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Figli di Erasmo e nipoti di Lutero: l'era assiale da cui proveniamo

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Un’era assiale è un periodo di passaggio - non necessariamente progressivo, nonostante l’idea stessa di “era assiale” sia stata concepita e intonata da Karl Jaspers con riferimento a un salto di qualità degli umani nell’autocoscienza di sé - da una determinata coincidenza identitaria (una comunità associata a una cultura, o una società associata a un’ideologia; nel secondo caso, si tratta di una coincidenza alienante, poiché a identità debole o nulla) a una differente coincidenza identitaria. In tali fasi di passaggio, personalità in vario modo dissidenti possono incidere sul successivo corso degli eventi più di quanto non possano nelle fasi in cui l’identità dominante è ben salda.

 

Alcuni esempi: in Italia, tra medioevo e modernità, abbiamo visto all’opera  - nel corso di quattro secoli - personalità decisive quali Francesco d’Assisi, Tommaso d’Aquino, Dante Alighieri, Leonardo, Galileo. Fuori dall’Italia, il passaggio dal feudalesimo all’era industriale è stato segnato dal pensiero e dall’attività di diverse figure straordinarie - ma non per questo tutte necessariamente non controverse e non (da certi punti di vista) regressive - quali ad esempio, in un arco temporale di circa un secolo e mezzo, Erasmo, Copernico, Lutero, Calvino, Bacone, Shakespeare, Cartesio. Il precedente passaggio dall’antichità classica ai “secoli bui” era stato invece segnato dal pensiero e dall’azione di Platone (nato nel V secolo a.C.), Aristotele, Alessandro Magno, Seneca, Gesù, Marco Aurelio, Agostino (nato nel IV secolo d.C.).

 

L’idea stessa di “era assiale” presta facilmente il fianco alle critiche: non solo non ha alcun senso presupporre che in questi cambiamenti vi debba essere necessariamente un progresso generale nei valori e nell’autocoscienza dell’umanità (non vi è nessun motivo di credere che gli umani di oggi siano da questo punto di vista più evoluti di quelli di ventimila anni orsono: ci sono stati i Gandhi e ci sono stati gli Hitler, c’è stato chi costruiva e chi distruggeva), ma l’estensione temporale stessa di tali epoche (tra Platone e Agostino intercorrono quasi ottocento anni; il modello originale, presentato da Jaspers nel suo Origine e senso della storia del 1949, identificava una fase leggermente meno lunga, ma ad ogni modo lunghissima - perché compresa tra il IX e il III secolo a.C. - in cui le fondamenta spirituali dell’autocoscienza dell’umanità sarebbero state gettate “simultaneamente” e fra loro indipendentemente in India, Cina, Iran, Grecia, nei regni di Israele e di Giuda) fa sorgere il dubbio che tali passaggi rappresentino molto più la regola che l’eccezione e che le poche personalità straordinarie e decisive vengano scelte tra le tante in modo da far funzionare il modello di evoluzione storica e valoriale che si è precedentemente (del tutto legittimamente) adottato. 

 

Adottando dunque con estrema cautela e in modo decisamente limitato questo tipo di approccio, vengo al tema centrale della mia breve riflessione. Il Cristianesimo è, in termini numerici, la maggiore religione del mondo, contando 2,1 miliardi di aderenti; l'Islam è la seconda, contandone 1,8 miliardi; ma, come confessioni, il sunnismo (1,6 miliardi) supera il cattolicesimo (1,2 miliardi). Al di là della loro vicinanza nei numeri, i quali contano fino a un certo punto, esiste fra queste due religioni monoteistiche - e fra le due civiltà che sono state da tali religioni fortemente influenzate - un’analogia a mio modo di vedere più interessante: così come la civiltà araba odierna si divide in due grandi gruppi, la civiltà occidentale di oggi si divide a mio modo di vedere in figli di Erasmo e nipoti di Lutero.

 

Ora, perché a qualcuno non paia senza fondamento la mia pretesa al titolo di dea, drizzate le orecchie e ascoltate di quanta utilità io sia agli Dèi e agli uomini, e quanto si estenda il mio potere. Se, infatti, non senza saggezza qualcuno ha scritto che essere un dio proprio questo significa: giovare ai mortali; se a buon diritto sono stati accolti nel consesso degli Dèi coloro ai quali i mortali debbono il vino, il grano, e simili beni; perché io non dovrei a buon diritto essere ritenuta e proclamata l’alfa degli Dèi, dal momento che io, io sola, sono a tutti prodiga di tutto?

lnnanzitutto, che cosa può esserci di più dolce e prezioso della vita? Ma a chi, se non a me, riportarne la desiderata origine? Non l’asta di Pallade dal padre possente, né l’egida di Giove adunatore di nembi, generano e propagano la stirpe umana. Lo stesso padre degli Dèi e re degli uomini, al cui cenno trema l’Olimpo intero, quando vuol fare quello che poi fa sempre, e cioè generare dei figli, deve deporre quel suo famoso fulmine a tre punte, deve spogliarsi del titanico sembiante con cui spaventa a suo piacimento tutti gli Dèi, e, come un povero commediante qualsiasi, deve assumere la maschera di un altro personaggio. Quanto agli stoici che si credono così vicini agli Dèi, datemene uno che sia stoico magari tre o quattro volte, o, se volete, stoico mille volte! Anche lui dovrà deporre, se non la barba che è l’insegna della sapienza (comune, a dir il vero, con i caproni), certamente il suo sussiego. Dovrà spianare la fronte, mettere da parte i suoi princìpi adamantini, e abbandonarsi un poco a qualche leggerezza e follia. Se vuole davvero diventare padre, insomma, anche quel saggio deve chiamare me, proprio me.

 

L’Elogio della follia (1509) di Erasmo non lascia dubbi, al di là della sua evidente concezione satirica, sulla diffusione - e sull’importanza per la nostra vita - della follia stessa tra noi umani. Certamente sarebbe una gelida sciagura se al mondo non vi fosse altro che saggezza; ma questo non significa che la follia debba averla vinta tanto facilmente.

Guardando alle cose da un punto di vista quantitativo, si direbbe che essa stia vincendo: nel mondo dello spirito, tra i nipoti di Lutero vi sono infatti molti folli - ossia i calvinisti praticanti, nelle loro innumerevoli declinazioni - e pochi saggi, ossia i “liberi pensatori” o “spiriti critici”; anche tra i figli spirituali di Erasmo vi sono molti folli - i cattolici praticanti - e pochi saggi, ovvero gli umanisti completi, perché dotati anche di una cultura scientifica. Naturalmente, parlando dei calvinisti praticanti mi riferisco qui alla follia insita nel loro comune atteggiamento spirituale, non certo alle loro qualità individuali - e lo stesso va detto per i cattolici praticanti. Dunque, non se ne può fare una questione di numeri; il punto di vista che veramente conta è quello qualitativo: qual è, allora, il senso della divisione tra “nipoti di Lutero” e “figli di Erasmo”? E in che modo la saggezza può prendersi una rivincita, per terminare la partita almeno in parità?

La scissione in due grandi rami del tronco comune della nostra civiltà avvenne su un punto decisivo, quello della libertà. Fu sul suo valore che si scontrarono tra il 1524 (Sul libero arbitrio, del primo) e il 1525 (Servo arbitrio, del secondo) Erasmo e Lutero; il legame di tale scontro con la nascita del mondo moderno è stato colto da molti, fra cui il saggio saggista e narratore italiano, Claudio Magris:

 

Il confronto tra i due [Lutero ed Erasmo], culturalmente e antropologicamente così diversi, è un momento centrale nello scontro epocale che vede nascere e crescere la riforma protestante e - grazie ad essa, alla risposta cattolica e a un nuovo rapporto con il retaggio della civiltà classica - lo stesso mondo moderno.

In modi diversi e antitetici, Erasmo e Lutero tengono quest’ultimo a battesimo e vengono travolti dal suo impetuoso e demonico sviluppo, che tende a sbarazzarsi dei valori che gli hanno permesso di nascere. Se lo spirito erasmiano di ricerca, laico e tollerante, è uno degli ideali di cui si fregia la modernità, essa distrugge la saggezza umanistica e l’equilibrio che Erasmo deriva dalla civiltà classica e dal suo connubio col cristianesimo; nella nuova Europa non ci sarà posto per l’ideale classico di saggezza. Un processo di secolarizzazione sempre più diffusa, tipico prodotto di quel mondo moderno impensabile senza il protestantesimo, porrà sempre più in crisi la religiosità luterana e la sua assolutezza, mentre la conciliazione erasmiana tra fede, ragione e sapere finirà per dissolvere [...] le verità religiose in un possibilismo apparentemente liberale in cui la tolleranza è spesso il volto assunto dall’indifferenza. [...] la sconfitta, almeno parziale, di Erasmo e Lutero è un segno della perenne vitalità della loro contesa, perché un grande pensiero continua ad animare le coscienze e la realtà solo finché non è stato accettato e quindi, in certo modo, fatalmente integrato e neutralizzato dal mondo e continua dunque a contrapporre alla realtà, alle cose così come sono, le cose così come dovrebbero essere. (Erasmo e Lutero: libero o servo arbitrio, 1995)

 

Tra il protestantesimo e la civiltà capitalistica intercorre una relazione - brillantemente svelata da Max Weber nel suo Etica protestante e spirito del capitalismo (1904/1905) - analoga a quella tra il cattolicesimo e il feudalesimo: quest’ultima coppia, di cui Carlo Magno fu uno dei maggiori protagonisti, è stata nel mondo moderno gradualmente spodestata, per l’appunto, dalla coppia protestantesimo-capitalismo, saldatasi nello spirito di Calvino, ossia in un folle spirito servo che a un tempo coronò e tradì quello di Lutero. Lo spirito libero di Erasmo, oggi apparentemente perdente - ma sempre vivo e ben resistente nella controcultura occidentale - ha invece preservato e tramandato nella modernità il pensiero umanistico saggiamente disincantato ed equilibrato, tipico di quella parte del mondo occidentale che, pur avendo adottato per forza di cose o per debolezza propria un modello di tipo liberaldemocratico e capitalistico - fondato sull’industria, sulla finanza e sulla partitocrazia - del capitalismo protestante non ha mai fatto propri i dogmi, quali ad esempio il liberismo, il progressismo, il democraticismo, lo scientismo, l’economicismo, il culto della tecnica, l’etica del successo, il riduzionismo materialistico.

Quella tra figli di Erasmo e nipoti di Lutero (perché figli di Calvino - anche se i migliori fra essi sono inconsapevolmente più legati al nonno che al padre) è una suddivisione che non va intesa in senso rigidamente letterale, ma neanche in un senso troppo fluido e metaforico; da una parte, infatti, essa non corrisponde esattamente alla suddivisione geopolitica tra Europa del Nord ed Europa del Sud, bensì - almeno in parte - la attraversa: figli di Erasmo come Thomas Mann sono nati al Nord, nipoti di Lutero come Antonio Gramsci (ecco uno di quelli più legati al nonno che al padre) sono nati al Sud. Certamente non si può, d’altra parte, non osservare come i tantissimi emuli di celebri figli di Calvino come Hegel, Benjamin Franklin, Adam Smith siano in massima parte occidentali “nordici”, mentre quelli di splendidi figli d’Erasmo quali Giordano Bruno, Benedetto Croce, Giuseppe Mazzini siano in grande maggioranza occidentali “meridionali”. Inoltre, nei nipoti di Lutero nati al Sud si ritrova sempre una certa dose di spirito erasmiano, così come nei figli di Erasmo nati al Nord c’è sempre una discreta dose di spirito luterano o calvinista - del resto, il loro papà era di Rotterdam.

Mentre la coincidenza di una cultura e di una comunità è sempre un’identità repubblicana, ossia una comunità organica, le varie unioni tra un’ideologia e una società mostrano sempre un’alienazione totalitaria, consistendo in un sistema sociale. Per lunghi periodi, il feudalesimo cattolico rappresentò non un organismo repubblicano, bensì un sistema totalitario, contro il quale si batterono persone straordinarie come Francesco d’Assisi, il quale non rinunciò mai a tentare di far rivivere lo “spirito di Gesù”; allo stesso modo, se non manteniamo oggi sempre vivo e operante lo spirito umanista di Erasmo, il protestantesimo capitalistico di matrice calvinista non può far altro che degenerare - ed è in effetti quello che è in buona parte accaduto, a partire da alcuni aspetti del liberalismo classico e via via sempre peggio, con il positivismo deterministico e meccanicistico, il darwinismo sociale, il neoliberalismo digitale dell’”era tecnologica”, con l’industrializzazione violenta, il neocolonialismo e la demagogia neoliberale anticomunista - in un alienante totalitarismo del lavoro, della crescita economica e del consumo.

Solo pensatori completi, di grande spessore umanistico - e che, saggiamente, non si limitano al pensiero, unendolo invece all’impegno concreto - come sono stati ad esempio Herder e Rousseau con il loro romanticismo, Marx ed Engels con il loro comunismo, Bergson e Nietzsche con il loro vitalismo, Leopardi e Thomas Mann con il loro scetticismo disincantato, Mazzini e Kant con il loro idealismo politicamente militante - solo pensatori di questa caratura possono oggi, ispirati dallo spirito di Erasmo e dalla fiducia nel valore della libertà, disinnescare l’alienazione prodotta da tale totalitarismo economicistico, naturalmente agendo in stretta alleanza con personalità e movimenti politici che si muovano nella stessa direzione. Tra i filosofi politici che più radicalmente hanno combattuto lo spirito servo, spicca senza dubbio Karl Marx. Certo, egli fu in parte vittima dei condizionamenti ideologici propri della sua epoca; fu un pensatore eccezionale e un uomo libero, ma il suo percorso filosofico risentì dell’eredità hegeliana; fu, insomma, figlio ribelle di entrambi i padri - Calvino ed Erasmo. Neanche Francesco d’Assisi, nel combattere il totalitarismo precedente, era riuscito a emanciparsi del tutto dal pensiero ai suoi tempi dominante. Entrambi fecero però, nelle condizioni oggettive in cui si trovavano, il meglio possibile - e pagarono un carissimo prezzo personale per le loro lotte. Non si tratta dunque, oggi, di concentrarci sui limiti di Marx, ma di ammirare la sua eroica grandezza: solo così potremo rinnovare le sue battaglie, le quali a buon diritto - come quelle di Francesco d’Assisi e nonostante Marx stesso probabilmente non avrebbe approvato - vanno definite spirituali. Naturalmente questo non vuol dire limitarsi a riflettere sul solo pensiero marxiano, bensì impiegarlo come un faro morale capace di illuminare il percorso intellettuale di altri grandi figli di Erasmo - quelli già venuti e quelli a venire. 




Aggiunto il 26/05/2020 18:15 da Alberto Cassone

Argomento: Filosofia delle idee

Autore: Alberto Cassone



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