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La radicalità edonica. Una piccola introduzione al pensiero di Onfray

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La radicalità edonica. Una piccola introduzione al pensiero di Onfray
Spesso si dice, a buon diritto, che la consapevolezza dell'inconsistenza delle metafisiche abbia determinato un crollo valoriale, e che l'uomo debba accettare una nuova sfida: la restaurazione di una morale, o meglio ancora, la creazione di essa, fondata sulla dissoluzione della precedente. ''L'uomo è qualcosa di superato'', afferma Nietzsche alludendo all'oltreuomo, la sua più celebre creatura. Stirner gli direbbe che si è solamente illuso di averlo superato, e che in realtà è ancora appiattito in modo stagno sulla sistemazione di un paradigma intriso di romanticismo. L'oltreuomo di Nietzsche non è ''proairetico'', fattibile, e la sua identità difficilmente codificabile; una creatura di cui si conoscono i tratti più caratteristici, ma non il sostrato. Servono proposte concrete. Non è vero che i filosofi sono infecondi: essi possono ancora cambiare qualcosa, se ascoltati. Il filosofo, oggi, è oberato di compiti, fra questi ve n'è uno particolarmente insidioso e scoraggiante, così poco genuino che appare come un debito da saldare: dimostrare che un'etica, malgrado l'inconsistenza dei sistemi metafisici, è ancora possibile, e che il 'senso di responsabilità' non risiede nel mondo delle idee. Naturalmente, acciocché un orizzonte di salvezza sia ancora possibile, occorre abbracciare la modernità in toto e disfarsi di ogni aldilà, sia esso l'iperuranio platonico o la sua forma mutata: il paradiso cristiano. Etiamsi Deus non daretur. Per introdurre tale discorso mi corre l'obbligo di farvi il nome di un pensatore contemporaneo non molto conosciuto: Michel Onfray. Egli afferma che:''La risposta al nichilismo non consiste in una restaurazione: alcuni, prendendo atto del declino cristiano, concludono che è necessario lavorare alla sua rinascita, in una forma tradizionale, oppure riformandolo con i soliti compromessi.'' (...) ''La morale non è dunque un affare teologico tra gli uomini e Dio, ma una storia immanente che concerne i rapporti tra gli uomini, senza nessun altro testimone''.Insomma, la morale va sì riformata, ma non partendo da seducenti presupposti teologici o metafisici, bensì dagli uomini. Ciò promesso, bisogna chiedersi: cosa desiderano questi uomini? Per fondare un'etica sulla intersoggettività occorre individuare un principio in grado di connettere ciascun soggetto all'altro in maniera uniforme. Qual è quell'elemento, in natura, che accomuna tutti gli uomini? Onfray è netto: il piacere. Scriveva Lorenzo Valla seicento anni fa: ''Le leggi che regolano le città sono state fatte per l'utilità, che genera il piacere, ed ogni governo è diretto allo stesso fine. Le arti liberali (medicina, giurisprudenza, poesia, oratoria hanno tutte per fine il piacere o almeno l'utilità che conduce al piacere). La virtù non è altro che la scelta dei piaceri; si comporta bene colui che antepone il maggior vantaggio al minore e il minor svantaggio al maggiore.''. Il piacere è la costante. In un mondo ormai deprivato di ogni velleità metafisica, ''bene'' e ''male'', ''giustizia'' e ''ingiustizia'' sono criteri obsolescenti.Avevano ragione, paradosso, i cirenaici: non bene è ciò che attrae, ma ciò che attrae è bene. L'uomo occidentale deve 'occidentalizzarsi' rispetto a sé stesso, non più riproporre forme transitorie e malferme di moralismo, ma riscattare il proprio corpo organico che, come tale, reclama piacere, nutrimento edonico. La svolta dell'uomo evoluto è e non può che essere quella di modellare la propria vita su criteri non più oggettivi, astratti e ontologici, ma biologici, neurologici e universali. Ecco che Onfray propone un'intersoggettività edonista: ciò che noi tutti cerchiamo (e dobbiamo cercare) è un'esistenza gioiosa, quieta e felice. È l'edoné - ossia il piacere - il fondamento positivo, fisico, contrattuale da cui derivare ogni sorta di codice etico e soprattutto pedagogico. Non più l'utile menzogna della teologia, ma la solida e semplice realtà del corpo naturale. Il piacere deve essere il nuovo ''mythologhema'' della città platonica. Scrive il Nostro: ''Poiché il cervello agisce come centro digitale; allora concludiamo che sono necessari l’addestramento neuronale e l’impregnazione etica del sistema nervoso''. Perché questo dispositivo funzioni è necessario un cablaggio di reti neurali: occorre sensibilizzare i futuri cittadini al piacere etico sin dalla più tenera infanzia. E in che modo? Non più ricattandoli con l'orrorosa storia del paradiso e dell'inferno, ma insegnando loro, niccianamente, che la vita è tutta nell'aldiquà ed è breve; che l'uomo, essendole soggetto, è anch'esso precario, incanutisce presto e finisce senza preavviso. Ecco che subentra il piacere: se la vita è un transito, il proprio e l'altrui bene non può che coincidere con il piacere-di-viverla. Bisogna, insomma, scolpire nella mente dei futuri cittadini che non esiste altro valore al di là dell'edoné, mostrando loro che è il fine ultimo di tutte le discipline ed azioni (e non azioni) umane. Concesso ciò, bisogna procedere allo sradicamento del mammifero che è in noi: una umanità a cui siano stati sottratti i simboli teologico-metafisici rischia di degenerare in breve tempo.  ''Chiamo delinquente relazionale colui che, né responsabile né colpevole, è il risultato di una serie di strutturazioni esistenziali che ne fanno un essere incapace di contrattare, dunque di intrattenere una qualunque relazione etica.''. Onfray sostiene che la base di una simile società debba essere per forza contrattuale: poiché l'edonismo si configura e definisce non solo come ''ricerca del piacere'', ma anche come ''evitamento del dispiacere'', i delinquenti relazionali, ossia coloro che infrangono il patto edonico, vanno tosto allontanati e puniti. Folle, irrazionale, riprovevole è il contraente ostile non perché abbia agito contrariamente alla ''morale'', metafisicherìa fondata sul nulla, ma semplicemente in quanto diffonde dispiacere. A tal proposito andrebbe ridefinito il linguaggio, all'uopo risemantizzato: bisogna gettare le basi per una umanità integralmente votata al piacere, quindi provare a renderlo quanto più empirico e 'spoglio' sia possibile, sostituendo, p.e., il paradigma dialettico buono\malvagio con il più immediato piacevole\doloroso. E la filosofia? Che posto avrebbe in una radicalità edonica? Rullo di tamburi... di comando. I filosofi di questo grande gioco educativo sono i signori: così come nelle Leggi di Platone stabiliscono e selezionano accuratamente le storie da tramandare ai posteri, in una intersoggettività edonista metterebbero a disposizione la propria saggezza per decretare quali piaceri andrebbero perseguiti e quali evitati. Come un'operazione di orticoltura: coltivare le piante buone ed estirpare quelle cattive.Se tale progetto vi pare utopistico, non crucciatevi: lo è anche per Onfray. In effetti l'idea di un contratto radicalmente basato sul piacere risulta piuttosto inverosimile e la simmetria auspicata difficilmente ottenibile: il rischio di una deriva soggettivistica sarebbe scontato e facilmente pronosticabile. Taluni potrebbero azzardare che un sistema del genere esiste già e opera sotto le mentite spoglie delle democrazie liberali. Se ciò fosse vero, amici lettori, se il piacere fosse davvero considerato l'unico termine di riferimento valido e gli fossimo così fedeli come nella intersoggettività edonista, non vi sarebbero chiese né regimi, né guerre né politiche suprematiste, né le principali potenze planetarie si sognerebbero mai di misurarsi con le armi nucleari, o anche soltanto di misurarsi (se non in attività meramente agonistiche). 

''Imagine there's no heavenIt's easy if you tryNo hell below usAbove us only skyImagine all the peopleLiving for today...''- John Lennon


Aggiunto il 17/03/2023 10:32 da Luca Di Somma

Argomento: Filosofia contemporanea

Autore: Luca Di Somma



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