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FILOSOFIA IN ITALIA

Zarathustra e l’innovazione religiosa dello zoroastrismo

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Martedì 22 ottobre proseguono alla Fondazione Collegio San Carlo di Modena (via San Carlo, 5) le lezioni del ciclo dedicato al tema Fondatori di religioni. Carisma individuale e contesto sociale all’origine delle tradizioni religiose, ideato dal Centro Studi Religiosi. Antonio Panaino presenta la conferenza dal titolo Zarathustra. Rito, parola e pensiero nello zoroastrismo.  

Antonio Panaino è professore di Filologia, religioni e storia dell’Iran presso l’Università di Bologna. Specialista di filologia, linguistica e storia politico-religiosa dell’Iran preislamico, ha dedicato le sue ricerche alla lingua e alla letteratura avestica, alla tradizione liturgica mazdaica, con particolare attenzione per la storia religiosa dello zoroastrismo e della sua teologia, e ai contatti interculturali tra Iran e società vicine. Tra le sue pubblicazioni: I Magi e la loro stella. Storia, scienza e teologia di un racconto evangelico (Cinisello Balsamo 2012); Sidera viva. Studi iranici di storia della mitologia astrale, dell’astronomia e dell’astrologia antica (Milano-Udine 2014); Zoroastrismo. Storia, temi, attualità (Brescia 2016). Lo zoroastrismo è una religione di salvazione. Ha un suo proprio libro sacro, l'Avesta. La determinazione della patria e della datazione di Zoroastro costituiscono un problema tradizionale nell’ambito degli studi mazdaici, intorno al quale polemiche e divisioni significative si sono radicate nel corso degli anni. In pratica, secondo i sostenitori della cronologia alta, l’azione del profeta andrebbe posta verso la fine del II millennio a.C. o intorno agli inizi del I millennio. A tale modello si contrappone quello di coloro che, come Gherardo Gnoli, accettano come certa una tradizione riportata dai testi pahlavi, secondo la quale Zarathustra sarebbe vissuto 300 anni prima di Alessandro o che, altrimenti, la sua rivelazione sarebbe stata ottenuta 258 anni prima dell’arrivo del Macedone e pertanto egli andrebbe collocato tra la fine del secolo VII e gli inizi del VI secolo a.C. Gnoli, in particolare, ha fatto notare che tale tradizione non sarebbe stata affatto circoscritta al mondo iranico. Tale osservazione è di estremo interesse perché mostra ancora una volta l’ampia circolazione di nozioni mazdaiche tra Iran e Occidente, ma non adduce alcuna prova oggettiva in merito alla datazione di Zarathustra. Di fatto, la figura di tale profeta è tutta ancorata alla liturgia che ne fa il prototipo del sacerdote prescelto per udire correttamente il messaggio di Ahura Mazda, ma il quadro operativo in cui viene collocato è estremamente vago, genericamente iranico-orientale e sostanzialmente estraneo ai centri politico-culturali e commerciali del Vicino Oriente e alle sue aree metropolitane.


Nessun documento di carattere secolare, estraneo alla liturgia, nessuna fonte esterna, anche ostile, sebbene di una qualche ragionevole antichità, ci permette di ancorare Zarathustra a un luogo e a una data precisa. Ciò ha portato alcuni studiosi a sostenere l’assoluta astoricità del profeta Zoroastro, il quale non sarebbe altro che il risultato finale di un mito religioso. D’altra parte, se la ricostruzione di una biografia ‘vera’, almeno in termini assoluti, di Zoroastro è senza ombra di dubbio un vano tentativo, a causa dell’oggettiva assenza di qualsiasi fonte storicamente ricevibile dal tribunale della storia, l’eliminazione totale e senza appello di una personalità attiva, non risolve la questione; anzi la complica ulteriormente, spostando solo il nodo essenziale altrove. In realtà, Zarathustra di per sé stesso costituisce un falso problema, perché se una sua biografia è del tutto impossibile, ciò che ne caratterizza il profilo dal punto di vista della storia religiosa è il ruolo di eventuale innovatore all’interno della tradizione speculativa e rituale antico-iranica. Ciò che, infatti, più conta – spiega Panaino - concerne il grado di importanza che si attribuisce all’elemento innovativo nell’impianto mazdaico rispetto alla tradizione indo-iranica. Ad esempio, l’accento posto contro il “torto”, la “violenza” (rituale e non) dei grandi e dei potenti, l’attenzione verso la sofferenza, anche degli animali sacrificali, l’insistenza sulla dimensione mentale del male, e sulla libertà della scelta, indicano le Gatha, se non come un testo rivoluzionario, certamente come un testo di estrema profondità speculativa, per quanto inserito in una visione specifica della ritualistica, in cui l’elemento innovativo appare chiaramente presente e, con esso, anche il peso, certamente non esclusivo, come talora si è invece voluto asserire, di una sintesi personale.

La conferenza si tiene nel Teatro della Fondazione, con inizio previsto alle ore 17,30. L’incontro sarà trasmesso anche in diretta web collegandosi al sito www.fondazionesancarlo.it. La conferenza, come tutte le altre del ciclo, sarà inserita nell’archivio conferenze presente sullo stesso sito, dove sarà accessibile gratuitamente. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione.

 

Paola Ferrari, ufficio stampa FSC

ufficiostampa@fondazionesancarlo.it    www.fondazionesancarlo.it


Aggiunto il 21/10/2019 13:28 da Paola Ferrari

Argomento: Filosofia delle religioni

Autore: Paola Ferrari