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Scelgo dunque sono. La scelta come personalizzazione

Scelgo dunque sono. La scelta come personalizzazione

 

- Il ruolo delle scelte nella vita


La persona costruisce se stessa attraverso le scelte che compie di fronte ai bivi della vita e che segnano in modo inequivocabile la direzione della propria esistenza, nella continua opzione tra bivi differenti.

Al termine di un ciclo formativo che segna il confine tra scuola secondaria di I grado e scuola secondaria di II, e ancora, tra quest’ultima e la scelta universitaria (se optata), si attua una fondamentale scelta, ossia quella dell’orientamento, parecchio rilevante sia dal punto di vista pedagogico quanto da quello psicologico collegato con le aspettative verso il futuro, nonché nei confronti delle attitudini della persona.

Questa importante scelta decide abbastanza chiaramente quale futuro cercare di intraprendere. Ovviamente i casi di persone che cambiano “in corsa” la tipologia di formazione da seguire è abbastanza frequente. Taluni inoltre, una volta diplomatisi scelgono una facoltà molto differente come tipo di discipline impartite. Ad ogni modo il passato ci condiziona e ogni scelta si attua in riferimento a ciò che noi siamo, a quel che abbiamo scelto e deciso di compiere. Risulta, infatti, piuttosto difficile tornare indietro in certi stadi come quello universitario, pena la perdita di anni per cominciare un nuovo percorso daccapo. Per questo motivo si è scelto il titolo di “scelgo dunque sono” al presente articolo, giocando volutamente sul celebre motto cartesiano del “penso dunque sono” (cogito ergo sum). Scelgo dunque sono, decido di essere, ma non soltanto da questo punto di vista, siccome scegliere significa crescere, maturare, saper prendere con responsabilità le decisioni, saperle soppesare e in ultima istanza comprendere se stessi, leggere i propri sogni, le proprie paure, le proprie speranze, i propri interessi e i propri talenti da mettere a frutto. Sono convinto che nessuno ci conosce meglio di noi stessi, perciò, eventualmente consigliato da genitori o esperti e in seguito ad una capillare informazione delle scelte a disposizione, si può, se si legge nella profondità di noi stessi, effettuare la scelta giusta.

La scelta appare, ad uno sguardo più filosofico, propedeutica a quelle che la vita ci porrà a più riprese di fronte, tra cui le più importanti sono la scelta del lavoro da svolgere, delle abitudini da seguire ecc... Diventa di primaria importanza saper scegliere in quanto si decide in parte la propria vita. Il valore della scelta avrà la medesima grande importanza che le attribuiva la corrente dell’esistenzialismo (Sartre in primis). La scelta risulta anche costitutiva della propria individualità e in ultima istanza dai risvolti personali.

Terminata la scuola secondaria di I grado ci si trova dinnanzi ad un quadro abbastanza variegato, in cui ogni tipo di scuola favorisce certi apprendimenti piuttosto che altri. Si ripete solitamente che le scuole professionali e quelle tecniche abilitano ad una determinata professione e formano un certo habitus pratico, mentre i licei presentano un bilanciamento tra materie permettendo una scelta tra varie discipline comuni. Ad ogni modo se già a 13-14 anni, cioè durante la terza media il ragazzo impartisce una netta virata alla sua vita e all’orientamento da seguire, chi decide di iscriversi all’università si specializza su un settore di studi ben preciso e dal piano di studi delineato.

Per mutuare un paragone dalla biologia, la nostra esperienza scolastica ricorda le tipologie di cellule: noi frequentiamo le elementari e le medie da cellule totipotenti, dopodiché con le scuole superiori diveniamo pluripotenti o multipotenti e, se decidiamo di accedere all’università o comunque entriamo nel mondo del lavoro diventiamo cellule unipotenti, ossia specializzati in un determinato settore. A quel punto appare difficile, anche se ovviamente non impossibile, dare uno scossone forte al proprio futuro. Per citare un esempio, certe tipologie di lavoro come quella di un operaio specializzato richiedono delle conoscenze che se non studiate e realizzate durante un percorso regolare di studi richiederebbe anni di apprendimento, che difficilmente verranno ripresi quando l’età più avanzata ci richiederà di cercare un lavoro.

Il filosofo Remo Bodei seguendo le argomentazioni di Bergson e Proust aveva ipotizzato la nostra vita come crescita a stelo (R. Bodei, Destini personali, Feltrinelli, Milano 2002, p. 117): nella scelta scegliamo di percorrere un ramo, ma al contempo nel compiere questo, ne recidiamo altri, limitandoci altre “vite parallele”. La scelta tra possibilità differenti rappresenta una risorsa per definire appieno la nostra identità come dimostra l’esistenzialismo positivo sostenuto da Nicola Abbagnano. Non si tratta di drammaticità, ma di un impulso che conferiamo al nostro io, al fine di personalizzare e di essere padroni del proprio vissuto e artefici del proprio destino.

 

-  La scelta nella filosofia: Kierkegaard, Heidegger e Sartre

 

Kierkegaard parte dall’individualità al fine di comprendere il generale: infatti egli propone un esempio: bisogna studiare l’albero per capire la foresta e non viceversa. Bisogna rivolgersi al singolo, al contrario di Hegel, per cui Kierkegaard studia la drammaticità e le possibilità del singolo in bilico tra gli “Aut Aut” dei tre stadi di esistenza (estetico, etico e religioso).

Per Kierkegaard Hegel ha la colpa di essersi dimenticato del singolo. Secondo Kierkagaard il singolo è superiore alla specie: l’esistenza è il regno della libertà: l’uomo è ciò che sceglie di essere, è quello che diventa (il suo modo di essere è la possibilità).

In Heidegger troviamo la situazione del singolo uomo che, “gettato nel mondo” si pone la domanda sull’essere (cercando così di capire il senso). Sarà poi compito dell’esserci scegliere tra un’esistenza autentica (all’insegna della cura e dell’essere-per-la-morte) o inautentica (della chiacchiera, del “si dice”, “si fa”…).

La filosofia di Sartre è una filosofia secondo la quale l’esistenza precede l’essenza. Da principio l’uomo esiste, ma è un puro nulla, un vaso vuoto da riempire. Solo agendo e scegliendo l’uomo costruisce se stesso e la sua storia. Per cui per Sartre l’esistenza precede l’essenza. L’uomo è anche “condannato ad essere libero”, e se cerca delle scuse ricade nella malafede.

Condannato perché non si è creato da se stesso, e pur tuttavia libero, perché una volta gettato nel mondo è responsabile di tutto ciò che fa” (L’esistenzialismo è un umanismo).

La scelta tra possibilità differenti può essere però anche una risorsa intesa in modo del tutto positivo dal cosiddetto esistenzialismo positivo dell’italiano Nicola Abbagnano, oppure come un modo per affermare il valore della persona (per esempio nel personalismo cattolico ispirato all’esistenzialismo dei pensatori Marcel, Maritain e Mounier).




Aggiunto il 20/07/2021 10:34 da Alessandro Montagna

Argomento: Filosofia contemporanea

Autore: Alessandro Montagna



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