ARTICOLI

L'Inno della Perla: il risveglio della redenzione

Introduzione 

L’Inno della Perla, gioiello letterario incastonato negli Atti di Tommaso, affonda le sue radici nella tradizione gnostica. Questo testo, probabilmente composto nel III secolo a Edessa, si offre come una parabola di grande potenza evocativa, intrecciando temi di caduta, ricerca e redenzione. 

Lo gnosticismo, multiforme movimento spirituale nato nei primi secoli dell’era cristiana, si configura come una risposta alla condizione umana. Esso postula l’esistenza di una scintilla divina, di un seme intrappolato nel corpo materiale, un frammento di luce caduto dal Pleroma – la pienezza dell’Essere divino – e destinato a lottare per il ritorno alla sua origine. Come scrive Hans Jonas ne "La Gnosi": lo gnosticismo non è mera teologia, ma un “atteggiamento esistenziale” che rifiuta il mondo sensibile come prigione illusoria, creata da un demiurgo inferiore, spesso identificato con il Dio dell’Antico Testamento (Jonas, 1934). Nel caso dell’Inno della Perla, il protagonista, un principe orientale, incarna questa scintilla: inviato dai suoi genitori celesti a recuperare la perla custodita da un serpente in Egitto. Tuttavia, egli dimentica la sua missione, sprofonda nell’oblio e necessita di un risveglio per completare il suo compito.

 

Spogliarsi del manto di gloria 

Questa narrazione riflette il dualismo ontologico tipico dello gnosticismo: da un lato, il regno della luce, dell’eterno e della conoscenza (gnosis); dall’altro, il mondo materiale, dominio dell’ignoranza e della corruzione. Valentinus, una delle figure più eminenti dello gnosticismo cristiano, sviluppò una cosmogonia in cui il Pleroma si articola in una serie di eoni, emanazioni divine, il cui squilibrio genera il cosmo fisico (Pagels, 1979). L’Inno può essere letto come un’allegoria di questa caduta: il principe, rivestito del “manto di gloria” e poi spogliato di esso, rappresenta l’anima che, separata dalla sua essenza divina, deve riscoprirsi attraverso la gnosis.

L’Inno della Perla non è un testo isolato, ma si inserisce in un contesto storico-filosofico che vede il Medioevo cristiano confrontarsi con eredità eterodosse e speculazioni metafisiche. Nel Medioevo, la filosofia si sviluppa principalmente sotto l’egida della scolastica, con figure come Tommaso d’Aquino e Duns Scoto, che cercano di armonizzare fede e ragione attraverso un collante: Aristotele. Tuttavia, correnti alternative, spesso tacciate di eresia, mantengono viva l’influenza gnostica. I Catari, ad esempio, attivi nel XII e XIII secolo in Europa meridionale, riprendono il dualismo gnostico, distinguendo tra un Dio buono, Signore dello spirito, e un Dio malvagio, creatore della materia (Stoyanov, 2000). Sebbene non vi sia una prova diretta di un legame tra l’Inno e i Catari, il tema della redenzione attraverso la conoscenza riecheggia nelle loro dottrine. Meister Eckhart, un domenicano tedesco del XIV secolo, parla di un “fondo dell’anima” (Grund der Seele) che coincide con la presenza divina nell’uomo: un concetto che richiama la scintilla gnostica (Eckhart, 1986). 

Nell’Inno, il risveglio del principe avviene tramite una lettera inviata dai genitori celesti, simbolo della rivelazione interiore che guida l’anima al ritorno. Questo motivo si ritrova anche in Agostino d’Ippona, che, pur avversando lo gnosticismo, descrive la conversione come un movimento verso la luce interiore (Confessioni, Libro VII). Tuttavia, mentre Agostino integra questa luce in una visione teocentrica ortodossa, lo gnosticismo dell’Inno enfatizza l’autonomia della gnosis rispetto alle strutture ecclesiastiche. L’Inno della Perla solleva questioni filosofiche che attraversano i secoli. Il tema dell’alienazione, centrale nel testo, anticipa riflessioni moderne: Hegel, nel suo sistema, interpreta la storia come un processo di autocoscienza dello Spirito che si aliena e poi si riconcilia con sé stesso (Fenomenologia dello Spirito, 1807). Analogamente, il principe gnostico si perde nel mondo materiale, dimenticando la sua origine, ma riacquista la sua identità attraverso un atto di riconoscimento. Questo parallelismo non è casuale: Carl Gustav Jung, influenzato da Jonas, vede nello gnosticismo un archetipo della psiche umana, un mito di individuazione in cui l’io si riunisce al Sé (Jung, 1951). Nel Medioevo, però, tali idee trovano un terreno più complesso. La scolastica, con la sua fiducia nella razionalità ordinata, contrasta con l’anti-cosmismo gnostico. Tommaso d’Aquino, ad esempio, afferma che il mondo è buono in quanto creato da Dio (Summa Theologiae, I, q. 5), un’asserzione inconciliabile con la visione dell’Inno, dove l’Egitto – simbolo della materia – è un luogo di pericolo e inganno. Eppure, il dualismo gnostico influenza indirettamente la filosofia medievale attraverso correnti neoplatoniche. Plotino, nel III secolo, descrive l’anima come caduta dal Nous (Intelletto divino) e desiderosa di risalire all’Uno (Enneadi, I, 6); questa struttura metafisica permea il pensiero cristiano medievale, da Origene a Pseudo-Dionigi l’Areopagita, offrendo un ponte tra gnosticismo e ortodossia.

 

La perla come simbolo: conoscenza e unità

La perla stessa, fulcro narrativo dell’Inno, è un simbolo polivalente. Nella tradizione gnostica, rappresenta la gnosis, la conoscenza salvifica che l’anima deve conquistare. Nel Vangelo di Tommaso, altro testo gnostico, Gesù paragona il Regno a una perla preziosa per cui il mercante vende tutto (Logion 76). Questo richiama la parabola evangelica canonica (Matteo 13:45-46), ma con una differenza: per gli gnostici, la perla non è un dono esterno, ma un’essenza interna da riscoprire. Nel Medioevo, la perla assume significati mistici: per Bernardo di Chiaravalle, simboleggia la purezza dell’anima unita a Dio (Sermones super Cantica Canticorum), un’interpretazione che, pur cristianizzata, conserva echi gnostici. La simbologia dell’inno è densa e stratificata, riflettendo influenze gnostiche, cristiane, iraniche e forse persino platoniche, come sottolineato da studiosi quali il già citato Hans Jonas (1963) e Geo Widengren (1951) in The Ascension of the Apostle and the Heavenly Book. Analizzare questa simbologia richiede di esplorare i principali elementi narrativi – il regno orientale, il viaggio, la perla, il serpente, il vestito di gloria e la lettera – considerandoli come archetipi universali e chiavi per comprendere il messaggio spirituale sottostante.

- Il regno dell’Oriente, descritto come la “nostra patria” da cui il protagonista parte (“Quando ero bambino e abitavo nel regno della casa di mio Padre e mi dilettavo della ricchezza e dello splendore di coloro che mi avevano allevato, i miei genitori mi mandarono dall’oriente, nostra patria”), rappresenta simbolicamente la dimensione divina o preesistente dell’anima, un concetto centrale nello gnosticismo. Secondo Jonas (1963), l’Oriente è spesso associato, nelle tradizioni gnostiche, alla luce primordiale e alla casa del Pleroma, il regno della pienezza divina, da cui l’anima discende nel mondo materiale. Questa interpretazione trova eco anche in testi come l’Inno a Mani dei manichei (Cumont, 1908) e nei miti iranici della regalità celeste studiati da Widengren (1951), dove l’Oriente è la sede del divino. Il fatto che i genitori del protagonista – il “re dei re” e la “signora dell’Oriente” – lo inviino in missione suggerisce un atto di volontà divina, un’espulsione o una discesa volontaria dell’anima nel mondo inferiore, simile alla caduta dell’anthropos primordiale descritta da Valentiniano (Pagels, 1979). 

- Il “carico grande eppure leggero” che gli viene affidato simboleggia, forse, la scintilla divina o la conoscenza innata che l’anima porta con sé, un tema ripreso anche da Quispel (1951) nel suo Gnosis als Weltreligion, dove si evidenzia come l’anima gnostica sia dotata di un potenziale salvifico intrinseco ma dimenticato.

- Il viaggio verso l’Egitto, con il passaggio attraverso Maishan e Babilonia, introduce il tema della discesa nel mondo materiale, un motivo ricorrente nelle narrazioni cosmologiche gnostiche e non solo. L’Egitto, come nota Layton (1987) in The Gnostic Scriptures, è un simbolo frequente del mondo fisico e della schiavitù spirituale, richiamando l’Esodo biblico ma reinterpretato in chiave metafisica: non è solo una terra di oppressione, ma il regno della materia dominato dal serpente, che rappresenta le potenze arcontiche o il demiurgo.

- Il serpente, “accerchiato dal mare” e “sibilante”, è una figura archetipica di ostacolo e tentazione, analoga al drago delle mitologie iraniche (Duchesne-Guillemin, 1962) e al serpente del Genesi (Pagels, 1995), ma qui assume una valenza specifica: custodisce la perla, che è il tesoro da conquistare. Secondo Klijn (1962) in The Acts of Thomas, il serpente incarna il potere cosmico che imprigiona la luce divina nel mondo materiale, e il suo sonno, che permette al protagonista di afferrare la perla, simboleggia il superamento dell’ignoranza attraverso la gnosi. Il mare che lo circonda potrebbe rappresentare il caos primordiale o l’inconscio, un’immagine che Jung (1959) in Aion collega alla lotta dell’eroe contro le forze oscure dell’inferiorità psichica.

- La perla stessa è il simbolo centrale dell’inno e forse il più ricco di significati. Descritta come “l’Unica Perla che giace in mezzo al mare”, essa è stata interpretata in vari modi: per Jonas (1963), rappresenta la scintilla divina o l’anima stessa, intrappolata nella materia e destinata a essere riscattata; per Bultmann (1957) in The Gospel of John, richiama la “perla di grande valore” del Vangelo di Matteo (13:45-46), ma in chiave gnostica diventa il simbolo della conoscenza salvifica. La sua unicità e il suo splendore suggeriscono un’essenza trascendente, un frammento del divino che il protagonista deve recuperare per ristabilire la sua identità regale. Come osserva Drijvers (1984) in East of Antioch, la perla è un motivo diffuso nella letteratura siriaca, spesso associata alla purezza e alla redenzione, e il suo recupero segna il momento della liberazione dell’anima dalla prigione del corpo. Il fatto che il protagonista debba strapparla al serpente implica un atto di coraggio e consapevolezza, un’iniziazione che riflette il percorso gnostico verso l’autoconoscenza, come sottolineato da Rudolph (1983) in Gnosis: The Nature and History of Gnosticism.

- Un altro elemento simbolico cruciale è il “vestito di gloria” e il “manto di porpora” che il protagonista abbandona all’inizio (“Mi tolsero il vestito di gloria che nel loro amore avevano fatto per me, e il manto di porpora che era stato tessuto in modo che si adattasse perfettamente alla mia persona”) e che gli viene promesso di indossare nuovamente al ritorno. Questo motivo richiama l’idea platonica dell’anima che perde la sua veste celeste nella discesa nel mondo (Fedone, 67e), ma anche il mito iranico dell’abbigliamento regale come segno di divinità (Widengren, 1951). Per Filoramo (1990) in L’attesa della fine, il vestito simboleggia l’identità originaria dell’anima, il suo stato di purezza e dignità divina, che viene offuscato dalla contaminazione con la materia – un tema evidente quando il protagonista si veste con gli abiti egiziani per non essere riconosciuto (“Tuttavia mi vestii con i loro abiti, perché non sospettassero di me”). Il ritorno al vestito di gloria rappresenta quindi la reintegrazione, il compimento del processo di salvezza, un’idea che trova paralleli nel Vangelo di Filippo (Layton, 1987), dove il rivestirsi di luce è sinonimo di resurrezione spirituale.

- La lettera inviata dai genitori (“Da tuo padre, il re dei re, e da tua madre signora dell’Oriente e da tuo fratello, nostro prossimo di rango, a te nostro figlio in Egitto”) è un ulteriore simbolo potente, interpretabile come la chiamata divina o il richiamo della gnosi. Questo episodio richiama il mito dello Scritto Celeste studiato da Widengren (1951), in cui un messaggio dall’alto guida l’eroe verso la salvezza, e si collega alla tradizione siriaca della rivelazione scritta come mezzo di redenzione (Drijvers, 1984). La lettera scuote il protagonista dal suo sonno (“Svegliati e sorgi dal tuo sonno e intendi le parole della nostra lettera”), un’immagine che Jonas (1963) interpreta come il risveglio dall’ignoranza, un tema centrale nella spiritualità gnostica. Il fatto che sia firmata da “tutti i grandi” del regno orientale suggerisce una volontà collettiva del divino, un intervento cosmico per salvare l’anima perduta, un concetto che Quispel (1951) collega alla compassione del Pleroma verso i suoi frammenti caduti.

 

L'Inno della Perla e La Fenomenologia dello Spirito a confronto 

Confrontare l’Inno della Perla con la Fenomenologia dello Spirito di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1807) significa mettere in dialogo due opere profondamente diverse per contesto, forma e intento, ma sorprendentemente affini nei temi della coscienza, dell’alienazione, del viaggio spirituale e della riconciliazione con l’assoluto. Nonostante le loro differenze tra le opere – l’una radicata in una visione mitico-religiosa, l’altra in una speculazione sistematica – entrambe condividono un interesse per il movimento dello spirito attraverso l’esperienza dell’estraneazione e della redenzione, offrendo terreno fertile per un’analisi comparativa.

- Il regno orientale dell’“Inno della Perla”, descritto come la patria originaria del protagonista (“Quando ero bambino e abitavo nel regno della casa di mio Padre”), può essere paragonato alla fase iniziale della coscienza nella Fenomenologia, quella della “certezza sensibile” (Hegel, 1807, §90-110). In questa fase, la coscienza si trova in uno stato di immediatezza, immersa nell’essere senza riflessione, simile al bambino che vive nella ricchezza e nello splendore del regno paterno senza consapevolezza della sua separazione dall’assoluto. Tuttavia, l’invio del principe in Egitto segna una rottura, un’uscita dall’immediatezza, che richiama il passaggio hegeliano dalla certezza sensibile alla percezione e all’intelletto: la coscienza deve confrontarsi con l’alterità, il mondo esterno, per iniziare il suo sviluppo. Come osserva Hyppolite (1946) in Genèse et structure de la Phénoménologie de l’esprit, questa prima alienazione è necessaria affinché la coscienza diventi per sé, un processo analogo alla missione del principe, che abbandona il “vestito di gloria” per scendere nel mondo materiale. Il vestito, simbolo della sua identità divina, rappresenta l’unità originaria che deve essere perduta per essere poi riconquistata, un tema che Hegel sviluppa nella dialettica della perdita e del recupero dell’assoluto.

- Il viaggio in Egitto e l’incontro con il serpente riflettono la fase dell’autocoscienza nella Fenomenologia, in particolare il celebre episodio della “lotta per il riconoscimento” tra signore e servo. Il protagonista, arrivato in Egitto, si veste con abiti locali (“Tuttavia mi vestii con i loro abiti, perché non sospettassero di me”) e cade in un sonno indotto dal cibo degli egiziani, un’immagine di alienazione e oblio. Questo stato richiama l’autocoscienza hegeliana che, per affermarsi, deve confrontarsi con l’altro – qui il serpente, custode della perla – e rischia di perdersi nella dipendenza dal mondo materiale. 

- Il serpente, come potenza ostile, può essere visto come il “signore” che domina il protagonista, ridotto a “servo” nel suo sonno, un’interpretazione che Kojève (1947) in Introduction à la lecture de Hegel amplifica leggendo la lotta signore-servo come un’allegoria della coscienza che si emancipa attraverso il lavoro e il rischio. Nell’inno, il recupero della perla avviene quando il serpente è addormentato (“Lo incantai facendolo addormentare e presi la perla”), suggerendo un superamento dell’alterità non attraverso un conflitto diretto, ma tramite una strategia di astuzia o gnosi, che diverge dalla violenza della dialettica hegeliana ma converge nell’obiettivo: il raggiungimento di un’autonomia spirituale.

- La perla stessa, “l’Unica Perla che giace in mezzo al mare”, è un simbolo che si presta a un parallelo con la “ragione” hegeliana, la fase in cui la coscienza comprende l’unità tra soggetto e oggetto, interiorizzando il mondo esterno come parte del proprio essere. Nella Fenomenologia, la ragione emerge quando l’autocoscienza riconosce che l’alterità non è estranea, ma un momento del suo sviluppo; similmente, la perla rappresenta il tesoro divino che il protagonista scopre essere intrinseco alla sua natura regale, un frammento del Pleroma da reintegrare. Come nota Taylor (1975) in Hegel, la ragione hegeliana è il punto in cui lo spirito si appropria del mondo, un processo analogo al gesto del principe che strappa la perla al serpente, simbolo della materia. Tuttavia, mentre per Hegel questo passaggio è razionale e immanente, nell’inno la perla ha una valenza trascendente, un’essenza salvifica che richiama la gnosi più che la dialettica, un aspetto su cui Jonas (1963) in The Gnostic Religion insiste per distinguere la visione gnostica da quella hegeliana.

- Il risveglio del protagonista tramite la lettera dei genitori (“Svegliati e sorgi dal tuo sonno e intendi le parole della nostra lettera”) corrisponde alla transizione verso lo “spirito” nella Fenomenologia, dove la coscienza si riconosce come parte di una comunità etica e storica. La lettera, inviata dal “re dei re” e dalla “signora dell’Oriente”, funge da rivelazione esterna che richiama il principe alla sua missione, un momento che Hegel descriverebbe come il dispiegarsi dello spirito assoluto attraverso la mediazione dell’altro (i genitori, il fratello). Questo episodio richiama la sezione hegeliana sulla religione, in particolare la “religione rivelata”, dove Dio si manifesta all’uomo per riconciliarlo con l’assoluto: “Lo spirito si sa come spirito in una figura che è diventata a lui trasparente” (Hegel). La lettera gnostica, però, differisce dalla rivelazione cristiana hegeliana per il suo carattere elitario e iniziatico, un punto evidenziato da Rudolph (1983) in Gnosis, che vede nella gnosi un sapere riservato a pochi, mentre per Hegel la riconciliazione è universale.

- Infine, il ritorno al regno orientale e il rivestirsi del “vestito di gloria” (“Vidi che si muoveva verso di me e mi trasformai in esso”) rappresentano il culmine dell’inno, paragonabile al “sapere assoluto” della Fenomenologia, dove la coscienza si riunisce pienamente con l’assoluto, superando ogni dualismo. Hegel descrive questa fase come “il concetto che si sa come concetto”, un’autocomprensione totale dello spirito; nell’inno, il protagonista si riconosce nel vestito, che “mi sembrava come uno specchio di me stesso”, un’immagine di fusione tra il sé e l’origine divina. Tuttavia, mentre per Hegel questo sapere è il risultato di un processo immanente e storico, nell’inno il ritorno è un’ascesa metafisica, un’uscita dal mondo materiale verso il Pleroma, un contrasto che Hyppolite (1946) sottolinea distinguendo la teleologia hegeliana dalla soteriologia gnostica. Rosmini (1999) in The Philosophy of History paragona al viaggio dell’inno un “ritorno alla totalità originaria”.

 

Conclusioni 

L’Inno della Perla non è solo un testo religioso, ma un documento filosofico che interroga l’uomo sulla sua origine, il suo destino e il senso della sua esistenza. Lo gnosticismo, con il suo rifiuto del mondo e la sua esaltazione della conoscenza interiore, rappresenta una sfida perenne alla filosofia medievale, dominata dalla sintesi tra fede e ragione. Eppure, la sua influenza si percepisce nelle pieghe della mistica, nel neoplatonismo cristiano e persino nelle speculazioni moderne. Come il principe dell’Inno, anche il pensiero filosofico è un viandante che, tra oblio e ricordo, cerca la sua perla: un’unità perduta che, forse, non cessa mai di brillare nel profondo.

 

Bibliografia

• Bernardo di Chiaravalle. Sermones super Cantica Canticorum. Ed. J. Leclercq, Roma, Edizioni Paoline, 1987.

• Churton, Tobias. Gnostic Philosophy: From Ancient Persia to Modern Times. Rochester, Inner Traditions, 2005.

• Eckhart, Meister. Sermoni tedeschi. Trad. it. di M. Vannini, Milano, Adelphi, 1986.

• Hegel, Georg Wilhelm Friedrich. Fenomenologia dello Spirito. Trad. it. di E. De Negri, Firenze, La Nuova Italia, 1973.

• Jonas, Hans. La Gnosi. Trad. it. di R. Garaventa, Torino, Einaudi, 1991 (ed. orig. Gnosis und spätantiker Geist, 1934).

• Jung, Carl Gustav. Aion: Contributi al simbolismo del Sé. Trad. it. di E. Schiavoni, Torino, Bollati Boringhieri, 1982 (ed. orig. 1951).

• Pagels, Elaine. The Gnostic Gospels. New York, Random House, 1979.

• Plotino. Enneadi. Trad. it. di V. Cilento, Bari, Laterza, 1947-1949.

• Pseudo-Dionigi l’Areopagita. Opere complete. Trad. it. di P. Scazzoso, Milano, Rusconi, 1981.

• Stoyanov, Yuri. The Other God: Dualist Religions from Antiquity to the Cathar Heresy. New Haven, Yale University Press, 2000.

• Tommaso d’Aquino. Summa Theologiae. Ed. critica, Roma, Edizioni San Paolo, 1996.

• Valentinus. Frammenti in Irenaeus, Adversus Haereses. Ed. A. Rousseau, Parigi, Cerf, 1965.

• Atti di Tommaso. Trad. it. in Apocrifi del Nuovo Testamento, a cura di M. Erbetta, Torino, Marietti, 1981.

• Vangelo di Tommaso. Trad. it. in I Vangeli Gnostici, a cura di L. Moraldi, Milano, Adelphi, 1984.

 




Aggiunto il 22/03/2025 15:09 da Maria Pia Beatrice Vinciguerra

Argomento: Filosofia medioevale

Autore: Maria Pia Beatrice Vinciguerra



Approfondisci l'argomento

Sermoni tedeschi Meister Eckhart 15,20 €
Enneadi Vol. 1-2 Plotino 15,20 €
Summa theologiae Tommaso D'Aquino 189,05 €

Libri in evidenza

Promuovi i tuoi libri
  • Sull'etica di Spinoza
    Sull'etica di Spinoza

    Introduzione, traduzione e commento di Alberto Tettamanti

    Alberto Tettamanti 25,65 €
  • Etica
    Etica

    Introduzione, traduzione e commento di Alberto Tettamanti

    Alberto Tettamanti 38,00 €
  • Il fondamento della morale
    Il fondamento della morale

    Introduzione, traduzione e note di Alberto Tettamanti

    Alberto Tettamanti 22,80 €
  • Pensieri. Un'antologia
    Pensieri. Un'antologia

    Introduzione, traduzione e commento di Alberto Tettamanti

    Alberto Tettamanti 22,80 €
  • Nuove lezioni di Filosofia
    Nuove lezioni di Filosofia

    I temi fondamentali del pensiero umano

    Antonio Rinaldis 17,10 €

Altri articoli

Eclettismo di Cicerone
Filosofia antica Eclettismo di Cicerone

Eclettismo di Cicerone     Nel presente saggio esaminerò i tratti peculiari della formazione filosofica di Cicerone per inquadrare i pu

Mariella Chessa
Mariella Chessa 22/12/2014
L'ESPERIENZA RELIGIOSA E LA FILOSOFIA
Filosofia delle religioni L'ESPERIENZA RELIGIOSA E LA FILOSOFIA

L'ESPERIENZA RELIGIOSA E LA FILOSOFIA In Ontologia della libertà di Luigi Pareyson di Davide Orlandi Introduzione

Davide Orlandi
Davide Orlandi 21/07/2017
Lettera a Luca Mercalli
Etica Lettera a Luca Mercalli

Egregio Dott. Luca Mercalli, Le scrivo questa lettera per esprimere alcune suggestioni che la Sua relazione, dal titolo “La crisi ecologica vista dalla scienza”, tenuta presso il Palazzo N

Fabio Dellavalle
Fabio Dellavalle 02/12/2013