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Gli Europei si avvicinano: il tempo e il rito

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Gli Europei si avvicinano: il tempo e il rito

di Alessandro Montagna

Mentre si sta avvicinando sempre di più l'evento dell'Europeo di calcio Germania 2024, nonché le Olimpiadi di Parigi 2024, una riflessione sorge spontanea: come mai noi esseri umani siamo così affascinati dagli eventi che ricorrono nel tempo e magicamente come i riti, ciclicamente tornano ad ammaliarci?

Per rispondere a questo quesito addentriamoci nelle riflessioni filosofiche ed antropologiche sul rito e sulla temporalità.

Nell'opera Tempo e racconto 3, il filosofo francese Paul Ricoeur cerca di risolvere la contraddizione (l'aporia) tra i due tempi che sembrano inconciliabili: quello cosmico e quello umano. Il primo è forte della concezione lineare della cronologia e della scienza, mentre il secondo affonda le origini nelle indagini soggettivistiche ed interiori della temporalità che possiamo ritrovare in Sant'Agostino e in Bergson. In Bergson esistono le due temporalità, che lui denomina, rispettivamente, tempo della scienza e tempo della vita. Quello della scienza è un tempo astratto, esteriore e spazializzato, paragonato da lui ad una collana di perle, tutte uguali e distinte fra loro. Dimodoché un esperimento scientifico risulta ripetibile offrendo lo stesso risultato. Il tempo della vita è, invece, concreto, interiore e si identifica con la durata reale. E' il tempo del vissuto soggettivo, un tempo flessibile che si dilata e si restringe in base ai nostri interessi e alle nostre emozioni. Nella metafora bergsoniana esso appare simile ad una valanga o ad un gomitolo dal momento che muta e cresce su sé medesimo.

La grande innovazione di Ricoeur consiste nel teorizzare un terzo tempo, che si configura a suo avviso, infatti, come un tempo storico, ovvero il tempo dei calendari, dei miti e dei riti che si ripetono di anno in anno o, comunque, costantemente. Comprendiamo fin da subito che l'importanza e la solennità che avvertiamo riguardo alle cerimonie, agli eventi o alle feste deriva dal rito che in un momento prestabilito torna ciclicamente. L'evento in questo modo riceve senso, sacralità e legittimità grazie al tempo, viene costruito dal passato e costantemente viene riproposto, rinsaldando in tal modo la nostra identità. Ecco perché amiamo gli eventi ricorrenti come, ad esempio, il festival di Sanremo, che torna tutti i mesi di febbraio (nel centro storico della città ligure, in via Matteotti, vi sono targhe di ottone che ricordano l'anno e il corrispondente vincitore dell'edizione), o quelli che avvengono ancora più raramente nel tempo come i mondiali di calcio, gli europei o le olimpiadi che si svolgono ogni 4 anni.

Il terzo tempo sostenuto dal filosofo francese risulta capace di inserire i vissuti personali (interiori) coniugandoli con il trascorrere cosmico delle ore. Questo concetto si avvicina molto al cosiddetto tempo delle generazioni e della coorte, ossia quello proprio di chi vive i propri vissuti strettamente inseriti nelle vicende e ai periodi storici.

La prospettiva in questione conferisce senso ad entrambe le temporalità dal momento che ciascuna di esse necessita dell'altra per valorizzarsi al meglio. Il tempo soggettivo, per costituirsi, ha infatti bisogno di almeno un riferimento all'oggettività del tempo esterno, viceversa il tempo oggettivo non può prescindere dal riferimento alla coscienza. Quindi il tempo 3 teorizzato da Ricoeur rappresenta un ponte tra il tempo psicologico e quello cosmico-globale. I connettori a cui fa riferimento il filosofo sono, per esempio, il calendario, al successione delle generazioni e il ricorso ad archivi, tracce e documenti. Grazie ad essi collochiamo le nostre piccole storie, le nostre vicende personali, all'interno della grande storia. Ci inscriviamo così, nel nostro piccolo, nel grande calendario del tempo. Così come manderemo presto in archivio risultati, statistiche e marcatori delle prossime partite degli europei, in archivi digitali, cartacei, annuari e altro ancora, per la gloria di alcuni, per i rimpianti di altri. Insomma, le vicende alterne nel tempo e nei tempi. Il filosofo francese definisce i calendari come "il primo ponte gettato dalla pratica storica tra il tempo vissuto e il tempo cosmico" (P. Ricoeur, Tempo e racconto 3. Il tempo raccontato, Jaca Book, Milano 1988, p. 160).

Il ricorso a tracce ed archivi, oltre che ad altri depositi della memoria, è stato da sempre l'obiettivo degli studi riguardanti la "memoria culturale" condotti da Aleida e Jan Assmann. Questi studiosi hanno approfondito la tematica del rito come consolidamento dell'identità storica e trasmissione delle proprie radici nelle generazioni successive in vista del futuro. Si sono occupati anche delle feste, dei cori, degli inni e delle cerimonie in cui le persone si avvertono come parte integrante della comunità.

Se ci interessiamo ora più da vicino alle analisi condotte dall'antropologia culturale notiamo subito che il rito si manifesta come la sequenza di comportamenti standardizzati e ripetitivi di atti, parole, suoni e gesti secondo una formula fissa che avvengono in tempi e luoghi prestabiliti, esprimento infine un significato simbolico comprensibile agli individui della comunità. Esistono vari tipi di riti, di iniziazione, di passaggio, di inversione, oltre alle feste (in cui i tabù possono essere rovesciati come notava Sigmund Freud). Anche la stessa partita di calcio, come si può notare, risulta come una sorta di rito, con precise regole e sottesi significati simbolici come mostrato da Bernhard Welte nel suo scritto Filosofia del calcio (Morcelliana, Brescia 2010).

Infatti, come ha modo di spiegare la volpe al Piccolo Principe in un passaggio molto significativo del libro, il rito: "E' quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un'ora dalle altre ore. C'è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedì ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedì è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza" (A. de Saint-Exupéry, Il Piccolo Principe, Bompiani, Milano 1998, pp. 91-92).

"Verrà un giorno che ci penseranno da soli. E lo faranno senza di noi con un racconto": così scriveva riguardo gli esseri umani Cesare Pavese nel dialogo Il mistero contenuto nei Dialoghi con Leucò (C. Pavese, Dialoghi con Leucò, Einaudi, Torino 1947, p. 172). Da un punto di vista filogenetico la specie umana prosegue, al di là delle singolo individualità e ciò grazie alla narrazione, al mito, ai riti e agli eventi storici. Così noi gettiamo frutti dal passato verso il futuro, tramandiamo il passato, valicando i limiti generazionali grazie a racconti, ossia narrazioni che entrano nel nostro immaginario collettivo, gesta di atleti e altri personaggi. Allorsa anche i prossimi Europei, possiamo esserne sicuri, saranno un'altra meravigliosa e avvincente narrazione.

Per concludere, il tempo crea la storia e ci rende racconto, conferendo valore ad eventi, costruendo indentità, creando nessi e gettando ponti tra passato e futuro.

 

Illustrazione: Thomas Hemy, "The corner kick", 1895 (olio su tela), Sunderland, Stadium of Light (fonte: Wikimedia Commons)




Aggiunto il 11/06/2024 19:39 da Alessandro Montagna

Argomento: Antropologia filosofica

Autore: Alessandro Montagna



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