Nata all'inizio del novecento, a pochi anni di distanza dall'invenzione del cinematografo dei fratelli Lumière, la filosofia del cinema ha raggiunto l'apice del suo successo negli anni '80 quando ha iniziato a raccogliere, per poi proseguirlo, il lavoro della teoria cinematografica, semiotica e non solo, a cui è sempre stata intrecciata. Proprio questo passaggio ereditario è al centro del volume «La filosofia del cinema. Dalle teorie del primo Novecento all'estetica del cinema dei nostri giorni», scritto dall'americano Noël Carroll nel 2008 e da poco pubblicato in italiano dalla Dino Audino Editore. Lo studioso, professore di arti visive alla Temple University, racconta questa complessa evoluzione con grande rigore, formale e contenutistico, attraverso un linguaggio comprensibile anche a chi si affaccia per la prima volta agli studi teorici sul cinema.
Carroll prende spunto da alcune domande tradizionali sulla natura dell'immagine in movimento, per poi rilanciare il dibattito con osservazioni attuali e mai banali: si chiede perché il cinema debba essere considerato un'opera d'arte, quale sia il suo medium specifico e persino cosa sia il cinema stesso, riprendendo il memorabile testo di André Bazin, fondatore e storico direttore dei Cahiers du Cinéma, che partiva proprio dalla questione ontologica alla base della settima arte.
Il filosofo approfondisce poi il discorso sull'immagine cinematografica, sia come parte di un meccanismo collettivo (il montaggio), sia come elemento analizzabile a sé (l'inquadratura). Il lungo studio di Carroll trova però la sua principale ragion d'essere nell'ultimo ambizioso capitolo, incentrato su quale sia il giusto metodo per valutare un film. Sebbene molti possano essere tentati di affermare che si tratti di una questione soggettiva, l'autore prova a dimostrare che la valutazione può basarsi su uno schema razionale e oggettivo, detto "approccio della categoria pluralistica".
Questo metodo si fonda sull'affermazione dell'esistenza di molte categorie di film – dalle commedie agli horror splatter, passando per i reportage di viaggio – che richiamano diversi criteri di valutazione. La singola opera, quindi, nell'idea di Carroll, può essere giudicata tramite un confronto con le altre della medesima categoria, attraverso una ricerca in grado di comprendere se riesca o meno a raggiungere gli obiettivi prefissati (ad esempio la tensione per una pellicola thriller).
La rischiosa e affascinante idea conclusiva dell'autore rende (al di là che si concordi o meno con lui) questo libro uno dei più coraggiosi testi cinemaertografici usciti negli ultimi anni, utile sia per gli storici che per i critici della settima arte, oltre che per i semplici appassionati. Tra le altre note positive, Carroll si metta sempre in gioco in prima persona nelle sue interpretazioni, appoggiandosi poco a studi pregressi, e come, citando moltissimi titoli cinematografici (cosa rara tra i teorici contemporanei), riesca a rendere la lettura ancor più piacevole e stimolante.
Fonte: Sole24Ore
Aggiunto il 21/05/2012 17:11 da Admin
Argomento: Estetica
Autore: Andrea Chimento
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