ARTICOLI

L’eco dell’Eros: il discorso di Lisia

Introduzione

L’amore, nella sua essenza molteplice, ha rappresentato per i filosofi di ogni epoca un enigma che sfida la razionalità e si intreccia con la dimensione più profonda dell’esistenza umana. Nel Fedro di Platone, il discorso di Lisia, si configura come un momento cruciale per esplorare la natura dell’Eros, non solo come passione sensibile, ma come via privilegiata verso la comprensione dell’essere e della verità. Con un approccio che intreccia filologia, ermeneutica e speculazione filosofica, cercheremo, in questa sede, di comprendere come il discorso di Lisia, pur apparentemente superficiale, apra spiragli verso una riflessione più ampia sull’Eros come forza cosmica e come ponte verso l’Idea. 

 

Il contesto dialogico e la provocazione di Lisia

Nel Fedro, Platone ci conduce in un paesaggio idilliaco, sotto l’ombra di un platano, dove Socrate e Fedro si confrontano con il potere della parola e dell’amore. Il discorso di Lisia, che Fedro recita con entusiasmo, si presenta come un esercizio retorico che esalta il rapporto non amoroso rispetto a quello amoroso, sostenendo che l’amore passionale, travolto dall’irrazionalità, sia meno vantaggioso rispetto a una relazione basata su calcolo. Lisia afferma: «Chi è innamorato è più malato nel suo intelletto di chi non lo è» (Platone, Fedro, 231d). Quest'affermazione, apparentemente pragmatica, si fonda su una visione dell’amore come perturbazione dell’equilibrio razionale, un tema che risuona con la concezione sofistica del controllo sulle passioni, come si ritrova in autori come Gorgia o Antifonte (Gorgia, Encomio di Elena; Antifonte, Sulla concordia).Tuttavia, il discorso di Lisia non si limita a una mera provocazione retorica. Esso introduce una dicotomia fondamentale: da un lato, l’amore come forza disordinata e irrazionale, che compromette la lucidità del giudizio; dall’altro, una relazione pragmatica che garantisce stabilità. Questa opposizione, come nota Giovanni Reale, riflette una tensione tipica della cultura ateniese del V secolo, in cui l’Eros era al contempo venerato come divinità cosmica e temuto come forza distruttiva (Reale, 1997, p. 145). Lisia, nel suo discorso, sembra aderire a una visione utilitaristica. Il discorso di Lisia, dunque, non è solo un esercizio sofistico, ma un’occasione per Platone di mettere in scena il contrasto tra una retorica vuota, che persuade senza cercare la verità, e una filosofia che, attraverso il dialogo, aspira a cogliere l’essenza delle cose. Come sottolinea Martha Nussbaum, il Fedro è un dialogo che interroga il rapporto tra parola e desiderio, tra logos ed Eros, mostrando come la retorica, se priva di un orientamento verso la verità, rischi di diventare sterile (Nussbaum, 1986, p. 203). Lisia, con il suo discorso, rappresenta questa sterilità: il suo elogio del non-amante si fonda su un linguaggio che seduce, ma che non conduce a una comprensione più profonda dell’amore.

 

L’Eros come tensione verso l’Idea

La risposta di Socrate al discorso di Lisia, articolata nei suoi due interventi, si configura come una confutazione filosofica che trascende la mera opposizione retorica. Nel primo discorso, Socrate sembra accettare la premessa di Lisia, descrivendo l’amore come una forma di follia. Tuttavia, questa posizione è solo un punto di partenza per introdurre una visione radicalmente diversa nel secondo discorso, il celebre “discorso della palinodia”. Qui, Socrate eleva l’Eros a una forma di mania divina, una follia ispirata che conduce l’anima verso la contemplazione delle Idee. Egli afferma: «L’amore è una follia divina, dono degli dèi, e non qualcosa di cui vergognarsi» (Platone, Fedro, 245b). Questa concezione dell’amore come mania divina si radica nella tradizione pitagorica e orfica, che Platone rielabora in chiave filosofica. Come suggerisce Walter Burkert, l’idea di una follia ispirata che eleva l’anima verso il divino era già presente nelle pratiche religiose arcaiche, ma Platone la trasforma in un principio ontologico, in cui l’Eros diventa il motore dell’ascesa verso il Bene e il Bello (Burkert, 1985, p. 112). Nel discorso di Lisia, invece, l’amore è ridotto a un fenomeno psicologico e sociale, privo di questa dimensione trascendente. La critica socratica, dunque, non si limita a confutare Lisia sul piano argomentativo, ma ne smaschera la povertà ontologica: il non-amante di Lisia, con il suo calcolo razionale, è incapace di cogliere la natura divina dell’Eros, che per Platone è il principio che spinge l’anima a ricordare la sua origine celeste. Il contrasto tra Lisia e Socrate si gioca anche sul piano del linguaggio. Lisia utilizza una prosa chiara e persuasiva, ma priva di profondità speculativa; Socrate, invece, adotta un linguaggio poetico e mitico, che riflette la complessità dell’esperienza amorosa. Come nota Pierre Hadot, il linguaggio socratico nel Fedro è un esempio di “retorica filosofica”, che utilizza immagini e miti per guidare l’interlocutore verso la verità (Hadot, 1995, p. 89). Il discorso di Lisia, al contrario, è un esempio di retorica sofistica, che si limita a manipolare le emozioni senza offrire un autentico percorso di conoscenza. 

 

L’Eros come ponte tra il sensibile e l’intelligibile

Un aspetto centrale del Fedro è la capacità dell’amore di fungere da ponte tra il mondo sensibile e quello intelligibile. Nel discorso della palinodia, Socrate descrive l’anima come un carro alato, guidato da due cavalli e da un auriga, che aspira a contemplare le Idee nel regno iperuranio. L’amore, in questo contesto, è la forza che spinge l’anima a ricordare la bellezza assoluta, incarnata nell’amato. «Quando uno vede la bellezza in questo mondo, ricordando quella vera, mette le ali» (Platone, Fedro, 249d). Questa immagine, di straordinaria potenza poetica, sottolinea come l’Eros non sia un semplice desiderio fisico, ma un movimento dell’anima verso la sua origine divina. Nel discorso di Lisia, invece, l’amore è confinato alla sfera sensibile. Lisia non riconosce la dimensione trascendente dell’Eros, limitandosi a descriverlo come una passione. Questa visione, come osserva Alexander Nehamas, riflette un approccio “mondano” all’amore, che ignora la sua capacità di elevare l’anima verso l’assoluto (Nehamas, 1999, p. 327). La critica di Platone a Lisia, dunque, non è solo etica o psicologica, ma profondamente ontologica: l’amore di Lisia è un amore senza ali, incapace di condurre l’anima oltre il mondo delle apparenze. Questa opposizione tra l’Eros sensibile e l’Eros filosofico richiama il dualismo platonico tra il mondo delle ombre e il mondo delle Idee. Tuttavia, come sottolinea Charles Kahn, Platone non rifiuta il desiderio sensibile, ma lo reinterpreta come un primo passo verso la contemplazione della bellezza assoluta (Kahn, 1987, p. 103). Nel discorso di Lisia, invece, l’amore è privo di questa funzione mediatrice: è un fenomeno puramente terreno, che non conduce oltre se stesso. Questa limitazione riflette la povertà della retorica sofistica, che si ferma alla superficie delle cose senza coglierne l’essenza. 

 

L’amore e la dialettica platonica

Un ulteriore livello di analisi riguarda il ruolo dell’amore nella dialettica platonica. Nel Fedro, Platone non si limita a contrapporre il discorso di Lisia a quello di Socrate, ma utilizza l’Eros come occasione per riflettere sul metodo filosofico. La dialettica, intesa come arte di dividere e raccogliere (Platone, Fedro, 265d-266b), si configura come un processo che imita il movimento dell’Eros: entrambi sono mossi dal desiderio di cogliere l’unità dietro la molteplicità. L’amore, in questo senso, diventa una metafora della filosofia stessa, come suggerisce Hans-Georg Gadamer: «L’Eros platonico è il desiderio di verità, che si manifesta nella tensione verso l’Idea» (Gadamer, 1991, p. 234).Nel discorso di Lisia, invece, non vi è traccia di questa tensione dialettica. Lisia si limita a persuadere, senza interrogarsi sulla natura dell’amore o sulla sua relazione con la verità. La sua retorica, come nota Gregory Vlastos, è un esempio di “discorso non dialettico”, che non conduce al sapere ma si limita a manipolare le opinioni (Vlastos, 1991, p. 132). Platone, attraverso la critica socratica, mostra come l’amore possa essere compreso solo attraverso un processo dialettico, che muove dalla bellezza sensibile verso la bellezza intelligibile.

 

Conclusione: l’amore come via verso il divino

Il discorso di Lisia, pur limitato nella sua visione pragmatica, rappresenta un momento essenziale nel Fedro, poiché offre a Platone l’occasione di sviluppare una concezione dell’amore che trascende la sfera sensibile e si configura come via verso il divino. L’Eros, per Platone, non è solo passione o desiderio, ma una forza cosmica che spinge l’anima a ricordare la sua origine celeste. Lisia, con il suo elogio del non-amante, si ferma alla superficie dell’esperienza amorosa, ignorando la sua dimensione ontologica e trascendente. Socrate, al contrario, ci invita a riconoscere nell’amore una follia divina, che eleva l’anima verso la contemplazione del Bello e del Bene. Attraverso il contrasto tra la retorica sofistica e la dialettica socratica, Platone ci mostra come l’amore, nella sua essenza più autentica, sia una tensione verso l’assoluto, un ponte tra il mondo sensibile e quello intelligibile. Come scrive Socrate, «l’amore è il più grande dei beni, quando è guidato dalla saggezza» (Platone, Fedro, 256b). È in questa saggezza, che unisce Eros e logos, che risiede la vera potenza dell’amore platonico.

 

Bibliografia

• Burkert, W. (1985). Greek Religion. Cambridge: Harvard University Press.

• Gadamer, H.-G. (1991). Plato’s Dialectical Ethics. New Haven: Yale University Press.

• Hadot, P. (1995). Philosophy as a Way of Life. Oxford: Blackwell.

• Kahn, C. H. (1987). “Plato’s Theory of Desire.” Review of Metaphysics, 41(1), 77-103.

• Nehamas, A. (1999). Virtues of Authenticity: Essays on Plato and Socrates. Princeton: Princeton University Press.

• Nussbaum, M. C. (1986). The Fragility of Goodness. Cambridge: Cambridge University Press.

• Platone. (1997). Fedro. A cura di G. Reale. Milano: Bompiani.

• Reale, G. (1997). Per una nuova interpretazione di Platone. Milano: Vita e Pensiero.

• Vlastos, G. (1991). Socrates: Ironist and Moral Philosopher. Cambridge: Cambridge University Press.

 




Aggiunto il 13/10/2025 15:15 da Maria Pia Beatrice Vinciguerra

Argomento: Filosofia antica

Autore: Maria Pia Beatrice Vinciguerra



In qualità di affiliato, potrei ricevere una commissione dagli acquisti idonei, senza costi aggiuntivi per te.

Libri in evidenza

Promuovi i tuoi libri

Altri articoli

Aristotele. Etica Nicomachea II
Filosofia antica Aristotele. Etica Nicomachea II

ARISTOTELE   ETICA NICOMACHEA   II.   di Davide Orlandi

Davide Orlandi
Davide Orlandi 08/09/2018
Che filosofia sarebbe senza contemporaneità?
Filosofia contemporanea Che filosofia sarebbe senza contemporaneità?

La filosofia non può eludere il confronto con la contemporaneità senza rischiare di rimanere vittima di quell’ossessione identitaria (espressione di Th. W. Adorno), con cui ha co

Admin
Admin 08/05/2012
Simone Weil, il più grande filosofo del novecento
Filosofia del novecento Simone Weil, il più grande filosofo del novecento

Qualche mese fa un giovane critico letterario, piuttosto polemico con le mie opinioni sia politiche che culturali (secondo lui indecifrabili, se non aberranti), mi ha chiesto in conclusione qual è,

Savino Spina
Savino Spina 15/05/2015