla luce della tutela della funzionalità di quel grande ingranaggio che siamo oggi usuali denominare Stato.

Ecco quindi che la conoscenza scientifica viene liberata da quell’insopportabile nota moralistica di chi non sa e pretende di sapere. 

Socrate probabilmente avrebbe consigliato la maieutica per educere la verità , io piuttosto ricorderei la preziosa risorsa del silenzio.

Caro Jean Jacques Rousseau uno varrà sempre uno , ma non al cospetto della Scienza.

L’indagine filosofica sopra riferita non implica però una dittatura della conoscenza e di chi ne detiene la técnhe. Al contrario invita , in primo luogo il sottoscritto , ad astenersi  dal voler cimentarsi in tutto ridicolmente e di fidarsi maggiormente di chi ha studiato con passione e può permettersi di divulgare opinioni con coscienza. 

Smettiamola di affermare che chi dissente di Scienza senza portare al banco delle prove questioni ragionevoli risulti , agli occhi dell’immaginario collettivo , un cittadino ben informato e chi invece difende il primato della scienza un semplice arrogante. 

Ringrazio i miei lettori per la pazienza e per la perizia con cui giudicherete il mio scritto. Nel frattempo mi correggo , uno varrà sempre uno ma solamente quando debutterà la nostra nazionale di calcio. Lì si saremmo tutti chiamati ad riconoscerci come fratelli di scienza e di tecnica.



Pietro




Aggiunto il 22/03/2020 15:51 da Pietro Andrea Kuhn

Argomento: Filosofia politica

Autore: Pietro Andrea Kuhn



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