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Una dotta riflessione.

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Non “gettare l’ancora”, avventurati negli spazi, nel tempo sterminato dell’esistenza.

Quando affrontiamo i problemi che colpiscono la nostra vita e la società dovremmo rispondere a domande quali: "Dov’è il male? Quali mezzi e modi abbiamo per vincerlo?" Gli alberi non possono morire, hanno bisogno di linfa e vigore, soprattutto in un tempo di crisi come questo. Il mezzo dell'uomo per raggiungere se stesso è fare esperienza, mettersi in discussione. L'uomo è vicino a Dio, che è là, dentro di lui. A Dio non si arriva se non a compimento di una grande distanza, inoltrandosi per molteplici sentieri. Il sentiero più indicato a ciascuno di noi è l’umiltà cristiana. Il pensiero che si rivolge all’Altro parla all'essere, ne riconosce l’origine e la natura, ne cura il volto. Non c'è avventura umana che non ceda il passo alla diversità, con prudenza, cortesia, intelligenza. I nodi del pensiero si sciolgono, rompono gli ormeggi, ci si avvia a navigare negli spazi sconfinati dell’esistenza. Solo con agire comunicativo che abbia un profondo contenuto, il pensiero si esprime, capace d’influire positivamente l’Altro. Solo con linguaggio operante, erga omnes, si  darà compimento al discorso. L’uomo nel restituire quanto ha ricevuto chiede su chi e cosa potrà contare; su persone che vogliono parlare del senso della vita, delle radici del passato oppure del mistero racchiuso nel loro presente. Attratto da un mondo globalizzato, rischia di perdere la sua responsabilità, di andare alla deriva, che il tronco dell’albero s’inabissi. Si pensi alla modernità, al futuro, al superamento dei valori, alla tradizione che verrebbe a coabitare nel presente in un clima di pace, gioia, libertà. Si pensi allo studio, al lavoro, alla cultura, come momenti d’interazione tra personalità che guardano a mondi lontani e diversi. “Ciò che è stato resta possibile solo a condizione di porsi in continuità con la ricchezza del passato, basandosi sulla solidità del tronco e la profondità delle radici che lo alimentano. Se si perdono le radici, il tronco lentamente si svuota, muore ed i rami, un tempo rigogliosi e dritti, si piegano a terra e cadono”.  L’uomo sottomesso al degrado, all’incomunicabilità, vive naufrago, incurante del progresso che lo attraversa. Ogni uomo dovrebbe invece comportarsi conformemente al grado che gli appartiene, rivolgersi all’Altro, riconoscerne la buona inclinazione, il sentimento. Essenziale è non voltare le spalle, bensì presentarsi con cuore sincero, partecipare ai momenti importanti della vita comunitaria, camminare verso Dio rinnovati, ogni santo giorno e grati alla vita, tornare a scrutare la stella nel cielo.




Aggiunto il 26/09/2015 20:02 da Arnaldo Santori

Argomento: Antropologia filosofica

Autore: Arnaldo Santori



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