Filone di Alessandria pone le basi per l’incontro simbolico tra Gerusalemme ed Atene[1]. A partire dal I secolo a.C. diventa dominante il tentativo di interpretazione religiosa delle dottrine greche e di accordarle con le credenze orientali. Filone cerca di conciliare la rivelazione biblica con la filosofia greca, in particolare con il Timeo di Platone. Egli approda per primo, anche se con qualche incertezza, alla nozione di un Dio unico e creatore.[2] La particolarità del suo pensiero risiede nel fatto che egli da un lato si riferisce alla cultura giudaica e dall’altro alla tradizione greca. Fu il massimo esponente della comunità ebraica e guidò una spedizione a Roma presso Caligola, come egli stesso riportava in alcuni suoi scritti. Filone scrisse molte opere, ben 36. La sua produzione fu molto vasta: troviamo opere a carattere esegetico, dove egli interpretava in modo allegorico la Bibbia ed altre in cui si occupava di temi riguardanti la filosofia e altre opere, invece, sono a carattere storico. Filone si sofferma sulla Creazione del mondo in De opificio mundi e colloca l’opera tra quelle a carattere esegetico, ma si prefigge come compito quello di restituire una lettura filosofica delle leggi di Mosé. L’opera non era indirizzata solo a coloro che erano di fede giudaica, ma anche ai greci che abitavano Alessandria d’Egitto in età ellenistica.
In De opificio mundi l’esegeta interpreta il racconto della Genesi in cui viene narrata la Creazione del Mondo, paragonando allegoricamente la creazione del cosmo, per opera di Dio, al progetto di creazione di una città realizzato da un architetto. Il Dio-architetto filoniano, come il demiurgo platonico, organizza il caos sensibile dando forma all’universo. Tuttavia, in De opificio mundi Filone supera la concezione platonica, poiché il Dio filoniano non è il semplice demiurgo platonico ordinatore, ma è creatore dal nulla. Il Dio-architetto crea il mondo sensibile a immagine del mondo intelligibile. Come un architetto, il Dio-Creatore di Filone, crea prima una città noetica in cui sono contenute le idee come prototipi del reale. Secondo Filone, il mondo intelligibile coincide con il Lògos ed è interno allo stesso pensiero di Dio, l’unica forma di ciò che è esterno ad esso corrisponde al mondo sensibile, che altro non è che una copia del mondo intellegibile. Possiamo ritrovare nella visione di Filone la sintesi della prospettiva platonica ed aristotelica[3]. Dio, in quanto principio assoluto, è intelligenza che pensa agli intellegibili. Le idee non sono forme trascendenti o altre rispetto a Dio, ma sono “immanenti” al suo pensiero. Il passo in più di Filone rispetto a Platone, è che Dio crea il mondo intellegibile. Dio occupa un posto assolutamente trascendente poiché, ha creato prima il modello, e poi il mondo sensibile basandosi su questo modello. Come il demiurgo platonico, Dio crea il mondo perché è troppo buono, non può trattare il Bene solo per sé, perché altrimenti difetterebbe della bontà. Filone mettendo in correlazione Dio con il demiurgo platonico, accentua i caratteri della bontà e della non invidia anche nel demiurgo. Il demiurgo platonico crea perché è buono e dispende il suo bene nel mondo, perché non è invidioso; se non fosse così, non sarebbe un buon demiurgo. Essendo buono, fa il modo che il mondo sia il più bello e più ricco possibile e fa il massimo per la buona riuscita della sua opera. La differenza tra Filone e Platone sta nel fatto che il Dio filoniano è padre non solo del mondo sensibile, ma anche di quello intellegibile, poiché fu egli stesso a creare il modello.
[1] Cfr. Nicola Abbagnano e Giovanni Fornero, La filosofia dall’ellenismo alla scolastica Vol. 1, 2009, Pearson Paravia Bruno Mondadori spa, p.81.
[2] Cfr. ivi cit. p. 81.
[3] Cfr. ivi cit. p.82.
Aggiunto il 02/07/2020 18:20 da Arianna Di Leonardo
Argomento: Filosofia antica
Autore: Arianna Di Leonardo
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