Da sempre la musica d’arte ha intessuto relazioni complesse con il potere e le sue varie forme (civile, religioso, militare ed economico), ma nel tempo questo rapporto ha subito profonde trasformazioni. Nel IX secolo, ad esempio, in piena epoca carolingia, il canto cristiano si affida alla scrittura, diventando lo strumento principale dell’unificazione politica del Sacro Romano Impero. All’epoca dei trovatori, nell’Occitania dell’anno Mille, la poesia per musica è invece la voce del castello, ossia del centro di governo del territorio. Nel Quattrocento, la “cappella alta”, istituita da tutte le signorie dominanti, rappresenta lo stendardo sonoro che il principe fa sventolare all’esterno del palazzo per mostrare tutto il suo potere. Gli esempi potrebbero proseguire. L’apertura del primo teatro d’opera a pagamento, a Venezia, nel 1637, è la conseguenza del nuovo potere economico acquisito dalla borghesia commerciale veneziana. Rari, rarissimi sono i casi in cui la musica “colta”, almeno fino all’inizio dell’Ottocento, assume un ruolo antagonista rispetto al potere. Naturalmente tutto cambia quando in epoca moderna i tre esponenti più illustri del classicismo viennese, Haydn, Mozart e Beethoven, preceduti a Londra da Haendel, abbandonano uno dopo l’altro il rapporto di dipendenza con i loro rispettivi principi e mecenati e acquistano una nuova identità sociale, quella del musicista “libero”, che si misura e si scontra con un potere astratto e invisibile: il mercato. Una relazione ovviamente conflittuale – spiega Barbieri – che in Beethoven assume però una connotazione nuova e radicale. La musica diventa, infatti, un veicolo di pensiero e dunque acquista una funzione potenzialmente “rivoluzionaria”. Nel Novecento il rapporto del compositore con il potere politico e con le sue ideologie diviene diretta, senza mediazioni e senza protezioni. Il Terzo Reich in Germania, il regime fascista in Italia e la dittatura stalinista in Unione Sovietica – prosegue Barbieri – impongono ai musicisti condizionamenti e censure. E l’unica via di scampo è l’esilio.
La conferenza si tiene nel Teatro della Fondazione, con inizio previsto alle ore 17,30. L’incontro sarà trasmesso anche in diretta web collegandosi al sito www.fondazionesancarlo.it. La conferenza, come tutte le altre del ciclo, sarà inserita nell’archivio conferenze presente sullo stesso sito, dove sarà accessibile gratuitamente. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione.
Paola Ferrari, ufficio stampa FSC paola@paolaferrari.it - www.fondazionesancarlo.it
Aggiunto il 20/03/2018 17:42 da Paola Ferrari
Argomento: Filosofia contemporanea
Autore: Paola Ferrari