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Il mondo come volontà e rappresentazione: critica all'idealismo

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  1. La critica che Schopenhauer muove a Hegel, Fichte e Schelling è nota e leggendaria nei testi del filosofo tedesco. Per Arthur Schopenhauer, Hegel non è altro che colui che mise la filosofia al servizio dello stato, un sofista dei suoi tempi, colui che aveva denotato un legame di servitù al sapere più nobile, reso tale proprio da questa privazione di legami con le altre discipline. Un mercenario accademico. Nella Filosofia dello spirito, Hegel esordisce con una delle sue frasi più note per spiegare l'idea in sé e per sé: ''Tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale''; per Hegel la razionalità si manifesta attraverso la realtà ed è compito della filosofia cogliere tale ragione. Per Schopenahuer, invece, come afferma ne '' Il Mondo come volontà e rappresentazione'', la manifestazione della ragione è irrazionale. Il filosofo riconosce nella realtà un principio unico che, a differenza degli assunti hegeliani, non è contraddistinto nella ragione, bensì da una realtà irrazionale, e non razionale e portatrice di armonia come asseriva Hegel. La vita dell'uomo è scandita dal male e dal dolore e sia la natura che la società sono disarmoniche e guidate da una legge irrazionale, in netto contrasto con l'ottimismo e l'armonia della ragione di Hegel; tutto tende al pessimismo e l'uomo all'eterno rincorrere di desideri che cerca di appagare senza mai riuscirci, rimanendo insoddisfatto. Da qui, l'infelicità, alla base dell'umano vivere. Schopenhauer contrappone all'ottimismo hegeliano il principio fondamentale di volontà, una forza impulsiva che brama di volere e si manifesta in tutte le cose. Il principio di volontà annulla l'individuo, così come per Hegel l'individuo è annullato dalla ragione. Schopenhauer parte da un concetto: ''Il mondo è una mia rappresentazione''. Nessuno può uscire dal proprio punto di vista e vedere le cose come realmente appaiono. Le verità filosofiche giunte fino a quel momento, sono dunque obsolete. Il mondo come rappresentazione ha due punti cardine imprescindibili e inseparabili: l'oggetto e il soggetto.
  • Il soggetto: ciò che conosce tutto senza essere conosciuto da alcuno, fuori dallo e dal tempo;
  • L'oggetto: ciò che è conosciuto e condizionato dall'esterno dello spazio e del tempo: tutto ciò che esiste, è esistente nello spazio e nel tempo.

Soggetto e oggetto prescindono l'uno dall'altra, inseparabilmente; ciascuna delle due metà coesiste insieme all'altra e con l'altra cessa di esistere. Ne consegue che per Schopenhauer non esiste un'esistenza obiettiva o una verità assoluta; sia il materialismo che l'idealismo generano errori, poiché il Materialismo nega il soggetto riducendolo a mera materia, e l'Idealismo ugualmente in quanto nega l'oggetto riducendo il tutto alla pura astrazione. Una verità unica è una contraddizione a prescindere: tutto ciò che si definisce obiettivo e oggettivo ha la sua genesi nella coscienza di un soggetto, che è, a sua volta, condizionato dal medesimo e dalla forme insite in sé stesso. Il mondo è quindi un insieme di rappresentazioni condizionate dalle forme di una coscienza soggettiva che per Schopenhauer sono rappresentate dal tempo, lo spazio e la causalità. I concetti di spazio e tempo erano già stati citati da Kant: le nostre percezioni sono categorizzate fra spazio e tempo. L'intelletto opera su queste percezioni fra spazio e tempo ordinandole attraverso la categoria della causalità. Tramite la causalità, infatti, gli oggetti che sono determinati in uno spazio e tempo circoscritto, in un dato momento o in un altro, vengono posti uno come fautore scatenate e determinante (causa) e l'altro come determinato (effetto). L'effetto denotato dal principio di causalità, per il filosofo tedesco, è una successione nel tempo circoscritto a uno spazio determinato. La causalità, quindi, congiunge lo spazio e il tempo. Il mondo della rappresentazione si struttura, quindi, attraverso quattro forme del principio di causalità:
  • Necessità Fisica;
  • Necessità Logica;
  • Necessità Matematica;
  • Necessità Morale.

Per Schopenhauer, l'intelletto non agisce più sulle rappresentazioni immediate (le intuizioni) di kantiana memoria, per la formazione dei concetti attraverso le categorie ma diviene facoltà della causalità. Il mondo è quindi una rappresentazione soggettiva, ordinata attraverso le categorie dello spazio, del tempo e della causalità. Tuttavia l'intelletto non va oltre il mondo sensibile, il mondo come rappresentazione è quindi, fenomenoSchopenhauer non parla del fenomeno come una rappresentazione che non può cogliere il noumeno: se per Kant il fenomeno è l'unica realtà possibile e che può essere conosciuta, per Schopenhauer, il fenomeno è mera illusione, l'apparenza che cela la vera realtà delle cose nella loro essenza, cioè il noumeno, la cosa in sé: tra l'uomo e la vera realtà si erge uno schermo che la fa apparire distorta e non come è realmente: il velo di Maya. Schopenhauer estrapola questo concetto dalla filosofia indiana da cui condividerà, principalmente, l'aspetto pessimistico. Per Kant il noumeno resta irriconoscibile e celato, ma per Schopenhauer si può giungere alla conoscenza della cosa in sé. L'uomo è rappresentazione e fenomeno, ma è anche soggetto conoscente. L'intuizione del filosofo sta nel riconoscere questo soggetto conoscente come un essere dotato di un corpo. Attraverso il corpo avviene la percezione del fenomeno e degli oggetti, ma esso è anche sede di un impulso che è la volontà che si presenta come folgorazione e intuizione immediata nel proprio Io. L'essenza di noi stessi è dunque la volontà, e attraverso l'esperienza in sé stessi come corpo si può giungere alla cosa in sé che è il noumeno, evitando di utilizzare le forme a priori della conoscenza. La coscienza del nostro corpo come volontà squarcia il Velo di Maya e ci porta alla conoscenza che l'universalità e la diversità di tutti i fenomeni riversano la loro essenza nella volontà. I fenomeni sono svariati, così come le loro manifestazioni. La volontà invece, è unica, irrazionale. E' attraverso questa presa di coscienza che si può oltrepassare il fenomeno e pervenire alla cosa in sé.






Aggiunto il 03/04/2019 21:50 da Stella Grillo

Argomento: Storia della Filosofia

Autore: Stella Grillo



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