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Sublimare Prometeo

Sublimare Prometeo

 

Nella mitologia greca Prometeo era l’uomo che ha osato sfidare gli dei rubando loro il fuoco per donarlo agli uomini affinché potessero servirsene. Quando se ne accorse, Zeus volle punirlo per la sua presunzione e lo fece incatenare ad una roccia lacerato dagli artigli delle aquile. Alla fine, Zeus chiese ad Eracle di liberarlo e così Prometeo ottenne il perdono.

Il mito di Prometeo ha conosciuto una certa notorietà nella filosofia, a partire dalla filosofia greca fino alla filosofia contemporanea. Platone nei suoi dialoghi vi fa riferimento e questo attesta la prima comparsa del mito in ambito considerato da un punto di vista filosofico. Successivamente, Francesco Bacone nella sua opera De sapientia veterum dedica un capitolo al mito di Prometeo. In questa sede, egli elogia la figura mitologica di quest’uomo elevandola ad emblema della condizione umana costantemente alla ricerca della conoscenza dominio della natura suo agire. Con questo, Bacone elogia la dimensione della tecnica come modifica della natura ai fini dell’uomo. Seppur degne di rilievo non ci addentreremo in un’analisi del ricorso prometeico in questi due pensatori.

Nel Novecento, tuttavia, l’essere umano ha sperimentato la sua imperfezione delle ferite al suo narcisismo come ha modo di affermare Sigmund Freud e non appare più come “forte”. Inoltre la tecnica da lui creata esercita un enorme influenza nella vita dell’uomo che si percepisce schiavo di essa e la natura appare in pericolo. In tal senso, la nuova corrente dell’antropologia filosofica che si sviluppa nella prima metà del Novecento cerca di riassumere la collocazione umana in un’ottica sistemica, globale e interdisciplinare riunita dal tessuto connettivo della filosofia che ne fa da guida.

Se da una parte l’impulso prometeico dell’agire sulla natura presente nell’umanità è fondamentale per la sopravvivenza dell’uomo sulla terra, in quanto “essere carente” (come sottolineano Scheler e, ancor prima, Herder) che necessita di proprie armi per la sussistenza, dall’altra si evidenzia come la tecnica creata dall’uomo rischi di poter condurre a disordini o, addirittura, compromettere l’intera esistenza umana sul pianeta.

Occorre quindi iniziare a pensare come deviare gli impulsi aggressivi tipici della pulsione prometeica. In quest’ottica si vuole, per così dire, sublimare Prometeo. In questa ricerca si mutua questo termine dalla psicanalisi, secondo la quale sublimare (che a sua volta prende in prestito questo termine dalla chimica) significa incanalarne la pulsione di per sé nociva o, al più, riprovevole dal punto di vista della società su altri fini socialmente utili, pacifici e positivi, si potranno rilevare questi tentativi. Si tratta di un meccanismo di difesa inconscio molto comune, oggetto d’interesse di molti psicanalisti.

 

Secondo l’analisi condotta sull’uomo da parte di Arnold Gehlen (1904 – 1976) nel volume L’uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo, Prometeo rappresenta il prototipo dell’essere umano. Quest’ultimo, al pari del personaggio mitologico, risulta costretto per la sua sopravvivenza a prevedere (ossia “vedere anticipatamente”) e a provvedere alla propria esistenza. Egli scrive: “Come Prometeo, è obbligato a dirigersi su ciò che è lontano, su ciò che non è presente nello spazio e nel tempo; vive – a differenza dell’animale – per il futuro e non per il presente” [Gehlen 1983, p. 58]. La tecnica, assieme agli altri “esoneri” dalla natura linguaggio e alla cultura da questo punto di vista rappresenta un’arma in può da parte dell’uomo per intervenire sul mondo. Ma si tratta di un’arma a doppio taglio in quanto la tecnica che egli ha evocato gli sta rivolgendosi contro: da una parte garantisce all’uomo di mantenere la sua esistenza, ma dall’altro può condurre l’uomo alla distruzione e alla morte. Tuttavia, l’uomo non può fare a meno della tecnica in quanto è costretto ad accondiscendere ad essa, altrimenti rischia la sparizione, essendo l’uomo, a suo avviso, debole ed indifeso. Per sublimare, per così dire, l’uomo è necessario incanalare le sue pulsioni impazzite all’interno di una società con leggi e istituzioni normalizzanti. La sua soluzione è di tipo pedagogico-istituzionale, in quanto l’uomo va educato, “disciplinato” (utilizzando le parole di Gehlen) nel processo di socializzazione.

 

Una formulazione estetica viene invece proposta da Rosario Assunto (1915 – 1994), filosofo italiano studioso di estetica e di arte. Nel suo saggio La città di Anfione e la città di Prometeo, egli ritiene che l’impulso dell’agire scientifico-tecnologico prometeico deve convivere con la parte più spirituale e artistica della vita umana emblematizzata allegoricamente dalla figura di Anfione, colui che è stato capace di ricostruire Tebe con le sue mura al suono della sua cetra suonata da una campagna nelle vicinanza (cfr. Assunto 1984, p. 98].

Prometeo e Anfione sono radicalmente diversi, ma  comunque complementari e devono aiutarsi a vicenda. Il primo afferma “il primato sempre più esclusivo delle attività pratico-operative”, mentre il secondo è l’ideale sostenitore del “cuore poetico e mente operativa [che] coincidevano attorno a sé raccogliendo le abitazioni dei cittadini” [Assunto 1984, p. 193]. Entrambi gli implusi devono convivere in modo simbiotico nella teorizzazione dallo studioso di estetica.

Per Assunto occorre anche porre Prometeo al servizio di Orfeo, raffinato poeta e cantante come si può leggere in un altro passo saliente della sua opera, altra figura mitologica, rievocata dallo studioso di urbanistica, Lewis Mumford (1895 – 1982), il quale consigliava di “metter Prometeo sotto la guida di Orfeo” [Assunto 1984, p. 72] nel suo monumentale studio La città nella storia.

Questi diviene guida degli impulsi prometeici di dominio sulla natura, per cui in un simile orizzonte, l’essere umano saprà costruire architettonicamente nella conformità del rispetto per la natura, impedendo che Prometeo esageri e prenda il sopravvento e in modo tale da sviluppare parallelamente arte e scienza, valorizzandole appieno. Così facendo la città tornerà ad essere città del Lògos, così come si delineava nel periodo del Rinascimento, periodo in cui le costruzioni architettoniche raggiunto la massima aspirazione della bellezza. Città del Lògos significa città del pensiero in senso lato, soluzione preferibile e mediazione possibile tra le istanze dell’esigenza di agire e le istanze dell’arte. e il e non più solamente città prometeica della Prassi, ma neppure solamente città dell’arte disinteressata.

 

Una soluzione particolare di de-tecnicizzazione progressiva e di disarmo viene invece invocata da Günther Anders (1902 – 1992), primo marito della filosofa Hannah Arendt. Egli mostra che le macchine hanno ormai preso il sopravvento sul loro creatore, l’uomo che si trova sempre antiquato nei suoi confronti, rimane perciò sempre arretrato come sviluppo. Da cui la “vergogna prometeica”, l’imbarazzo provato dall’uomo nel sentirsi inferiore alle macchine da lui create. Mentre crediamo di poter scegliere in realtà siamo scelti dalle macchine che ormai decidono loro senza un’apparente logica. La storia dello sviluppo della tecnica conduce l’uomo ad una condizione di nichilismo e disperazione: essa ha portato alla bomba atomica e a guerre sempre più micidiali. Anche se non espresso chiaramente da Anders sembra intuibile che la sua particolare soluzione è rappresentata da una de-tecnicizzazione progressiva e da una politica di disarmo al fine di evitare la catastrofe. Il motivo del disarmo viene invocata da Anders nelle sue vicissitudini biografiche, nei suoi saggi successivi e nella corrispondenza epistolare.

 

Per terminare questo percorso sui tentativi di sublimare Prometeo, ricordiamo la posizione di Hans Jonas (1903 – 1993) che condivide l’ipotesi di un “Prometeo scatenato” e le relative preoccupazioni. Con queste basi, la soluzione offerta da Jonas si rivolge in una nuova tipologia di etica, chiamata “etica della responsabilità” per la civiltà tecnologica. Secondo Jonas questa etica dovrebbe essere in grado di spostare la nostra attenzione sul prendersi cura della qualità di vita degli esseri umani, non soltanto quelli della generazione presente, ma anche tenendo presenti le esigenze delle generazioni future che avranno in eredità il nostro pianeta.

 

Bibliografia

G. Anders, L’uomo è antiquato, voll. 1 e 2, Bollati Boringhieri, Torino 2007

R. Assunto, La città di Anfione e la cttà di Prometeo, Jaca Book, Milano 1984

A. Gehlen, L’uomo. La sua natura e il suo posto nel mondo, Feltrinelli, Milano 1983

H. Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, Einaudi, Torino 1993

M. T. Pansera, Antropologia filosofica, Bruno Mondadori, Milano 2001

 

© 2014 Alessandro Montagna

 




Aggiunto il 22/08/2014 16:13 da Alessandro Montagna

Argomento: Antropologia filosofica

Autore: Alessandro Montagna



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