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L'eternità del fuoco

Secondo Severino il nulla non esiste, il nulla della teologia cristiana che affida a Dio il compito di creare il mondo dal nulla, come recita la formula scolastica (creatio est productio rei ex nihilo sui) che esclude ogni precedenza della cosa e della materia. Infatti il nulla non appare, non diventa mai oggetto di verifica empirica, non appare mai nell’esperienza dei sensi, perché nella realtà esiste sempre qualcosa senza alcuna soluzione di continuità (La filosofia futura 339 «Ma uno dei tratti centrali del destino dell’essente è che l’ “esperienza”, in quanto apparire della totalità dell’essente, non mostra che gli essenti escono dal niente e ritornano nel niente»). Peraltro non esiste neppure Dio, almeno il dio cristiano che sembra costruito per giustificare l’esistenza delle cose e risolvere le contraddizioni tra l’infinito e il finito con l’espediente della creazione, come un ponte tra l’essere e il non-essere. Se le cose non sono state create diventa inutile l’esistenza di un Dio costruito per giustificare l’esistenza delle cose.In Severino sono numerosi gli esempi allestiti per illustrare la sopravvivenza delle cose. Per esempio la legna. Le forme della legna sono diverse nella trasformazione della legna in cenere ma tutte le forme sia pure in tempi diversi esistono, prima esiste la legna poi esistono i carboni e la brace e alla fine esiste la cenere. Si potrebbe forse negare l’identità della cosa e la continuità della legna con la cenere, ma sarebbe contradittorio negare l’esistenza della legna e della cenere, negare che tra la legna e la cenere ci sia l’assenza di una cosa (La strada 106 «La legna spenta, la legna accesa, le braci, la cenere e il vento che la disperde si sono avvicendati nel cerchio luminoso dell’apparire»). Per esempio la lampada. Tra una lampada accesa e una lampada spenta c’è sempre una lampada, sebbene Severino non sembra convinto che la lampada accesa sia sempre la stessa lampada spenta (La filosofia futura 347 «La manifestazione autentica del divenire non mostra che la lampada spenta continua ad essere accesa, ma continua a mostrare, quando la lampada vien spenta, il suo essere accesa prima del manifestarsi del suo esse spenta»).Per esempio l’albero, che ora è verde e poi perde le foglie. C’è un tempo in cui esiste l’albero verde e un tempo in cui l’albero non è verde, ma in ogni tempo esiste qualcosa senza soluzione di continuità tra una cosa e l’altra (La filosofia futura 287 «quando si dice che l’albero era verde, si afferma che esiste un tempo in cui l’albero è verde»). Per esempio il fuoco che si accende e spenge (La filosofia futura 287 «questo fuoco, ad esempio, era niente… e tornerà ad essere niente anche se qualcosa di esso – cenere, fumo, calore – continuerà ad esistere») o la luce che appare e scompare (La filosofia futura 200 «l’alternanza di giorno e notte»). In conclusione le cose esistono, esiste la legna la lampada l’albero il fuoco la luce eccetera (La filosofia futura p.287: «Ma quando si dice che questo fuoco era niente, si dice che un non niente era niente, e cioè che un essente era niente. E non è la follia estrema pensare che un essente è niente? che il fuoco, il cielo, la terra, gli animali, i monti, le stelle, le vicende e i pensieri, gli affetti, le illusioni e le speranze dell’uomo sono niente?»), ogni cosa esiste senza alcun intervento divino come sostiene Severino negli esempi sull’assenza del nulla e la presenza delle cose.In sintesi per affermare l’esistenza delle cose e negare l’esistenza del nulla Severino ricorre ad Anselmo d’Aosta di cui riprende l’argomento ontologico. Come Dio non può non esistere così le cose non possono non esistere, come non si può pensare che Dio non esista perché l’idea di Dio implica l’esistenza di Dio così l’idea della cosa implica l’esistenza della cosa, l’esistenza appartiene necessariamente all’essenza perché l’essenza non può essere separata dalla sua esistenza. Come non è possibile pensare un Dio che non esiste o all’inverso un mondo senza Dio, così non è possibile pensare una cosa che non esiste. Non è possibile pensare che qualcosa non esista, ma anche l’inverso che non esista qualcosa. E soprattutto vale l’inverso, non esiste un mondo senza le cose. Come Anselmo anche Severino applica alla dimostrazione dell’esistenza il principio di non contraddizione in forma (tauto)logica perché sarebbe contradittorio pensare che non esistano le cose che esistono, che una cosa sia niente, che un ente sia un non ente o un essente sia non essente. Sarebbe contraddittorio che il non niente fosse niente. «Ogni essente è ed è impossibile che non sia» (La filosofia futura 286), ripete Severino, «perché è impossibile che l’essente sia niente» (La filosofia futura 339), perché «ciò che è... è impossibile che non sia» (La filosofia futura 296). In altri termini Severino afferma l’esistenza della cosa negando il suo contrario, alla maniera di Heidegger: «Nel giardino c’è un albero. Di esso asseriamo: l’albero è ben fatto. È un melo. Quest’anno ha dato pochi frutti. Gli uccelli canori si posano volentieri su di esso. Il frutticultore potrebbe ancora aggiungere qualcosa. Il botanico, che considera scientificamente l’albero come un vegetale, potrebbe stabilire un gran numero di cose su di esso. In ultimo si avvicina un uomo strano e dice: l’albero è, esso non non è» (Che cosa significa pensare? 185), dove tuttavia la riduzione ontologica vale contro il soggettivismo moderno e non contro il creazionismo cristiano. Alla domanda sull’essenza della cosa (l’esser cosa della cosa, l’essere della cosa in quanto cosa o in quanto tale) Heidegger risponde con l’esistenza delle cose: che cosa è una cosa? la cosa è qualcosa che esiste. In questo modo Heidegger riduce l’essenza delle cose all’esistenza delle cose (Libertà 23 «Ma in tutte le distinzioni e differenze conosciamo quanto è noto anche riguardo a ciò su cui si concorda, nonostante le differenze. Tutto ciò che abbiamo nominato lo conosciamo in quanto qualcosa che (was) è; ciò che (was) è lo denominiamo ente (Seiendes)») come sostiene anche Severino nella stessa forma negativa che esclude la non esistenza delle cose che sono (La filosofia futura 285: «Ma pensare che una cosa non è, significa pensare che una cosa è niente, cioè che un non niente è niente»), con una conclusione perentoria che sembra fugare ogni dubbio: «Certo, per lo sguardo che vede la follia della fede fondamentale dell’Occidente, ogni essente è ciò di cui è contraddittorio negare l’esistenza» (La filosofia futura 286). Alla fine Severino non solo trasferisce alle cose l’argomento ontologico sull’essenza di Dio che Anselmo applica a Dio, ma trasferisce alle cose anche l’eternità che appartiene a Dio con la stessa evidenza intuitiva del cogito cartesiano: se esisto dunque sono eterno. Dunque? Se le cose non sono state create e tuttavia esistono, dunque ogni cosa sarebbe eterna: «Tutto è eterno. Non nel senso tradizionale, per cui è eterno il mondo nel suo insieme, o eterni sono gli elementi costitutivi della materia, o la legge della realtà, o la realtà in quanto conosciuta da una mente divina, o Dio in quanto separato dalla temporalità del mondo.  Non questo senso. “Tutto è eterno” significa che ogni momento della realtà è – ossia non esce e non ritorna nel nulla; significa che anche alle cose e alle vicende più umili e impalpabili compete il trionfo che si è soliti riservare a Dio. Eterno ogni nostro sentimento e pensiero, ogni forma e sfumatura del mondo, ogni gesto degli uomini. E anche tutto ciò che appare in ogni giorno e in ogni istante: il primo fuoco acceso dall’uomo, il pianto di Gesù appena nato, l’oscillare della lampada davanti agli occhi di Galileo. Hiroshima viva e il suo cadavere. Eterni ogni esperienza ed ogni istante del mondo, con tutti i contenuti che stanno nell’istante, eterna la coscienza che vede le cose e la loro eternità e vede la follia della persuasione che le cose escano dal niente e vi ritornino – la follia che domina il mondo. Eterna anche questa follia; e il suo esser già da sempre oltrepassata nella verità e nella gioia» (La filosofia futura 299 = con pochi ritocchi Il dito e la luna 68-9). In che senso «tutto è eterno»? non «nel senso tradizionale» come sarebbe giustificato dalla ragione e dal buon senso, ma nel senso che appartiene al trionfo di Dio («il trionfo che si è soliti riservare a Dio») e cioè al verbo essere («ogni momento della realtà è»). A parte l’eternità della materia alla maniera degli antichi Greci, a parte anche alla maniera dell’idealismo la sopravvivenza delle cose nella memoria, nella coscienza (La filosofia futura p.299 «eterna la coscienza che vede le cose e la loro eternità») e nella volontà (La filosofia futura p.358: «la volontà che assume la lampada come oggetto del suo decidere e del suo agire»), Severino suggerisce che una cosa rimane come rimane un albero, sebbene possa sembrare contraddittorio credere nella sopravvivenza della legna o nella resurrezione della cenere dopo aver dimostrato la trasformazione della legna in cenere. Ma Severino insiste: «Tutto è eterno» significa che «ogni momento della realtà è» senza spiegare perché ciò che esiste sarebbe anche eterno dove si intende meglio il contrario che esista ciò che è eterno. Se ogni momento della realtà esiste non significa che sia eterno, se «ogni essente (in ogni sua forma) è» significa che «è impossibile che non sia», come è ovvio, ma non ne consegue che «Ogni essente è eterno» (La filosofia futura 286 «Ogni essente (in ogni sua forma) è ed è impossibile che non sia. Ogni essente è eterno»). Nel ragionamento di Severino manca un passaggio che giustifichi l’equivalenza dell’esistenza con l’eternità. Infatti Severino non afferma che ogni momento o forma o cosa è eterna ma che ogni momento o forma o cosa esiste come esistono la legna e la cenere, l’albero verde e l’albero giallo. Il passaggio dall’esistenza delle cose all’eternità delle cose non appare mai sebbene sia chiaro che le cose esistano e che l’esistenza sia eterna. L’esistenza non può non esistere, è impossibile che l’esistenza non sia e dunque non sia eterna e in questo senso è eterna perché non è possibile concepire un mondo senza l’esistenza delle cose. Se le cose esistono, insinua Severino, e se l’esistenza è eterna dunque le cose sono eterne. Nel passaggio dalle idee alle cose confonde il concetto dell’esistenza con l’esistenza delle cose e dunque attribuisce alle cose l’eternità che invece appartiene alle idee. Come la memoria o la coscienza o altro anche l’esistenza non è una cosa, ma sfugge ai limiti del tempo, come la memoria anche l’esistenza è uno spazio senza tempo dove esiste solo il presente, il presente della memoria o dell’esistenza che non appartiene al tempo, ma esiste per l’eternità. L’esistenza è sempre uguale a sé stessa senza passato né presente né futuro, senza alcuna modificazione nel corso dei tempi, come esiste ieri esiste oggi ed esiste domani, non invecchia né muore come un albero o un uomo. D’altra parte finché ci sarà un albero l’esistenza sarà sempre identica a se stessa, nell’albero come in Dio e in ogni altra cosa. L’albero può essere verde o giallo o rosso dalla primavera all’autunno, ma rimane sempre un albero, come la legna la lampada il fuoco la luce eccetera dimostrano l’esistenza delle cose, perché la durata o eternità non appartiene alla forma dell’albero ma alla sostanza dell’albero, alla sua esistenza. Le cose esistono e sono condannate alla trasformazione del tempo, ma l’esistenza non è una cosa e rimane per l’eternità. Rimane l’idea o la memoria dell’eternità che «non è memoria d’immagini, sogni, barlumi, fuochi fatui… ma è memoria dell’essere, è il rimanere dell’essere. Nella memoria rimangono le eterne costellazioni dell’essere» (La filosofia futura 350). La memoria dell’esistenza. Per dare un senso alle affermazioni di Severino che non contraddica il buon senso conviene interpretare l’eternità come l’eternità dell’esistenza senza attribuire l’eternità all’eternità delle cose. Ma Severino insiste nell’errore: accanto alla metafora di Dio, Dio come metafora dell’eternità (La filosofia futura 299 «il trionfo che si soliti riservare a Dio»), Severino introduce anche la metafora del sole, come metafora dell’eternità: «si sa che il sole brilla eterno anche quando scompare all’orizzonte» (La filosofia futura 288). Fuor di metafora le metafore non sono equivalenti. Ogni cosa rimane o ritorna? la bomba atomica rimane come l’albero o ritorna come il sole? le cose ritornano come il sole o rimangono come Dio? Dopo aver considerato la trasformazione della legna in cenere e negato la sopravvivenza della legna in quanto legna per dimostrare che il nulla non esiste, diventa contraddittorio sostenere la resurrezione della legna dalla sua cenere. Diventa difficile giustificare fuor di metafora il ritorno del primo fuoco nelle caverne, del pianto di Gesù, della lampada di Galileo, della bomba di Hiroshima perché «a tutte le cose compete la natura del sole» (La filosofia futura 288) e per questo possono ritornare (La strada 107 «Appunto per questo essi – tutti – possono ritornare»). Quale sarebbe la natura del sole? Si sa che nei popoli primitivi il sole muore ogni sera, ma in realtà le cose non ritornano come ritorna il sole. Sebbene Severino alluda ambiguamente all’eterno ritorno di Nietzsche e non voglia rinunciare né alla legna né alla cenere, il passaggio dalla legna alla cenere sembra senza ritorno ed esclude il ritorno della metafisica e dei suoi fantasmi.

 

Bibliografia

 

Martin Heidegger, Dell’essenza della libertà umana. Introduzione alla filosofia (1930, 1982), Testo tedesco a fronte, a cura di Matteo Pietropaoli, Milano, Bompiani, 2016

Martin Heidegger, Che cosa significa pensare? (1954), Prefazione di Gianni Vattimo, Milano, Sugarco, 1996

Emanuele Severino, La strada. La follia e la gioia, Milano, Rizzoli, 1983

Emanuele Severino, La filosofia futura (1989), Nuova edizione riveduta, Milano, Rizzoli, 2006

Emanuele Severino, Il dito e la luna. Riflessioni su filosofia, fede e politica, a cura della Redazione Cultura, Milano, Corriere della Sera, 2021




Aggiunto il 07/02/2022 10:29 da Bruno Telleschi

Argomento: Filosofia contemporanea

Autore: Bruno Telleschi



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