A quali grandi risultati sono arrivate le neuroscienze oggi?
Innanzitutto ci hanno mostrato che anche la coscienza e la prospettiva in prima persona hanno necessariamente una base fisica. Più in generale, stanno cambiando l'immagine dell'uomo, per esempio rispetto alla questione della mortalità, o alle origini evoluzionistiche della mente umana: molte delle nostre proprietà mentali sono probabilmente il risultato di un processo che non ha uno scopo né una direzione.
I prossimi traguardi?
È importante che sia rafforzata la cooperazione interdisciplinare con la filosofia della mente: le neuroscienze devono diventare più consapevoli delle conseguenze etiche e socio-culturali dei risultati che ottengono.
Ci anticipa qualcosa sulla sua lectio magistralis?
Viviamo in un periodo storico di grande cambiamento, che investe drammaticamente l'immagine che l'uomo ha di sé, e al tempo stesso dobbiamo far fronte a una crisi globale senza precedenti. Mentre le determinanti neurologiche e genetiche delle nostre menti coscienti diventano via via più chiare, l'umanità comincia a comprendere che non sarà in grado di controllare del tutto i cambiamenti che essa stessa introduce nell'ambiente. Assistiamo alla crisi, ma siamo incapaci di agire e farvi fronte. Forse la domanda più importante in questo periodo di transizione storica è se ci possa essere una forma di spiritualità completamente laica e una nuova combinazione di onestà intellettuale e di apertura a quelle forme di esperienza che sono radicalmente altre e non sono completamente descrivibili attraverso il linguaggio.
L'Italia sta migliorando nella fruizione e circolazione di queste discipline?
Direi di sì. Negli ultimi anni sono nati diversi centri dedicati allo studio delle neuroscienze e delle scienze cognitive, e il numero di ricercatori che operano in questi ambiti e di congressi su questi temi continua a crescere.
Su che cosa sta lavorando? È importante perché?
Sono interessato a capire quale sia la forma più semplice di autocoscienza. Esiste una forma di autocoscienza che non coinvolga il pensiero linguistico, le emozioni o i desideri? Penso di sì, penso che esista un sé pre-riflessivo, che non è mediato concettualmente e che precede l'agentività stessa, e penso sia importante individuare e descrivere innanzitutto questa forma minimale per poter poi comprendere le forme superiori di autocoscienza.
Aggiunto il 17/05/2012 16:03 da Admin
Argomento: Filosofia della mente
Autore: Virginia Perini