I piani dell’urgenza: glossario
piano individuale
Urgenza: condizione fisica o emotiva o mentale, soggettivamente rappresentata, in cui un fattore causale esercita una pressione sul soggetto rendendogli indifferibile temporalmente la soddisfazione di un bisogno e/o di un desiderio. Si va da processi fisiologici nettamente definiti (l’urgenza della minzione), a processi fisiologici che si caricano di una realtà psicologica (un’eccitazione erotica), a eventi puramente emozionali (un’urgenza rabbiosa di aggressività), a fenomeni mentali culturalmente intrisi (l’urgenza espressiva di un artista).
Impazienza: sottospecie dell’urgenza, scalata quel tanto che basta per darne – di solito- una valutazione critica, derisoria, sottrattiva. Si è impazienti, quasi sempre, per incapacità di essere pazienti, salvo i casi in cui può sembrare ineccepibile l’affermazione che “…..mi hai fatto scappare la pazienza”: come una cosa che hai e che – per l’influsso di un agente causale esogeno – perdi.
Un’urgenza senza impazienza connota solitamente le personalità forti, tenaci, mature, capaci di auto-organizzazione e di auto-controllo.
Un’impazienza senza urgenza designa invece uno stato sistemico dominato dall’ansia.
Piano sociale e politico
Urgenza: vista dalla parte del capitale, può diventare una variabile incontrollabile della lotta di classe (ne esiste ancora una?), configurandosi come una sorta di precipitazione dei diritti di cittadinanza (lavoro, casa, studio). In genere l’urgenza è certificato appannaggio dei dispositivi di cattura¹ operanti nella società neo-liberista, sgravata com’è dal peso del valore della produzione: l’urgenza del credito (cui corrisponde esattamente l’impazienza del debito, come nell’uso delle carte di credito); l’urgenza dell’imposta, segnalata adeguatamente nelle cartelle esattoriali; l’urgenza dei tagli alla spesa per i settori del welfare, che devono urgentemente coprire il fabbisogno destinato al pagamento degli interessi sui titoli pubblici.
Vista dalla parte del cittadino, l‘urgenza è materia inafferrabile, non più governabile e – quel che è peggio – rappresentabile. Esattamente nella misura in cui i bisogni che la spiegano e la generano sono altrettanto inafferrabili, ingovernabili e irrappresentabili. Estremo paradosso della società connessa, l’urgenza è stata espropriata e sostituita con forme anaclitiche e suppurative di impazienza (comprare, per indebitarsi e quindi lasciarsi catturare dalle forme in cui si articola il potere).
Impazienza: Negli anni ’60 era una figura ricorrente del cambiamento (“la creatività al potere”, “vogliamo tutto e subito”), penetrando nelle fibre della sessualità e della relazione. Negli anni ’80, erroneamente definiti “del riflusso” (il concetto corretto è quello del “deflusso”, della ricchezza dal basso verso l’alto), l’impazienza acquista una nota di insopportabile vanità: lo juppismo da 9 settimane e ½ si gioca la sua rappresentazione conclusiva nell’essere uno stile di vita “impaziente”, fino all’estremo del serial killer di American Psycho. Oggi, dopo vent’anni di scomparsa della politica e di televisioni commerciali, quella dell’impazienza sembra una casella vuota. Quando non lo è, nei pochi casi verificati, ci pensano i questori e i funzionari di polizia.
¹ Maurizio LAZZARATO, Il governo dell’uomo indebitato, DeriveApprodi – Roma 2013.
Aggiunto il 12/02/2015 23:18 da Sandro Vero
Argomento: Altro
Autore: sandro vero
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