FILOSOFIA IN ITALIA

LA MODA TRA ORIENTE E OCCIDENTE

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Venerdì 25 ottobre proseguono alla Fondazione Collegio San Carlo di Modena (via San Carlo, 5) le lezioni del ciclo dedicato al tema Globalizzazioni. Forme e immagini dell’universalismo, ideato dal Centro Culturale. L’incontro di venerdì, dal titolo Vestirsi all’orientale. Esotismo, moda e scambi culturali tra medioevo e prima modernità, sarà svolto da Maria Giuseppina Muzzarelli, professoressa di Storia medievale all’Università di Bologna. Componente del comitato di redazione della rivista «Nuova informazione bibliografica», tra i suoi ambiti di ricerca si segnalano la storia della predicazione e dei Monti di Pietà e l’evoluzione della moda tra medioevo ed età contemporanea, con attenzione al problema della diffusione del velo in Occidente. Speciale interesse ha dedicato inoltre al ruolo delle donne nell’Europa medievale e moderna, anche grazie all’analisi delle biografie di Christine de Pizan e Gracia Mendes. Tra i suoi volumi recenti: Un’italiana alla corte di Francia. Christine de Pizan, intellettuale e donna (Bologna 2017); A capo coperto. Storie di donne e di veli (Bologna 2018).

Il richiamo all’Oriente, un Oriente più sognato che conosciuto, più mitizzato che compreso, è stato ricorrente nella moda europea. Era almeno dal tempo di Marco Polo e della sua relazione di viaggio che si favoleggiava, a Venezia come a Genova, di uno straordinario e «diverso» modo di vestire degli orientali. Ancora prima di Marco, l’attenzione per l’abito era uno degli elementi su cui si era fondata la relazione con la diversità, come dimostra per il mondo antico la Germania di Tacito. La descrizione dei costumi di popolazioni che vivevano in Oriente si prestava infatti a confronti e alla misurazione di differenze, ma era anche strumento grazie al quale una “inquietante” diversità poteva trasformarsi in una nuova moda. Fagocitare l’alterità rassicurava e al tempo stesso attraeva. Se l’attenzione all’abito dell’altro è sempre esistita, altrettanto si può dire dell’orientalismo, cioè del gusto e della passione per un Oriente reinterpretato sia nelle fogge che nelle architetture, liberamente ispirate a un’idea dell’esotico tutta occidentale. Il racconto di Marco Polo, partito per l’Oriente nel 1271, ne ha tratteggiato l’immagine di mondo ricchissimo di sete e di pietre preziose: Zaitun è descritta come città ricca di grosse e belle perle e l’isola di Cipangu, il Giappone, come luogo caratterizzato da una grande quantità d’oro che nessuno andava a prendere, neanche i mercanti. Più tardi, fra Cinquecento e Seicento il rapporto con un Oriente relativamente vicino, il mondo turco, ha luogo non solo nell’immaginario, ma anche nella realtà, suscitando un insieme di attrazione e di repulsione. L’assenza di struttura dell’abito orientale, vale a dire la sua essenzialità – spiega Muzzarelli –, rappresentava agli occhi degli occidentali quasi un arrendersi al corpo che essi invece intendevano dominare e nascondere per proporne un’immagine idealizzata. Fin dall’inizio l’immaginario occidentale ha visto nell’abbigliamento esotico l’esaltazione di una condizione naturale: una forma incontaminata di semplicità in quanto priva di interventi sartoriali.

La conferenza si tiene nel Teatro della Fondazione, con inizio previsto alle ore 17,30. L’incontro sarà trasmesso anche in diretta web collegandosi al sito www.fondazionesancarlo.it. La conferenza, come tutte le altre del ciclo, sarà inserita nell’archivio conferenze presente sullo stesso sito, dove sarà accessibile gratuitamente. A richiesta si rilasciano attestati di partecipazione.

 

Paola Ferrari, ufficio stampa FSC

paola@paolaferrari.it   -  www.fondazionesancarlo.it




Aggiunto il 23/10/2019 11:15 da Paola Ferrari

Argomento: Filosofia contemporanea

Autore: Paola Ferrari