Il pensiero di Georg Wilhelm Friedrich Hegel (1770-1831) viene comunemente e giustamente considerato dagli studiosi della storia della filosofia come l'architrave portante nella costruzione dell'intero arco d'orizzonte ideologico della contemporaneità occidentale. L'influenza che esso ebbe lungo l'intero XIX secolo è pari forse solamente a quella del suo più deciso oppositore, Karl Marx. L'influsso che esso ha avuto lungo l'intero secolo XX è successivamente dimostrato dalla ripresa (positiva o negativa) del suo impianto schematico e strutturale, da parte delle diverse scuole filosofiche che hanno attraversato il secolo delle due guerre mondiali (fenomenologia, esistenzialismo, epistemologia, ermeneutica). Tutt'ora la sua impostazione sembra avanzare delle richieste e delle pretese nascoste, nella costruzione del mondo della globalizzazione economica e politica. Per questa ragione analizzarne modalità genetiche e strutture di articolazione diventa importante, per valutarne l'efficacia nella guida intellettuale e morale dell'umanità intera. O al contrario per tentare di indicarne la necessità e la possibilità concreta di una fuoriuscita.
Compito ed obiettivo di questo lavoro di sintesi della speculazione hegeliana è mostrare la presenza in esso di due fasi e momenti distinti, l'uno opposto e successivo all'altro: il primo, legato alla cosiddetta produzione degliscritti teologici giovanili; il secondo – con effetti decisivi per l'identificazione dell'intero e completo sistema speculativo hegeliano – comprendente opere capitali come laFenomenologia dello Spirito e l'Enciclopedia delle scienze filosofiche. Se nel primo momento della propria speculazione Hegel pare riattingere, quale fulcro profondo ed elevato del proprio pensiero, quel principio dell'infinito creativo e doppiamente dialettico, che aveva aperto la storia della filosofia occidentale (con la filosofia degli Jonici e dei successivi autori naturalisti), e che era stato poi occultato dalla coppia Platone – Aristotele, per essere poi consegnato alla passionale ripresa effettuata dalla riflessione di Giordano Bruno all'inizio della modernità, e che era stato a propria volta di nuovo consegnato all'oblio nascosto e sotterraneo di ogni successiva proposta rivoluzionaria sino all'emergere della Rivoluzione Francese, il secondo momento della speculazione hegeliana pare negare in radice la vitalità e l'aperta razionalità intellettuale di questo principio, attraverso il suo capovolgimento astratto e separato. L'Hegel della maturità abbandona i propri ideali rivoluzionari e romantici e comincia a costruire l'edificio ideologico, che renderà compatibili e compossibili l'elemento tradizionale ed assolutistico della forma soggettiva e quello razionale ed illuministico del contenuto oggettivo e concreto, in tal modo effettuando una sintesi delle posizioni fichtiane e kantiane (in funzione anti-schellinghiana). Non avrà dunque torto Karl Marx quando, seguendo le riflessioni critiche proposte da Ludwig Feuerbach, accuserà il filosofo di Stoccarda di essere un filosofo della “reazione”, avendo capovolto e rovesciato il mondo reale e concreto nel proprio principio, per edificarlo a partire da una “testa” alienata, costituita dall'astratto e separato del reale, dalla sua potenza produttiva (con ciò praticando una critica in stile hegeliano alla stessa impostazione dell'idealismo assoluto).
La trattazione sistematica ed in sunto della filosofia hegeliana porterà dunque alla luce gli snodi essenziali del passaggio dalla sua prima alla seconda fase, mostrando in controluce le possibili critiche che la ripresa di una posizione creativo-dialettica dell'infinito naturale e razionale poteva e può tutt'ora avanzare contro l'impostazione globale hegeliana.
Aggiunto il 03/04/2012 19:42 da Stefano Ulliana
Argomento: Storia della Filosofia
Autore: Ulliana Stefano