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L'Accademia di Platone e il deposito della tradizione

La tradizione dell’Accademia, dal primo Platone – che, nonostante la teoria delle idee, che genera confusione mediante il significato improprio delle parole, condivide innanzi tutto lo Scetticismo dei “più antichi progenitori” di cui dice Aristotele nella Metafisica (1074 b 12) – in poi, è ancorata indissolubilmente agli esiti scettici del pensiero di Parmenide; che, nell’adversus Colotem, dice sia stato “il primo” a renderlo esplicito.

Nella stessa opera, Plutarco analizza la critica delle teorie che si oppongono allo scetticismo dell’Accademia, e che daranno adito alla formazione di altre scuole di pensiero; in pratica, l’Epicureismo e lo Stoicismo e alle quali si aggiunge in era moderna, secondo l’argomentazione dello storico della scienza Giorgio de Santillana, la teoria (cd.) Neoplatonica.

In sintesi: a) la teoria epicurea si fonda su una concezione del Fato relativa a una ricomposizione e cioè un adeguamento dell’uomo alle forze esterne del Caos; b) la teoria stoica si accentra sull’uomo e si fonda sulla regola della fratellanza universale: una sola umanità in un mondo unico; c) la teoria neoplatonica, in una duplice versione: 1.c) la teoria platonica – che origina cioè dal secondo Platone, quello del Timeo - si fonda sul principio di una Ragione o Volontà ispiratrice, naturale o divina, e l’ipotesi di un conflitto “originale” tra forze (fisiche) o potenze (parmenidee) a cui trovare rimedio; 2.c) la teoria pitagorica, basata sul principio di Necessità, che conduce a un’integrale matematizzazione dell’universo.

E tuttavia, la teoria Neoplatonica, nel suo complesso, costituisce soltanto una rivisitazione della teoria Epicurea; così come argomenta Giorgio de Santillana, riconducendo entrambe al concetto di Fato, ma distinguendo un fato “antico” (epicureo) da un fato “moderno” (platonico/pitagorico), entrambi finalizzati a una riconciliazione – presente o futura – delle potenze considerate in modo distinte o separate.

Nell’attualità, che perdura, Giorgio de Santillana intravedeva il sorgere di “un nuovo meccanismo del tempo, così lontano da quello antico, e pur investito di un comando assoluto (…)  il vecchio nome ottocentesco di Progresso gli si confà molto meglio (…) è adorat(o) unanimemente, ecumenicamente, a Oriente come a Occidente, e i suoi sacerdoti insegnano che è immune da ogni ombra di colpa, dismisura o deviazione, da ogni iniquità originale, poiché è la Ragione stessa in atto (…) Una ragione ove l’intelletto non si vuol più riconoscere può diventare ancora più oscura della anagke antica”. Ciò che, fondamentalmente, è tuttavia, essa stessa, soltanto una teoria sul Fato … L’idea del Fato prende forma quando l’uomo non subisce come le bestie, ma cerca di rendersi conto e non accetta il dono d’origine, le grand don de ne rien comprendre à notre sort.

Spero così, sia pure brevemente, di aver dato testimonianza e contribuito alla riscoperta della più antica tradizione dell’Accademia, ovvero la notre sort che, da almeno 2.500 anni, sono sempre in troppi a voler invece ignorare o cancellare.

 




Aggiunto il 07/10/2020 10:34 da Angelo Giubileo

Argomento: Storia della Filosofia

Autore: Angelo Giubileo



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