Kierkegaard e il cammino della fede esistenziale
Dalla disperazione alla fede. L'uomo è destinato a vivere nell'angoscia e nella disperazione, ma esiste una via di fuga e una via d'uscita che è la fede. La fede è l'unica soluzione al problema della disperazione nel porre la propria scelta al vero sé in una contraddizione, alle sue scelte rispetto al problema di quest'angoscia e disperazione che lo lasciano sempre senza respiro e affamato, con una continua paura verso la realtà. Ma per Kierkegaard, l'unica soluzione o possibilità per salvarsi è questo "salto nella fede". La cui disperazione o angoscia possono essere superate solo dalla fede. Questa speranza di tipo esistenziale coinvolge l'uomo singolo nel suo rapporto con Dio. I sacrifici sono esistenziali: un passaggio al di là della realtà. È lasciarsi trascinare nelle braccia della fede: uomo – soggetto – singolo – Dio. Uomo-Dio o DioUomo. Io-Dio, Dio-Io. Piena fiducia in quell'abbandono. La notte è buia e porta silenzio, ma è stata creata da Dio e come tutte le cose create da Dio dovrebbero arricchirci e non incutere terrore o paura. Quindi, per Kierkegaard, l'uomo passa attraverso questi tre stadi: per il filosofo, l'essere umano è il senso ultimo dell'esistenza. È Dio che sceglierà l'uomo e non l'uomo che sceglierà Dio. Detto ciò, superare la fede può superare l'angoscia come una scelta, la stessa che abbiamo visto nei primi due stadi; quello dell'uomo etico e quello dell'uomo estetico. Nel primo aspetto rappresenta il piacere, le pulsioni e il vivere nell'immediatezza senza pensare al futuro, vivendo solo nel presente e gratificandosi, ma non troverà i valori per una vita con prospettiva e responsabilità. Invece, l'uomo etico è il progetto, il salto dall'estetico all'etico, il passaggio. È la prova vivente dell'uomo che alla fine si annoia di vivere senza amore e sceglie una vita etica ricca di valori per un progetto che è quello di diventare un buon genitore o un buon lavoratore, dove l'unico obiettivo è essere consapevole nel fare . Arriviamo al terzo stadio, l'ultimo passaggio: il definitivo, nel quale l'uomo conosce la vita morale, forse quella più riflessiva. Abramo è l'esempio: la sua dimostrazione di fede e di sacrificio che ha mostrato lungo il percorso tracciato da Dio, sacrificando il suo passato, presente e futuro solo per amore in Dio. L'uomo religioso va oltre la morale e si avvicina alla vera, pura e certa fede. Avere fede in Abramo significa essere soli davanti al mistero di Dio ed essere disposti a lasciarsi trascinare dalla volontà di Dio e capire i suoi voleri. Abbandonarsi a Dio. L'angoscia è una possibilità che produce potere, è una condizione radicata nella dimensione del futuro; tutto ciò che porta alla disperazione non è sempre colpa dell'angoscia, non dimentichiamoci che l'angoscia ha anche il potere di scaturire infinite possibilità di scelte all'essere quali risultano, poi, forme di pura libertà. Quando parliamo di uomo esteta e di uomo etico, entrambi sono presi dall'angoscia perché riconoscono di essere costretti a scegliere la vita. Sappiamo che l'uomo di fronte alla possibilità del mondo è angosciato: quando i temi centrali sono università, lavoro, famiglia. Se tutto dipendesse dalle mie scelte, o meglio, se non avessimo fatto la scelta giusta la chiamerei disperazione perché precipitiamo dentro un buco nero dove tutto ciò che vediamo o mangiamo ci sembra amaro o senza gusto. Avere fede può diventare un antidoto. Il cammino trasforma la trascendenza in possibilità di un'altra vita, la stessa, ma con più luce. Avere fiducia è una possibilità che nasce da noi quando iniziamo a conoscere l'altro, ci affidiamo alla sua verità, questo succede anche nei matrimoni attuali. La disperazione è una possibilità che ci porta a scegliere la scelta e ci allontana dall'angoscia per avvicinarci alla fede. Se nell'angoscia ci inseriamo il dubbio, le nostre possibilità di scegliere e restare in vita attraverso le scelte diventano disperazione e bloccano l'esistenza. Il cristianesimo è un pensiero libero, una scelta molto singolare e soggettiva, che, una volta presa la decisione, l'anima si apre al proprio intimo e all'incontro con Dio. È costante, eterno e infinito il rapporto con esso ea volte anche incomprensibile. Questa relazione è autentica. Elaboriamo la scelta dell'attimo, ma non osserviamo i lati come se ostacolassimo i nostri progetti piuttosto che esserne consapevoli. L'aver maturato l'originalità basterebbe a farci capire che il nostro desiderio e il rimorso hanno una radice alquanto empirica nell'essere umano. Le nostre emozioni interne adrenaliniche e avvincenti restano appese in un pensiero senza corpo, sospese tra l'oggi e il domani. La parola "fede" è sviluppo personale e intimo di una persona. Tenere per mano la parola "fede" è consapevolezza, l'io e la fede sono verità che nascondono la naturalezza nell'essere umano. È un progetto di vita di cui noi esseri umani ancora non siamo del tutto consapevoli. Kierkegaard scrive: l'essere umano sceglie con consapevolezza solo quando si trova difronte a una scelta che lo metterà in un bivio: sposarsi, diventare religioso o restare da solo, ma in quel caso dovrebbe essere autentico nella scelta.
La profondità nella quale noi esseri umani navighiamo nel nome di Dio non consiste nell'arrivare a un rapporto con l'onnipotente, ma nel sostenere una scelta con consapevolezza, equilibrio e contemplazione infinita. Questo è frutto della nostra coscienza che cerca di instaurare una relazione. Se consideriamo la fede solo come una prospettiva di vita mirante a un obiettivo o un risultato, non stiamo imboccando la strada giusta. Secondo Kierkegaard: "la fede è dare il giusto valore etico e morale, come ad esempio essere un buon cristiano, un buon genitore o un buon professore o dare la giusta forza a ciò che facciamo: amare il nostro operare". Riconosciamo che l'esistenzialismo di Kierkegaard riguarda la fede - poiché è lui stesso a concepire che in Danimarca nella metà dell'Ottocento ci furono molti eventi importanti che plasmarono la storia dell'epoca, chiamati momenti di libertà politica e sociale che portarono all'emancipazione dei contadini e ad altri movimenti culturali e religiosi guidati dal pastore e scrittore Grundtuing per istruire i contadini. La Danimarca dell'epoca si allineò con quanto stava accadendo nell'Europa settentrionale, conosciuto come "ribellioni culturali e religiose"; in Danimarca si abbracciarono l'estetica e la letteratura del movimento politico liberale, che includeva chiese e la stessa monarchia costituzionale. La sua terra fu sotto attacco, ma lui non prese mai una posizione definitiva, definendo quel periodo storico come "vuoto sentimentale". La moralità è una convinzione personale, condividendo anche le parole di Hegel. Tornando alla fede, lo stesso Kierkegaard ammette che non bisogna considerare il cristianesimo come un problema oggettivo di verità, poiché il cristianesimo non deve dare risposte perché si tratta dell'ontologia di Dio, la cui esistenza è una verità, ma era troppo facile nei suoi confronti, un concetto con il quale il filosofo non era affatto d'accordo. Una postilla - La consapevolezza è solo teoria, è l'affermazione che la completa come la propria verità nella soggettività, ci fa capire che abbiamo sbagliato tutto, la nostra fede va conquistata piano piano nel nostro interiore. La soggettività è una questione personale e risiede nella verità. intendiamo la sofferenza solo quando intravediamo la verità di cui solo la fede conosce, quale solo lei può partecipare all'atto stesso della sofferenza.
Tutto coincide secondo Kierkegaard nel “Vangelo delle sofferenze”.
Il singolo deve esercitarsi con la propria fede, il che non è scontato; la verità è Cristo dentro il quale l'essere umano contemporaneo si sente protagonista con la sua intimità, di cui attraversa la sua verità. La fede ci fa diventare sapienti, ma ha anche bisognosi di dimostrazioni. Dio è inaccessibile all'uomo di ogni tipo; difatti, l'essere umano, prima di incontrare Dio, si trova in mezzo a un abisso infinito. Senza angoscia, non vi è angoscia. La fede non è una scelta, è un atto singolare e puro perché un singolo è capace di penetrare e giungere alla fede tramite il suo io. Quando parliamo di vita concreta, significa un'altra cosa, un'altra realtà che è ben diversa da quella che viviamo; le domande sono tante, alle quali nella vita affrontiamo senza ricevere una risposta: il mistero e l'esistenza hanno senso e abbracciano l'idea di Dio, che ha a che fare con Isacco. Accettare e affrontare l'esistenza è un paradosso. La fede è una relazione pura con Dio, la cui intimità apre un rapporto più profondo che abbatte i muri dell'esistenza; Kierkegaard afferma che la fede non è soltanto la preghiera, il modo ufficiale per conversare con Dio, ma è affidarsi totalmente alla parola dell'altissimo, di cui abbandonarsi a lui, il che è l'unica soluzione nella scelta di scegliere Dio e di mettersi sulla strada verso la coscienza: la fede è attraversare ostacoli che ti mettono in dubbio. La fede è viverla. Kierkegaard e la fede in Abramo. Kierkegaard parla di Abramo. Abramo ha o non ha la fede ? Questi interrogativi scaturiscono in Kierkegaard il concetto dell'angoscia, capiamo, dove può arrivare il singolo nella sua scelta. Cos'è la sua morale? Grazie alla fede possiamo confermare che l'interno è superiore dell'esterno. Hegel non è d'accordo e scrive: "Abramo ha torto perché l'interno non è superiore dell'esterno, è il soggetto che attua il rapporto, la fede in privato con Dio ed entra con l'assoluto”. Il cavaliere della fede agisce solo per Dio e per se stesso. Sono io che mi giustifico o è Dio? Obbedisce agli ordini di Dio e nella sua intima individualità o è Dio nella sua autorità suprema ? Dio è l'assoluto che giustifica tutte le eccezioni. Torniamo alla fede come un atto di egoismo e rivincita perché agire per Dio vuol dire agire per se stessi ? Il credente vive la fede come un rischio costante, dove il risultato non conta, ma solo il modo con il quale si giunge al risultato riportandoci all'angoscia. Kierkegaard, afferma che l'amore non si manifesta con nessun avvenimento esterno, ma soltanto nell'anima e attraverso l'amore che riserviamo a Dio. È il Dio dell'interiorità. Solo l'individuo potrà decidere s'egli è veramente un cavaliere della fede e nemmeno può aiutarlo, ma egli sarà aiutato. La fede non può essere superata come dice l'Hegelismo, non è possibile raggiungere Abramo - (il cavaliere della fede) che, nella sua profonda fede è il padre della fede (San Paolo). La prima cosa che abbiamo saputo sulla fede che è una relazione privata con Dio; un processo che si svolge nel tempo, perciò, vuole tempo, perché, vive dentro di noi. Kierkegaard, farà molta fatica, ma trova una spiegazione nella quale possiamo considerare con certezza che Abramo ama fino alla follia il figlio Isacco, il quale lo ama di più quando scopre che è proprio lui che dovrà ucciderlo; una decisione non per niente facile per il padre Abramo confermando di spezzare la sua morale per volere di Dio. Un po' come Kierkegaard che per amore della sua fidanzata Regina Olsen si allontana da lei. Tutto questo lo può chiamare “movimento della fede”, attuata da Abramo durante il suo cammino di fede e di speranza in sacrificio di Dio. Agire per Dio e agire per se stessi? Siamo padroni della fede o dell'egoismo? Sia Kierkegaard sia Abramo hanno una profonda crisi morale mai toccata prima, è scaturita quando decisero di rinunciare di seguire la fede. Se perdiamo la fede, dovremo dire che non vi è mai fede. Quando entri in contatto con essa, esige tempo, vuole tempo e prende tempo. Ognuno di noi per quanto possa essere all'interno una società manipolatrice fa parte di un movimento etico soggettivo. La fede non è un atto statico bensì un amore viscerale, non esiste morale che tenga, spezza qualsiasi stadio esistenziale: la fede non bussa con gli occhi, ma ti cambia prospettiva alle cose che un tempo ti angosciavano, lo dimostra Abramo durante il suo percorso che lo ha portato al sacrificio. Scrive Kierkegaard: "non posso compiere il movimento della fede, amo Dio.
Chi può dire di avere la fede?
Prima si deve compiere un gesto come quello di entrare nel mondo finito. Non è possibile rompere il fidanzamento e rimanere fidanzati... Kierkgaard, scrive di Abramo che ha dimenticato le sue sofferenze nell'amore in Dio. Basta sapere, là dove l'individuo è solo padrone di se stesso vendendosi mutare in molti dibattici interni. La ragione ascolta, ma è soggettiva. Tutti parlano di Abramo e della sua fede su cui la riflessione morale ha un certo senso delineato come la strada da percorrere mettendo da parte le sofferenze per il figlio segnando la società contemporanea dell'epoca. Tutti crediamo ad Abramo perché la fede non può giustificare il fatto di voler uccidere, Abramo cade sotto il giudizio comune. Oggi parliamo poco di fede, è stato dimostrato di aver perso la fiducia nell'altro in particolare anche di se stessi. Dio incarna nell'altro la verità, Abramo è l'etica della fede, la sostanza che supera il nostro pensiero mostrandoci come possiamo superare l'angoscia. La filosofia va oltre e ha come compito quello di arricchire l'uomo il quale non deve togliere nulla ma andare oltre, e, ha l'obbligo di fermarsi solo nell'amore.
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA
Aggiunto il 05/10/2024 00:19 da Giuseppe Macrì
Argomento: Filosofia morale
Autore: Giuseppe Macrì
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