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“Die Sache selbst” - Introduzione al concetto di “Cosa stessa” e al Gewissen nella Fenomenologia dello Spirito

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“La gemma scompare quando sboccia il fiore, e si potrebbe dire che ne viene confutata; allo stesso modo, quando sorge il frutto, il fiore viene, per così dire, denunciato come una falsa esistenza della pianta, e il frutto subentra al posto del fiore come sua verità”.[1]

 

Nel presente elaborato ci soffermeremo sulla ricostruzione dell’introduzione hegeliana del concetto di  Gewissen o “coscienziosità morale” in relazione al concetto di “Cosa stessa”, presente nella rilettura delle tre rispettive forme che la vita dello Spirito assume all’interno della grande opera sistematica, risalente al 1807: “ La Fenomenologia dello Spirito”.

Hegel, nel paragrafo intitolato “ Il confronto tra il Sé della Coscienza e i due Sé precedenti

( persona e mondo della cultura)”, riassume i tre tipi di sé incontrati durante lo sviluppo dell’opera: intendiamo la persona astratta, il sé immediato corrispondente al primo dei mondi dello spirito, ovvero l’eticità; la figura del cittadino rivoluzionario, il sé che nega immediatamente se stesso nella realtà ed ha per oggetto la volontà generale ( incapace di concretizzarsi e rendersi oggettiva in un mondo); infine la volontà morale, il sé della Coscienza, il quale si pone come elemento di mediazione tra i primi due. Il primo sé consiste nell’unità di universale e particolare, il secondo alla loro diretta opposizione e il terzo alla loro mediazione. È possibile rileggere il percorso dialettico dei tre sé del mondo spirituale alla luce della nozione di “ die Sache selbst” (“ cosa stessa”).

In un primo momento la cosa non era altro che una nozione astratta, priva di reale contenuto, senza legame con un tutto. Considerata in sé stessa, senza alcun legame con l’attuazione, essa è più vicina al nulla, ad un elemento senza vita: “[…]così come la tendenza è il mero impulso cui manca ancora la realtà”.[2] In un secondo momento, invece, essa viene ad indentificarsi con l’altro senso con cui si può intendere il termine, ovvero una coincidenza con un qualche autentico operato, con un’opera appartenente a tutti e a ciascuno, con una realtà tutta umana che prendeva il posto di una semplice “cosa trovata”, in quanto si tratta di un’opera della natura e non dell’agire concreto ed individuale. Nell’ambito dello spirito etico, quindi della persona astratta, la cosa assume una certa sostanzialità incarnandosi nelle figure della tre istituzioni concrete fondamentali, ossia la famiglia, la società civile, lo Stato; grazie al mondo della cultura, la cosa assume un’esistenza esterna, un’oggettivizzazione nelle forme del potere, dello Stato, della fede religiosa o della ricchezza; in ultima istanza, cioè nell’ambito della volontà morale, essa diviene definitivamente soggetto dotato della capacità di agire. Essa ottiene una soggettività nell’ultimo stadio dello spirito vero, soggettività negatagli prima ancora di accedere al mondo dello spirito, in cui essa era una semplice astrazione. Ovviamente, attenendoci  alla prassi dialettica e al movimento tipico dello spirito, suddiviso nella triade classica Tesi-Antitesi-Sintesi, i momenti che precedono l’ultimo non sono mai annullati. Essi sono negati nel secondo momento, ma parallelamente conservati ed elevati ad un livello superiore. Ci riferiamo alla cosiddetta “Aufhebung”, in cui tutte le determinazioni molteplici sono congiunte in un’unità superiore, sono sublimate. Dunque lo spirito è divenuto soggetto umano e non è più lui a dipendere da un universo fuori di sé, ma al contrario porta questo universo in sé stesso.

Stiamo avendo a che fare, quindi, con un soggetto morale del tutto autonomo, certo del proprio Sé e questa autonomia non è altro che espressione dell’essenza dell’intera corrente dell’Idealismo tedesco, come anche della stessa filosofia kantiana.

Occorre, tuttavia, prendere in considerazione quelle che sono le contraddizioni che affliggono in modo particolare il movimento antitetico della moralità, conosciuta anche come “Spirito certo di sé”, risolte da Hegel attraverso la formulazione del sé medesimo inteso come Gewissen. È infatti noto come nel sistema filosofico-speculativo kantiano si continui, in un certo senso, a restare fermi a ciò che Hegel ha chiaramente espresso nel suo primo postulato della Weltanschauung morale[3], ovvero la necessità di postulare un’armonia tra l’effettualità e il dovere puro, di cui è però consapevole di non poter ancora affermare la completa unificazione. Kant continua a sostenere l’indipendenza assoluta di una natura dotata di proprie leggi e di un volere puro che continua in questo modo a non poter essere mai reso effettuale. Lo spirito agente, di cui è nota l’esistenza, resta perciò in una sorta di Limbo, dal quale non riesce ad uscire a causa della sua impossibilità ad agire concretamente entro un mondo sensibile. La contraddizione potrà risolversi soltanto ponendo l’esistenza di un sé che riassume nella propria sostanza tanto il puro sapere, individuato da Hegel nel concetto di “Dovere puro”, quanto la coscienza singola. È questa unità del sé vivente che rappresenta la fase sintetica di tutta la dialettica dello spirito, uno spirito che non è più sostanza, ma è riflesso unicamente in sé stesso divenendo finalmente soggetto d’azione. L’antinomia kantiana, quanto quella hegeliana, verranno a risolversi soltanto in questo Sé inteso come Gewissen, come “coscienziosità”, come soggetto creatore della storia.

Come Hegel afferma nella Prefazione dell’opera: “Secondo il mio punto di vista, che dovrà giustificarsi unicamente mediante l’esposizione del sistema stesso, tutto dipende dal concepire ed esprimere il vero non tanto come sostanza, bensì propriamente come soggetto”.[4]


[1] G.W.F. Hegel, “La Fenomenologia dello Spirito”, a cura di V. Cicero, Bompiani, Milano 2005, p.51

[2] Ibidem

[3] Chiariamo che l’intera dialettica della Weltanschauung morale o Concezione morale del mondo è articolata da Hegel in tre postulati fondamentali, sulla base della Teoria dei Postulati Pratici kantiani, espressa nella Critica della Ragion Pratica, in particolare nella sezione intitolata “Dialettica della Ragion Pura Pratica”.

[4] G.W.F. Hegel, op. cit., p. 67





Aggiunto il 16/11/2017 15:22 da Serena Canè

Argomento: Filosofia morale

Autore: Serena Canè



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