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L'unità della persona in Zubiri

Introduzione

In una società abbattuta dalle due guerre mondiali, la visione dell’uomo e di Dio è diventata alquanto negativa. Il Neopositivismo ha dichiarato come non sensi i concetti di Dio e di anima; il comunismo ha portato al declino di Dio, della stessa religione, nonché la stessa eliminazione dell’individualità umana; lo scientismo ha portato al declino dell’uomo. Non solo il detto Nietzschiano “Cerco Dio!” e il conseguente “Dio è morto!”, ma anche “cerco l’uomo!” e “l’uomo è morto!” di Dionigi che si rivela molto attuale.

Solo alcune correnti hanno salvaguardato l’importanza di Dio e dell’uomo. Il Personalismo cristiano, diffuso in Europa e negli USA, ha rivalutato la libertà e la socialità umana, ha restituito Dio alla sua trascendenza ed eternità; la Fenomenologia ha salvaguardato il fulcro del mondo, l’uomo; lo stesso realismo metafisico ha salvato l’identità umana e divina.

È in queste circostanze che Zubiri (San Sebastian nel 1898- Madrid nel 1983) volle sviluppare la sua filosofia e la sua teologia. Nel credente Zubiri, Dio ritorna alla propria trascendenza biblica, e l’uomo recupera la sua completezza, la sua unità, la sua personalità.

 

 

 

1. L’unità sistematica dell’uomo

La visione Zubiriana dell’uomo, è in netto contrasto con la riduzione materialistica-scientista e con la visione dell’uomo come parti. Per Zubiri, l’uomo non può in nessun modo essere ridotto a sola materia o solo linguaggio, o essere addirittura ridotto a semplici parti, ma è molto di più. Per Zubiri, l’uomo è un’ unità strutturale vivente di realtà. L’uomo non si riduce a parti, ma è un’unità, un intero che può essere solo analizzato nelle sue parti grazie all’astrazione.

A sua volta, le realtà che compongono l’uomo hanno delle unità strutturali: nulla nell’uomo ha un carattere individuale, nessuna parte esiste di per sé o in sé, ma è frutto di un’unità che le da una consistenza all’interno dell’essere umano.

Le realtà che compongono quest’unità sono: psico-somatiche, senzienti e personali.

1.1: Realtà psico-somatiche e senzienti

L’uomo è un sistema psico-organico senziente. Ogni organo è funzionale alla propria funzione e il sub-sistema psico-fisico ne garantisce la sua funzionalità e vita. Ma l’uomo non è solo un animale, non si limita solo a vivere, ma, come elementariamente anche i mammiferi, l’uomo vuole capire, vuole conoscere, vuole diventare senziente. Quindi, a partire dal sub sistema psico-somatico, l’uomo può iniziare il percorso verso la conoscenza senziente.

1.1.1. Il corpo e la psiche

L’uomo è un sistema di sostantività superiore all’animale, anche se per molti caratteri (note), l’uomo risulta avere lo stesso sub-sistema di realtà psico-fisiche presente negli animali.

La realtà psico-fisica umana, dunque,  è analoga a quella animale, in quanto concerne le facoltà basiche come quella vegetativa e quella sensitiva che sono le sedi della vita. La vita è ciò che accomuna tutti gli esseri viventi, come animali e piante, e questa è il principio indispensabile a cui ogni organismo non può rinunciare per essere. Infatti solo alla morte, alla cessazione della vita, l’animale non è più, perde il suo essere.

“La función animal es intrínseca y unitariamente función sensitivo-vegetativa. Es una unidad estructural. […] la morfogénesis produce genéticamente en la psique sus ‘facultades vegetativas’ y sus ‘facultades sensitivas.’” [SH 499]

Ora analizziamo più in profondità la seguente citazione.

In un contesto dove la scienza rifiutava la filosofia (neopositivisti e filosofia analitica) e dove la filosofia procedeva in modo a-scientifico (personalismo, esistenzialismo), Zubiri, pone una base scientifica alla stessa filosofia per renderla più fondata e competitiva rispetto alle restanti teorie umaniste.

Come poco succede, Zubiri analizza il fenomeno psichico sensitivo già alla sua genesi fetale. È già a livello embrionale che nell’animale, e specificamente nell’uomo, iniziano a formarsi la psiche e il corpo con le loro rispettive facoltà.

La facoltà vegetativa, presente anche nel rango più basso della vita, nelle piante, è ciò che garantisce le funzioni vitali come l’alimentazione, la respirazione e la crescita. Da subito il feto sviluppa la capacità di crescita e di cambiamento formale, seppur tuttavia la respirazione e l’alimentazione diventano funzionali solo dopo la nascita. Infatti un feto respira e si alimenta in un modo dipendente, e non indipendente come avverrà dalla nascita. Per indipendente si intende ingerimento del cibo e respirazione indipendenti dal cordone ombelicale.

Anche la morfogenesi somatica inizia nel feto, infatti le parti corporee si formano, come gli occhi, le orecchie, la bocca, il naso, gli organi interni, i muscoli e la pelle, che saranno funzionali alla nascita per svolgere le mansioni vitali e senzienti.

L’animalità umana si genera all’interno dell’utero materno, ma sarà funzionale e indipendente solo dopo il parto, e diventerà cosciente solo nella fanciullezza.

Dunque, il sub-sistema psico-fisico deve avere un ulteriore spiegazione che lo rende originale rispetto a molti altri pensatori. Innanzitutto, per psiche non si intende volgarmente l’anima, ossia ciò che è separato dal corpo; per psiche si intende un composto sostantivo presente all’interno del corpo che svolge le facoltà primarie dell’essere umano, e degli animali in generale. Proprio in questa unità intrinseca dei due elementi, e soprattutto nella loro incompletezza, in quanto sub-sistemi, consiste l’originalità del pensiero Zubiriano. In lui non esistono parti, e soprattutto non esistono facoltà separate, ma tutte si combinano in un’ unità strutturale, sistematica e funzionale. Il sub-sistema psico-organico è inseparabile, perché la vita non ci potrebbe essere senza una sostantività materiale che la manterrebbe. Un po’ è il concetto del sinolo aristotelico, composto di materia e forma, se si togliesse la forma, non ci sarebbe più il sinolo.

1.1.2. L’essere senziente

L’essere umano non è solo corpo, ma, in più degli altri animali, ha la capacità di apprendere.

“ Si a esta aprehensión sentiente y intelectiva la llamamos […] nous, entonces habremos de distinguir en ella tres momentos, el intelectivo o noético, el de realidad o noemático y el momento de fuerza impositiva de actualización o noérgico”. [Voluntad de Verdad, 213]

Noi ci concentreremo sul momento noético, in quanto è propriamente ciò che ha a che fare con la facoltà conoscitiva umana. Infatti l’atto noemático non è altro che l’attualizzazione della cosa nell’intelligenza senziente, mentre quello noérgico, il momento più importante nel pensiero zubiriano, è la forma stessa dell’apprensione, è il momento dell’imposizione ratificante di verità[1] e non solo una dimensione come la noesis.

Il momento noetico o intellettivo è l’unità di attualizzazione del reale nell’intelligenza senziente. Quest’ultima è ciò che a noi interessa principalmente. Infatti l’intelligenza senziente è l’unità di due potenze: la potenza di intelligire e la potenza di sentire. Di per sé sono irriducibili l’una all’altra, ma costitutivamente in atto sono impossibili da separare. Infatti, la prima potenza è ciò che costituisce l’intelligenza, l’apprensione della realtà, ma senza la sensazione che percepisce la realtà non ci può essere l’intelligenza.

In conclusione, il momento noetico è la facoltà dell’intelligenza senziente che a sua volta è l’unità della potenza di sentire e della potenza di intelligire.

1.2: Realtà personali

L’unità personale delle realtà è più complesso rispetto a quelle strutturali proprie dell’essere umano.

Qua cercheremo, attraverso il metodo astrattivo, di mostrare i componenti dell’unità strutturale dell’uomo personale. Possiamo evidenziare tre principali unità o dimensioni:  individuale, sociale e storica; a queste si aggiunge una quarta dimensione: morale.

1.2.1. Dimensione individuale

La dimensione individuale non è qualcosa di puramente umano, ma si estende a tutta la realtà. Infatti l’individualità ha come concetto sottointeso la differenza: ogni cosa è diversa dalle altre. Tuttavia la diversità umana si configura non solo nella diversità, ma anche nella personeidad e nella personalidad.

“La individualidad (diferencia) es la determinación del ser humano por la diversidad filética, especifica. […] El ser humano tiene una configuración, es mi configura de ser ab-soluto. Pero como soy realidad filética, mi figura es la de una íntima y irrefragable individualidad diferencial.” [SH 192]

 

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, Zubiri tiene molto a cuore introdurre elementi scientifici nella sua analisi filosofica. L’uomo di per sé, come un animale, è diverso l’uno dall’altro già a livello biologico-genetico. Ognuno assume una caratteristica individuale, assoluta, già nell’utero materno, in quanto vi è l’unione dei geni materni con quelli paterni, e un ulteriore sviluppo a livello stesso dell’embrione, che lo rende diverso da tutti gli altri. Già alla fase embrionale si può iniziare a evidenziare il carattere di assolutezza del feto. Il concetto di assolutezza, non è usato nel senso teologico e neppure nel senso strettamente letterale (libero, indipendente), ma contestualizzato si riferisce al carattere unico di ogni essere umano, dunque individuo. A livello filosofico lo sviluppa come una diversità, alterità dall’altro, visibile già a livello fisico. Per quanto ci possano essere due persone simili, non saranno mai completamente uguali. Nel caso di due gemelli siamesi, tutti sono portati a dirli uguali; ma questa visione è superficiale. L’assolutezza, l’individualità, e dunque la differenza, sta anche in loro. Probabilmente a prima vista possono sembrare simili, come ci sembrano simili due pastori tedeschi, o due gatti siamesi, ma questo perché noi ci fissiamo solo su un dato puramente somatico. L’assolutezza umana si da invece in tutto il complesso psico-somatico. Ogni uomo è geneticamente, somaticamente e psichicamente diverso. Nessun uomo pensa allo stesso modo, produce le medesime cose, o ha dei sentimenti uguali agli altri. In questa diversità consiste l’individualità umana.

Ritornando ai concetti citati all’inizio di questo paragrafo (personeidad e personalidad) possiamo dire la loro elevata assolutezza. Qua sorge spontaneo chiedersi: cosa significano questi concetti? Per Zubiri, la personeidad è il carattere strutturale della persona, e quest’ultimo è il presupposto di tutto il sistema. La personalidad invece è il punto di arrivo della persona umana. Questo è ciò che la persona diventa in un lungo cammino fino alla morte. Solo all’ultimo istante si potrà dunque capire quale sia la nostra personalidad. La differenza essenziale dunque è che la prima è presente dalla fecondazione alla morte, la seconda è presente in potenza, ma solo alla fine della vita sarà in atto.

Dunque l’individualità, l’assolutezza umana è propriamente espressa sia nella personeidad differente in ogni individuo come detto, che nella personalidad che è il frutto della vita intera.

 

1.2.2. Dimensione sociale

 “La sociedad no es un grupo de convivencia estimúlica, animal, porque la convivencia social es resultado de una actividad psico-orgánica abierta a la realidad.” [SH 194]

Zubiri pone subito in rilievo la distinzione tra tre tipi di associazione: tra animali, tra uomo e animali, e tra uomini. La prima forma di associazione non è una società perché è una convivenza dettata geneticamente, è uno stimolo. Ogni animale appartenente alla stessa specie crea un gruppo di convivenza dettata dall’istinto di sopravvivenza; si uniscono nella maggior parte dei casi per la difesa o per l’immigrazione, non per volontà o fini. Per questo la convivenza tra animali non costituisce una società: manca la personalità, è a-personale. Tuttavia un gruppo di animali, come un gregge o uno stormo, formano una convivenza estimulica, ossia dettata dallo stimolo.

Allo stesso modo, un animale con un uomo non formano una società, perché l’animale non ha una personalità propria e non è dunque un associazione omogenea.

Solo una convivenza tra uomini può generare una società, in quanto sono persone, animali di realtà, e come tali sono aperti alla realtà. Solo la convivenza psico-fisica personale è una società.

La società non è di un solo genere. Zubiri infatti dice:

“esta versión y esta convivencia pueden tener dos direcciones [… ] pura sociedad […] y ‘comunión personal’” [SH 195-196]

La pura sociedad  è una società impersonale, ciò che costituisce le istituzioni, il potere, il funzionamento della società. È impersonale perché non è costituita da persone, ma è costituita da elementi prodotti da persone. Mentre la comunión personal è una forma di società molto più alta della prima, infatti è costitutivamente personale, ossia formata da persone. Le persone convivono, stanno in comunione tra loro, e il loro essere partecipa a quello degli altri, in quanto la partecipazione è a livello psico-fisico.

Possiamo dire che l’essenza principale dell’essere umano è la comunità, in quanto è ciò che sviluppa al massimo l’essere individuale, assoluto e lo realizza a persona completa. Senza gli altri, senza una comunità, l’essere personale non si può concretizzare, e non può acquistare la propria personeidad  e personalidad.

La società comunitaria come la famiglia e l’amicizia è un nexo.

“ el carácter formal y primario, radical, del fenómeno del nexo entre los hombres no es una unión sino una unidad perfectamente natural. […] El nexo no es statutum, sino labor, colaboración.”[SH 250-251]

Il nexo che c’è tra le persone in una società non è un filo che le accomuna, ma è una vera e propria unità naturale. Non è naturale come negli animali che si aggregano per pure necessità istintuali, ma sono unioni nate biologicamente, come unioni di sangue, di razza, di popolo. Solo successivamente si sono aperte ad altri popoli o razze diverse. Inizialmente questa unità sociale era dovuta anche alla necessità lavorativa. Era meglio andare a caccia in gruppo che da soli, proprio perché il bottino che si portava a casa era più sostanzioso. Tuttavia questa necessità biologica iscritta nel genoma umano, non è un qualcosa di puramente primitivo, infatti anche oggi una cooperazione è superiore a un’azienda propria. Una multinazionale, infatti, produce e guadagna molto di più delle aziende casalinghe, proprio perché la collaborazione tra più individui permette una rendita superiore.

La società comunitaria non è però solo lavoro, ma quello è solo uno dei fini di essa. La società comunitaria per eccellenza è quella vincolata dai limiti di sangue, ossia la famiglia. È proprio questa che incarna l’unità più di qualsiasi altra società. La famiglia non si sceglie, per questo si accetta biologicamente e si vive con essa sia che produca sia che non. Mentre una società lavorativa è meno unita, proprio perché non è vincolata dal sangue, ma solo dal puro guadagno o la pura produzione. L’unità della famiglia è indissolubile (al di là delle separazioni) perché non si possono cambiare i genitori o i figli; mentre una società lavorativa, non è legata affettivamente, proprio per questo quando un membro non compie a termine il proprio lavoro può essere sostituito. Il lavoro, la collaborazione, è stata utile per l’evoluzione umana, tuttavia non è il punto centrale. Ormai non si può concepire più una tribù autonoma, ma siamo immersi in una società molto più grande, dove il punto di incontro di unità non è più il sangue o l’appartenenza a un popolo, ma la collaborazione, il lavoro. In un’industria la forza lavoro è data da tantissime famiglie, razze, popoli, nazioni, dunque l’unica cosa che può permettere un’unità salda è proprio la collaborazione per un fine comune. Ogni società statale deve anche essere una società comunitaria, ossia deve porre come obbiettivo dei fini che possano creare una collaborazione tra le stesse persone, e dunque eliminare ogni forma di isolamento.

“La società è caratterizzata da una spersonalizzazione, e di conseguenza la realtà del sociale è una realtà comune a tutte le persone. In questo senso, il dinamismo della suità si converte, per spersonalizzazione, in dinamismo della realtà in comune: in un dinamismo della comunizzazione.” [La struttura dinamica della realtà, 210]

La società pura è spersonalizzata nel senso di impersonale, in quanto tutto viene messo in comune e non c’è più un intervento singolare dell’individuo. La legislazione è impersonale, viene scelta da determinate persone e viene applicata. Non vi è una scelta della persona nel fare ciò che vuole o nel fare una propria legislazione, ma quella è ciò che è, e va applicata. Tuttavia anche nel fare la legislazione o un sistema giuridico vi sono delle persone, dunque si potrebbe pensare che sia in qualche modo personale, ma non è così. Infatti chi produce una legislazione o chi lavora all’interno di un sistema sociale è impersonale. Infatti non fa i proprio interessi o non opera un modo soggettivo, ma è impersonale perché lavora per lo stato e non per se stesso, ed elimina la propria soggettività nel comporre un determinato sistema sociale o una legislazione.

Dunque, questa spersonalizzazione della sociedad pura assume un carattere di comunizzazione, nel senso che viene applicata alla società comunitaria che la deve accettare in comunità. Se qualcosa va contro gli interessi della comunità non si può applicare, ma nel momento in cui la società viene approvata dal cittadino, diventa legge comunitaria, e assume una personalità all’interno di ogni singolo.

 

1.2.3. Dimensione storica

“lo que sucede es que por ser el hombre animal de realidades, su prospección filética es transmisión tradente. Y en rigor, solo esta unidad intrínseca de transmisión y de tradición es historia. La historia es transmisión tradente. […] En esto es en lo que consiste ser animal histórico.” [SH 202-203]

La dimensione storica umana, è come le altre dimensioni, frutto di una unità indispensabile. Ora per astrazione possiamo dire che i due elementi che compongono la transmisión tradente,  ossia la storia, sono: trasmissione genetica e la tradizione.

La storia che compone l’essere umano è primariamente genetica, non per importanza, in quanto i geni dei propri genitori influiscono su chi sarà l’individuo nascente. Infatti i geni dei genitori sono la prima identità dei bambini, i quali si riconoscono nella madre o nel padre. I geni determinano anche dei particolari aspetti del nascituro, come il colore della pelle o dei capelli che identificano l’appartenenza a un popolo piuttosto che un altro. Al di là della trasmissione dei geni, si ha parallelamente anche la trasmissione del sapere di un popolo. Infatti il nascituro non nasce e cresce in un luogo qualsiasi, ma in un luogo che ne caratterizzerà la personeidad. Il figlio di due nigeriani sarà geneticamente nero e non può essere altrimenti (se non in casi rari che il nascituro per una combinazione genetica errata nasce bianco), e indubbiamente questo bambino che nascerà e crescerà in Nigeria sarà conformato  a quella società, acquisterà quella tradizione, a partire dalla lingua e dalla religione. Mentre un bambino che nasce da due nigeriani in Italia, erediterà un patrimonio genetico nigeriano, ma la configurazione sociale molto probabilmente non sarà uniforme a quella dei nigeriani nati e cresciuti in Nigeria.

Questo ragionamento mostra che non vi può essere una continuità tra tradizione acquisita e la trasmissione genetica, ma entrambe si completano a vicenda costituendo la dimensione storica dell’individuo.

Ora, prendendo in considerazione il caso di un bambino nato da una coppia di italiani, erediterà oltre i geni che gli daranno una conformazione somatica tipica mediterranea, erediterà anche la cultura che in quel paese viene espressa. Fino a qualche decennio fa, quando non era forte la presenza della globalizzazione, in Italia vi era una trasmissione della tradizione da padre in figlio, il che costituiva il patrimonio nazionale. Con la venuta della globalizzazione, i bambini nascono in un ambiente non totalmente nazionalizzato, ma aperto alle diversità, dunque hanno una maggior probabilità di evoluzione tradizionale (come tradizione). La tradizione non è mai un qualcosa di fisso come si pensa, ma è frutto di un continuo scambio di culture, che durante l’evoluzione perdono il loro carattere eteronomo. Tuttavia, il luogo di nascita e di crescita influenzerà maggiormente la personalità dell’individuo dandone così una propria configurazione data dall’eterogeneità della trasmissione genetica e dall’uguaglianza di un contesto tradizionale ereditato. Due cugini nati nello stesso paese, hanno un patrimonio genetico diverso, ma uno stesso patrimonio culturale, tuttavia, la loro conformazione sarà eteronoma e omonoma perché l’individuo è capace di recepire la medesima cosa in modo diverso, dunque di personalizzarla in modo differente; omologa perché i caratteri più prossimi sono gli stessi: lingua e religione.

Infine possiamo dire che l’uomo è un animale storico perché è la continuazione di una generazione ed è il prodotto della società in cui è cresciuto; ed è un animale storico individuale perché il suo recepire e la sua tradizione genetica non è mai uguale a qualche altro individuo.

 

1.2.4. Dimensione morale

Partendo dal dovere per il dovere kantiano, Zubiri ne traccia la sua buona partenza, ma evidenzia un grosso problema ontologico. Kant separa il dover essere dall’essere, e dunque non ha fatto una giusta equazione tra il dovere e la morale.

A questa visione kantiana che non evidenzia la giustificazione del dovere (se le cose sono buone perché si devono fare o viceversa), Zubiri compara i valori di Max Scheler, che separatamente dalla questione del dovere di Kant non sono ancora sufficienti, in quanto non costituiscono una base per dovere. 

La morale non è qualcosa di indipendente e autoctona, ma è il risultato di una realidad, più precisamente della realidad umana.

“El hombre como realidad moral: esta es la línea previa del bien y del mal. Así, el deber se funda en el bien y el bien y el mal se fundan carácter de realidad moral que tiene efectivamente el hombre.” [SH 365]

Dunque il dovere, la moralità, non si fondano solo su qualcosa di astratto come i valori o il dover essere, ma sul concreto: l’individuo. Infatti è nell’uomo come realidad sustantiva che risiede la proprietà che vaglia il bene dal male in base ai contenuti della stessa realtà.

Dunque, come si esprime Zubiri:

“lo moral en el sentido usual de bienes, valores y deberes solo es posible en una realidad que es constitucionalmente moral.” [SH 374]

Dopo aver dunque analizzato brevemente la teoria kantiana del dover essere e la dottrina scheleriana dei valori, Zubiri ne aggiunge una terza, secondo la quale la morale è un’ unione di doveri, valori e soprattutto sustantividad umana, l’unica avente la proprietà di discernimento tra bene e male.

Tuttavia Zubiri tiene a precisare che il contenuto della morale non sono i suoi costituenti, bensì l’appropriazione della proprietà di questa. Infatti è proprio nell’aver percepito e fatto proprio i valori e i doveri che si può essere moralmente attivi.

2.2.5. Unità delle tre dimensioni nell’unità essenziale

Alla fine di questo capitolo, dopo aver spiegato le singole dimensioni attraverso il modo astrattivo, poniamo in essere la realtà personale come unità.

“ la realidad moral del hombre no solamente es realidad, sino que es una realidad social histórica. La moralidad misma es social y histórica.” [SH 422]

La moralità si inserisce in una sfera già predisposta, infatti la morale non è un qualcosa che nasce indipendentemente da altro, ma ha il proprio sviluppo all’interno di una società che a sua volta sarà condizionata da essa. La società e la moralità, a loro volta sono inserite in un contesto storico preciso, infatti, l’evoluzione non ha solo dei cambiamenti fisici cosali, ma ha grande importanza nei cambiamenti socio-morali. Per fare un esempio, nella prima metà del Novecento, in Europa si è avuto un problema grosso che riportava la stessa depressione americana. Questo mal contento economico ha avuto ripercussioni nella società e negli stessi individui, che irrazionalmente hanno eletto dei regimi totalitari: chi nazisti, chi fascisti, chi comunisti. Questo è stato un prodotto sociale in un determinato ambiente ed epoca in cui i sistemi politici erano già stati ideati. In che modo ha influito il contesto storico al crearsi di una moralità insana? Ha influito tantissimo, infatti, nel momento in cui Hitler ordinava lo sterminio degli ebrei, i soldati erano convinti di fare un ottimo servizio alla patria, credevano di essere nel “giusto”. Questa era la loro morale. Tuttavia, la società è anche varia, quindi ci sono stati altri individui di buona volontà e di acuta intelligenza che hanno capito che la moralità adottata dai nazisti o dai totalitarismi non era una moralità umana, ma disumana. E così vi è stato un contrasto dove la società con una moralità umana, ossia nata dal bene, ha trionfato. Questo breve accenno storico semplificato vuole dimostrare che la società e la moralità vanno a pari passo, ma non sono due istituzioni, ma bensì delle dimensioni individuali che si concretizzano nella comunione, nella società comunitaria.  Tuttavia non sono solo gli individui che condizionano la società e la moralità, ma avviene anche l’opposto:

“ El individuo tiene que hacer su vida en una sociedad con una moral histórica y socialmente determinada y, en consecuencia, si acción moral está físicamente determinada.” [SH 422]

L’individuo nasce all’interno di una comunità, quindi di una società e in un determinato contesto storico. In base alla società in cui nasce, l’individuo svilupperà una capacità socio-etica del contesto in cui è inserito. Un bambino che nasce in un contesto sociale italiano, chiaramente verrà educato alla monogamia, al contrario di uno che nasce in un paese arabo, ove la poligamia è consentita legalmente e moralmente.

In conclusione l’individuo è un’unità sostanzialmente sociale, morale e storica.

Conclusione

In conclusione a questo elaborato possiamo evidenziare l’originalità del pensiero zubiriano circa l’uomo. Infatti molti sono portati ad evidenziare i caratteri personali mettendo in secondo piano l’aspetto fisico rispetto a quello cognitivo come i platonici e neo platonici; molti pongono in primo piano la dimensione dello spirito come gli idealisti  e molti si soffermano solo all’aspetto sociale dell’uomo come Buber che non concepisce l’io se non a partire dal tu.

Zubiri è il primo che sottolinea l’unità strutturale sostantiva dell’animale di senziente in tutte le sue dimensioni personali. Ogni dimensione umana non sussiste indipendentemente dell’altra, dunque, l’uomo non può che essere un’unità strutturale.

 

Bibliografia

1.       Gracia Diego, Voluntad de verdad, ed. Triacastela, Madrid, 2008.

2.       Zubiri Xavier, Intelligenza senziente, ed. Bompiani, Milano, 2008.

3.       Zubiri Xavier, La struttura dinamica della realtà, ed. Marietti, Torino, 2000.

4.       Zubiri Xavier, Sobre el hombre, ed. Alianza Editorial, Madrid, 1986.

5.       Zubiri Xavier, Sobre la esencia, ed. Alianza Editorial, Madrid, 2008.


 




Aggiunto il 02/01/2015 12:55 da Federica Puliga

Argomento: Antropologia filosofica

Autore: Puliga Federica



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