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Bachelard, ovvero il filosofo che “va a lezione” dal letterato

Bachelard, ovvero il filosofo che “va a lezione” dal letterato

Alessandro Montagna, dottore in Filosofia presso l’Università di Pavia e professore di Filosofia presso Unitre Pavia

 

Nelle opere in cui vengono condotti studi sull’immaginario, Gaston Bachelard (1884 – 1962) dimostra l’importanza rivestita dalla letteratura in generale e della poesia in particolare riguardo ad una ricerca sulle fonti del fenomeno in questione. Per avere un’idea, queste opere, composte tra il 1932 e il 1961 sono: L’intuizione dell’istante. La psicanalisi del fuoco, Lautréamont, Psicanalisi delle acque, Psicanalisi dell’aria, La terra e i sogni della volontà, La terra e i sogni del riposo, La poetica dello spazio, La poetica della rêverie, La fiamma di una candela, Il poeta solitario della rêverie, Il diritto di sognare.

In un mio recente volume intitolato La filosofia presente nella letteratura italiana ed edito da Eidon mettevo in evidenza l’influenza della filosofia nel campo della letteratura. Con Bachelard, al contrario, assistiamo al riferimento letterario nella filosofia. Il filosofo in questione era solito, infatti, spaziare tra vari ambiti e questo suo eclettismo culturale lo rende un filosofo veramente contemporaneo e sempre attuale nel suo pensiero. Egli, infatti, fa propria la raccomandazione di interdisciplinarietà di Edgar Morin, nonché propugnata della teoria ecologica o olistica delle spiegazioni culturali (si pensi, ad esempio, alle ricerche condotte dall’epistemologo e pedagogista Mauro Ceruti).

Bachelard è convinto che il poeta sia capace di trasmettere significati molto più profondi riguardo all’immaginario e alle visioni archetipiche dell’essere umano, sia nell’accezione strutturale (comune base di pensiero), il che avvicina il filosofo francese allo strutturalismo (in specie quello di Roger Caillois) sia anche, come una vichiana concezione della poesia come forma positiva di scrittura in sintonia con una prima tipologia ancestrale di comunicazione.

La sua peculiare concezione fenomenologica si intreccia con il suo amore verso la poesia, generando la “fenomenologia del poetico”, intesa come puro aderire ai fenomeni da considerare nel suo caso, ossia quelli del vissuto e delle tematiche dell’esistenza. Nel progetto di Bachelard si vuole dimostrare la potenza invisibile dell’immaginario e per condurre una simile ricerca non sono di grande aiuto né la filosofia tradizionale, né la psicoanalisi, bensì la letteratura.

L’immagine poetica è la prima essenza che viene a ritrovarsi, e la sua apparizione è addirittura anteriore al pensiero e alla parola (il linguaggio). Essa è il fenomeno puro, il quale sfugge alla causalità, nonché ad una spiegazione logica, ma va ad investire cuore, anima ed essere autentico. Talvolta, infatti, dinnanzi ad uno spettacolo magnifico o di fronte a forti emozioni sembrano mancare le parole: “l’emozione non ha voce” come canta Celentano.

Il considerevole numero di autori della poesia enucleati da Bachelard come modello per i suoi trattati (spesso appartenenti alla letteratura a lui più nota, ossia quella francese) annovera diversi personaggi: Rilke, Baudelaire, Milosz, Rimbaud, Lautréamont, Eluard, Valery solo per citarne alcuni.

Egli si rivolge ai filosofi e, in modo accorato, suggerisce loro di ascoltare e comprendere il messaggio dei poeti. A volte l’esortazione si fa più accentuata: “Ah! Quanto avrebbero da imparare i filosofi se si risolvessero a leggere i poeti!” (G. Bachelard, La poetica dello spazio, Dedalo, Bari 2006, p. 243).

Bachelard si dimostra critico dinnanzi al ricorso alla metafora, spesso utilizzata da taluni filosofi, primi fra tutti Bergson e Blumemberg. Egli ritiene che essa, a differenza dell’immagine poetica, sia artificiale e distaccata dalla poeticità e dalla profondità della seconda.

La funzione salvifica della poesia si manifesta in diversi punti della disamina bachelardiana sull’immaginario e sulla rêverie. La sublimazione degli eventi è cosa propria alla poesia, la quale possiede una sorta di felicità connaturata come Bachelard ha modo di evidenziare nell’Introduzione a La poetica dello spazio. A tal proposito, Bachelard afferma che la poesia genera calma ed è anche capace di risolvere il dolore in qualcosa di più sopportabile se non addirittura di affascinante e sublime poeticità. La poesia risulta allora l’espressione della libertà e sembra in grado di assolvere al compito di essere eternatrice di narrazione come teorizzato da Proust, la quale affonda le sue origini addirittura nella preghiera alle Muse custodi dei ricordi nell’epica greca, “culla” culturale della letteratura d’Occidente.

In questo terreno di confronto tra filosofia e letteratura emerge anche una via concreta da intraprendere, ossia  una filosofia che aspiri all’analisi dell’aggettivo, ossia dell’affettività anziché del più comune sostantivo.

© 2013 Alessandro Montagna




Aggiunto il 16/08/2013 10:41 da Alessandro Montagna

Argomento: Filosofia contemporanea

Autore: Alessandro Montagna



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