L'individualismo stirneriano ed Eduardo. ''Allo stesso modo io fondo la mia causa su me stesso, che, al pari di Dio, sono il nulla di ogni altro, che sono il mio tutto, io che sono l'unico''. Stirner si riferisce a Dio che, come tale, è il nulla per chiunque altro. Dio è incomprensibile all'uomo così come io sono incomprensibile agli uomini. Gli altri non mi possono comprendere perché sono 'unico'. Cosa intende Stirner per 'unico'? Esso è l'individuo inteso nel senso più strettamente etimologico del termine: individuus, ossia indivisibile, inseparabile da se stesso. L'individuo 'unico' è inscindibile da sé, inseparabile: egli è pienamente, integralmente, assolutamente se stesso. Scrive a pié di pagina: ''Non c'è nulla che mi importi più di me stesso''. Gli altri ci condizionano, scelgono e, come afferma Guglielmo Speranza, protagonista eduardiano in Gli esami non finiscono mai, ''tengono continuamente sotto esame''. «Mi sono scocciato di sottostare alla legge del vivere civile che ti assoggetta a dire sì senza convinzione quando i no, convintissimi, ti saltano alla gola come tante bolle d'aria.» (Eduardo De FilippoGuglielmo Speranza). Di chi siamo schiavi, secondo Stirner? Anzitutto degli ''spiriti incorporei'': ''Finché ci si conosce solo come spirito e si pone tutto il proprio valore nell'essere spirito, si hanno soltanto pensieri, idee che si spera di poter realizzare una volta trovato un cerchio d'azione''. Gli spiriti incorporei sono le idee astratte dalle quali siamo consciamente o inconsciamente dipendenti: talvolta si presentano sotto forma di ambizioni, talaltra di speranze. L'uomo che si pasce di speranze e ambizioni non è veramente se stesso: è da sé diviso, alienato. Come il filosofo che si nutre di intuizioni metafisiche: queste sono puri fantasmi senza uno straccio di fondamento, nessuna prova, nessuna dimostrazione concreta, solo costruzioni linguistiche; castelli in aria. Anche la morale è una costruzione linguistica: essa è la quintessenza dell'uomo alienato. Il concetto di 'morale' pertiene a quello di vita spirituale; ebbene, la vita spirituale altro non è che un doppione di quella empirico-biologica. Una vita-altra, un'alterità fasulla, uno sdoppiamento inautentico, artificioso e artificiale. Ossessi sono quanti agiscono per uno scopo a loro estraneo, come l'uomo della società libera. Nella sedicente libera società democratica occidentale l'individuo (e cioè, l'indivisibile) è sdoppiato: non può vivere per se stesso, ma per le leggi e lo Stato. Egli è spogliato d'ogni individualità, di ogni stranezza privata. Deve soltanto essere un 'buon cittadino' e sottostare alle regole (su cui, peraltro, non ha mai potuto pronunciarsi). ''Io rifiuto un potere conferitomi sotto la speciosa forma di ''diritti dell'uomo''. Il mio potere è la mia proprietà'', scrive Stirner. In nuce, io rifiuto qualsivoglia diritto, in quanto non è il mio diritto, ma qualcosa che mi viene imposto, dato, attribuito. La causa dell'individuo (e cioè la mia come la tua, caro lettore) è destinata a soccombere. Che ne è della nostra causa? Se l'individuo non fa ciò per cui si sente vocato, sia pure la più estrema delle nefandezze, non agisce: viene agito. Diviene servo di uno Stato che pretende di essere il solo padrone delle azioni umane. L'individuo non è ''uomo'', è unico: uomo è solo l'involucro biologico, 'unico' la sintesi del suo essere. ''Io sono molto più che uomo'' (Max Stirner). Chi mi considera uomo considera solo una parte di me, una proprietà, non me stesso, non l'intero. 'Uomo' è solo il nome di una componente anonima dell'individualità. Cosa (o chi) dissuade l'unico dall'agire conformemente al proprio interesse? La risposta è nell'ossessionante timore dell'inadeguatezza. Ma l'inadeguatezza, di per sé, non esiste: è un principio metafisico. Bisogna liberarsi dalla mania di volersi paragonare agli altri. Amici, parenti, persone di successo; nessuno di loro può essere paragonato a me, e viceversa. Io sono imparagonabile in quanto unico. Sono molto più di ciò che gli altri vorrebbero io fossi, molto più dell'essenza generale che il mondo mi attribuisce, molto più del compito che la società mi chiama a svolgere. Io sono la mia proprietà. Anche Guglielmo Speranza - così come l'Unico stirneriano - agisce interamente per sé, incurante delle maldicenze delle persone che lo contornano. Per tutto il corso della commedia non cambia mai d'abito, scegliendo di rimanere fedele a se stesso fino in fondo, di non sacrificare mai la propria causa. ''Io voglio soltanto essere io. Io disprezzo l'umanità, gli uomini e le loro leggi, la società umana e il suo amore, e recido ogni rapporto generale con essa, persino quello del linguaggio'' - M.Stirner. Per concludere: è vero che gli esami non finiscono mai, che i fantasmi della società umana, siano essi idee fisse od uomini in carne e ossa, sempre si opporranno alla mia libertà individuale. L'unica via di salvezza, tanto nella vita come nella commedia di Eduardo, è riscoprire la solitudine; essa, se gestita a dovere, garantisce solo esami dall'esito positivo.
Aggiunto il 28/12/2022 12:28 da Luca Di Somma
Argomento: Filosofia del cinema
Autore: Luca Di Somma