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La matrice spazio-temporale: il dispiegamento pluripotenziale della realtà

LA MATRICE SPAZIO-TEMPORALE: IL DISPIEGAMENTO PLURIPOTENZIALE DELLA REALTÀ

di Giovanni Mazzallo

La natura fisica della realtà è costituita da relazioni metriche fondamentali su cui si stagliano gli oggetti, i fenomeni, gli eventi fisici che senza tale tessuto essenziale facente da sfondo all’espletazione degli accadimenti che si hanno in natura non potrebbero mai aver modo di esistere, sicché la realtà stessa (in quanto tale) non esisterebbe poiché non vi sarebbero più gli avvenimenti e gli enti (da cui gli eventi fisici traggono origine e viceversa nelle dinamiche della natura in continuo divenire) che la definiscono in quanto tale: lo spazio-tempo. Ogni cosa, ogni entità, ogni essere, ogni evenemenzialità riscontrabile in natura si attesta all’interno della tetradimensionalità spazio-temporale senza cui la realtà (che in sé, quintessenzialmente, è spazio-tempo) non esisterebbe (non vi sarebbe più l’Essere in generale), giacché il tutto e le sue parti sono concepibili unicamente in senso spazio-temporale, ed essa stessa (quand’anche, per un assurdo assolutamente imponderabile, dovesse darsi al di fuori delle dimensioni di spazio e tempo) in ogni caso non sarebbe naturalmente conoscibile e diverrebbe a tutti gli effetti un mero prodotto insano della fantasia senza capo né coda, giacché anche i parti della mente (pur manipolando a loro piacimento il cronotopo strutturale del reale) devono pur sempre riferirsi ai referenti imprescindibili di spazio e tempo che legittimano la realtà (pertanto l’Esistenza tout court) ontologicamente consentendone anche la realizzazione conoscitiva in sede gnoseologica. Lo stesso concetto di “eterno”, di “eternità”  è stato più volte tramandato come l’aggettivo qualificante una certa datità come “fuori dal tempo” (e/o anche dallo spazio) in quanto non soggetta al flusso del divenire che contrassegna la temporalità (ossia l’essenza intrinsecamente spazio-temporale) della realtà, che pertanto tale “eterno” trascenderebbe collocandosi al di sopra dello spazio-tempo. Ma ciò non significa tanto che il principio eterno del tutto è ubicato oltre le dimensioni di spazio e tempo, quanto il fatto stesso che lo spazio e il tempo (fusi, come scoperto dalla relatività speciale e generale einsteiniana, in qualità di continuum quadridimensionale descrivente la crono-geometria dell’universo nel suo essere una varietà geometrica di molteplice forma spiegabile come uno spazio-tempo cosmico curvo (e non piatto come nel caso del continuo tetradimensionale pseudo-euclideo della relatività ristretta)) rappresentano le strutture ultime e le cause supreme di ogni cosa poiché anche ciò che è eterno (in quanto pur sempre configurabile sotto una qualificazione di chiara marca temporale) per rimanere eterno deve pur sempre innestarsi nella dimensionalità spazio-temporale (quella, appunto, unica nel suo genere della perpetuità che, pur elevandosi al di sopra della generazione e della corruzione del divenire, si può avere sempre e soltanto nello spazio-tempo) di modo che lo spazio-tempo (fungente da sfondo irreversibile anche della dimensione dell’eternità, il che lascia comprendere come nulla in effetti possa trascendere lo spazio-tempo (neanche l’”eterno” e qualunque cosa possa andare oltre l’infinito (l’infinito stesso può essere concepito unicamente a sua volta con un’infinità spazio-temporale entro cui l’infinito (da cui si dipana il finito) può essere dato))) coincide con l’”eterno” stesso, con l’Αρχη da cui il tutto è stato originato e senza il quale il tutto non sarebbe nulla, perciò, in ogni circostanza, sarebbe sempre tutto (il nulla stesso è definibile in termini di azzeramento dei valori spazio-temporali di rilevabilità di qualcosa, quindi lo spazio-tempo è il principio necessario ed inevitabile del cosmo, di tutto ciò che contiene, di tutte le sue potenzialità e sancisce il fato stesso dell’Essere che sarà perennemente destinato ad esserci dato che la ni-entità (ossia la non-esistenza, il nulla comprensibile come niente, il vuoto, il non esserci mai stato e il non poterci mai essere) è in sé (come rivelato dalla scoperta dello spazio-tempo come fondamento del Tutto) un qualcosa (poiché la qualità onto-epistemologica di “cosa” è data dall’esplicazione spazio-temporale dell’oggetto analizzato, che nel caso del niente equivale a zero e dunque, pur essendo nulla, è pur sempre carpibile coi riferimenti spazio-temporali). Riconoscendo nello spazio-tempo l’origine della Realtà, si ha modo di capire come allora la stessa dicotomizzazione della realtà (ossia la sua concezione in termini di opposti che, incontrandosi e scontrandosi, determinano il fluire del suo divenire che definirebbe la realtà stessa, come nel caso di guerra/pace, brutto/bello, freddo/caldo, amaro/dolce, etc…) sia una sorta di fraintendimento delle profonde basi ontologiche dei meccanismi della Natura in quanto la realtà non è definita, non è costruita, non è data dall’armonia dei contrari ma dallo spazio-tempo entro la cui strutturazione si scopre come i poli opposti ancestrali da cui il divenire (e la realtà secondo la concezione fraintendente) scaturirebbe (vale a dire la dinamica di contrapposizione di Essere e non-Essere, Tutto e Niente, Pieno e Vuoto) siano in realtà la stessa identica cosa: perché sia l’Entità che la Ni-Entità sono determinabili spazio-temporalmente, quando c’è l’Entità c’è anche la Ni-Entità (nel senso di valori spazio-temporalmente azzerati che non si verificano nella realtà quando c’è l’Entità), e quindi sarà sempre destinata ad esservi una realtà, la Realtà (dal momento che la Ni-Entità è a sua volta una realtà senza la quale non si potrebbe determinare gnoseo-ontologicamente l’Entità). Entità e Ni-Entità non potranno mai contrapporsi, costituire l’opposto l’una dell’altra in quanto sono la stessa identica cosa, perché la Ni-Entità è a sua volta Entità (nel suo peculiare caso caratterizzata dal fatto di non essersi realizzata concretamente, materialmente, ma di essere ineluttabile nelle dinamiche di fondo dei meccanismi naturali per la conformazione necessaria (in quanto espressione spazio-temporale) della realtà poiché l’Entità che alla fine si è avuta era Ni-entità prima di concretizzarsi in realtà). La Ni-Entità è il serbatoio delle potenzialità dell’essere senza cui l’essere non passerebbe ad atto (dando vita alla realtà configurata nell’Entità) rimanendo pura potenza inattuata senza che ci fosse realtà alcuna; ma ciò non potrà mai essere, giacché la stessa potenza ontologica della Ni-Entità è da sola sufficiente irrelatamente a determinare l’esistenza, la realtà (in quanto necessariamente data nello spazio-tempo) e il suo darsi non potrebbe sussistere senza la fondamentale presenza dell’Entità (la potenza non può concepirsi a prescindere dall’atto e viceversa) rappresentante la visibilità manifesta, concreta e materializzata della Ni-Entità sotto forma di Entità (la Ni-Entità è Entità e viceversa, le loro specifiche caratteristiche ontologiche riguardano unicamente la dinamica potenza/atto che si esplica univocamente nella matrice spazio-temporale determinante in sé l’Esistenza comprendente (come si rileva in virtù dell’individuazione nello spazio-tempo del principio della realtà) la non-Esistenza come sua negatività ontologica fondamentale senza cui la realtà non si avrebbe (la qual cosa non può darsi poiché quest’ultima è spazio-tempo e, dunque, sarà sempre destinata ad esservi in quanto la pura non-realtà è un paradosso onto-logico (non esiste nel vero senso della parola) ed è sempre realtà)). I contrari che si manifestano nel corso dell’esistenza sono meramente il materializzarsi delle plurime potenzialità (non-Essere) dell’Essere che ripropongono in chiave di continua perpetuazione ontologica in-divenire la dinamica principiante che stette a fondo dell’esserci della realtà (Ni-Entità ed Entità sorgenti ineluttabilmente nello spazio-tempo) nella realtà già da essa originata ontologicamente autodeterminantesi nella temporalità della realtà concreta assodatasi (per mezzo della realizzazione dei contrari) che ha ricevuto dall’eternità del principio spazio-temporale il suo distintivo marchio temporale (la temporalità divenente, il divenire) senza cui la realtà non si avrebbe: la realtà, pertanto, è data dall’attrito (dato nel flusso del divenire) fra i contrari, ma tale attrito a sua volta è dovuto alla specularità identitaria presente radicalmente fra Ni-Entità ed Entità che sono la stessa identica cosa, non si danno l’una senza l’altra e determinano il divenire della realtà imprescindibilmente legato all’eterno principio spazio-temporale che è da sempre, è sempre stato e sempre sarà. Nello spazio-tempo tutto (anche il non-tutto, che è tutto) esiste, è tutto possibile e non c’è nulla che rimanga non-realizzato perché la potenza dell’essere si tramuta in atto nel tempo ed è sempre presente a determinare a partire dalla sua negatività la realtà anche in forma di semplice potenza (la presa in considerazione di un dato spaccato del reale esclude le molteplici altre forme in cui quello stesso spaccato avrebbe potuto presentarsi, definendo dunque il reale anche e soprattutto in base a ciò che non è ma avrebbe potuto essere (senza negatività non è determinata ontologicamente e non è determinabile gnoseologicamente la realtà, per cui se certe caratteristiche si concretizzano rispetto ad altre ciò è dovuto essenzialmente al fatto che sono sorte a partire dal loro essere contrarie al loro contrario per cui vale la stessa dinamica (la realtà è come una medaglia i cui risvolti contrari non possono concepirsi l’uno senza l’altro, altrimenti la medaglia non avrebbe più consistenza interna))). L’Identità non può dunque aversi senza il suo contrario, senza l’Altro che per sua natura lo definisce gnoseo-ontologicamente, perché l’identità è l’Entità che si definisce come identità in rapporto alla Ni-Entità dell’alterità che non fa parte del suo essere ma senza cui il suo stesso costituirsi ad identità (dunque ad Entità nella sua identitarietà) non sarebbe stato possibile. La realtà è quindi un continuo gioco di Ni-Entità (potenza, alterità) ed Entità (atto, identità) che riguarda ogni ente che si definisce come Entità rispetto ad un altro ente che è a sua volta un’altra Entità resasi possibile con il suo essere contrario, la sua diversità rispetto agli altri enti. Il dipolo unitario Ni-Entità/Entità consente la realizzazione dei contrari, quindi il realizzarsi della realtà reso necessario dall’identità di Ni-Entità ed Entità che si ha ineluttabilmente nello spazio-tempo. Anche (e soprattutto) la potenza è realtà, ogni cosa, ogni potenzialità, ogni ciò-che-avrebbe-potuto-essere esiste effettivamente nello spazio-tempo, e non soltanto in prospettiva della sua attuazione in un solo universo ma anche (come ipotizzato dalla teoria delle stringhe e da certe conclusioni fortemente suggestive della meccanica quantistica più genericamente) concretamente all’interno del multiverso comprensivo di infiniti universi paralleli entro cui (in ognuno di essi) si realizzano tutte le infinite potenzialità di ogni singolo oggetto, evento, fenomeno, atto per cui in un solo universo (una sola linea temporale) se ne realizza soltanto una che determina il corso degli eventi in un certo modo in quel dato universo-linea temporale, mentre in un altro universo se ne realizza un’altra che determina un alternativo corso degli eventi parallelo e così via dicendo per tutti gli altri infiniti universi paralleli. Ciò permetterebbe di comprendere come l’andamento generalmente coerente che un singolo ente riscontra nella sua parabola esistenziale tetradimensionale entro una singola linea temporale del multiverso complessivo sarebbe ipotizzabile come l’impostazione autogestentesi delle dinamiche dominanti reggenti quello stesso universo-linea temporale in confronto a tutti gli altri infiniti universi-linee temporali in cui si realizzano infinite altre possibilità mai terminanti; ciò significa che la necessità che alcune circostanze, situazioni, avvicendamenti natural-esistenziali vadano in un certo qual modo in un dato universo è legata al fatto che in quello stesso universo non potevano realizzarsi infinite altre possibilità che invece si sono realizzate negli infiniti altri universi paralleli (una possibilità per ogni singolo universo parallelo), così che soltanto una possibilità (quella che alla fine si è realizzata) poteva necessariamente realizzarsi per quel dato universo specifico. Il fatto che una sola possibilità era per essa possibile è dovuto al fatto che ogni singolo universo-linea temporale è dotato di fattori autoaggiustantisi (in relazione ai fattori contraddistintivi degli altri infiniti universi-linee temporali paralleli) che fanno sì che il corso degli eventi in un dato universo prenda una certa determinata piega piuttosto che un’altra sulla base delle condizioni fisiche basilari di partenza da cui si è formato il corso degli eventi di quel dato universo rispetto alle condizioni da cui si è formato il corso degli eventi di tutti gli altri infiniti universi paralleli. In tal senso, a un livello assai profondo ma non per questo necessariamente astratto di riflessione (si tratterebbe pur sempre di fatti scientificamente conclamati qualora si dovesse verificare la loro effettiva validità logico-empirica), non avrebbe più senso una vita fatta di rimpianti, di rimorsi, di frustrazioni perché, se il corso degli eventi è andato in un certo modo piuttosto che in un altro, ciò è avvenuto perché era fisicamente necessario (quindi del tutto inevitabile) che avvenisse, perché ci si è trovati in un universo-linea temporale in cui il proprio “io” si è trovato a vivere una piega degli eventi diversa da quella che il proprio “io” sta vivendo in un altro universo parallelo a causa di certe condizioni fisiche di partenza del proprio universo di appartenenza che non possono assolutamente essere modificate in quanto dovute al principio spazio-temporale eterno che determina la realizzazione di tutte le possibilità concepibili dell’essere nel multiverso. A livello del principio spazio-temporale, il destino dell’essere è l’infinita molteplicità che realizza tutte le possibilità, a livello dei singoli universi paralleli il destino è segnato da questo autoaggiustarsi dei propri fattori dominanti in relazione a quelli degli altri universi in conformità alle proprie condizioni fisiche di partenza necessariamente diverse da quelle di tutti gli altri universi. Il Destino è dato dalla meccanica spazio-temporale del cosmo intero. Certi strani episodi che alle volte capita di esperire e di cui ben presto ci si dimentica o a cui si decide di voler dare poco conto (etichettandoli come “stranezze” casuali degne di poca considerazione) come i déjà-vù, l’impressione di aver vissuto una vita precedente (derivante dal sapere cose o dall’avere abilità particolari mai apprese e in apparenza non spiegabili geneticamente o scientificamente in alcun modo) e la sensazione istantanea di star vivendo anche una vita parallela di cui ci si rende conto solo per brevi attimi della normale esistenza che si conduce (sogni rivelatori di certe verità rimaste celate del quotidiano vissuto, brevi situazioni stra-ordinarie in apparenza decontestualizzate dalla propria linea temporale di appartenenza  in cui la realtà concreta assume una forma diversa) sarebbero dunque spiegabili (nel caso del primo e del terzo caso) come l’eco conoscitiva protraentesi da altri universi paralleli con cui il proprio universo di appartenenza può arrivare a comunicare sulla base del verificarsi di certe condizioni fisiche particolari che fanno avvertire i loro effetti propagandoli da una linea temporale all’altra per l’intera matrice spazio-temporale di fondo. Nel caso delle vite precedenti, ciò equivarrebbe ad ammettere implicitamente l’esistenza da sempre ipotizzata, paventata e temuta dei ”fantasmi”, che in effetti altro non sarebbero se non le tracce spazio-temporali lasciate da un ente al momento della sua dipartita che determina il lascito imperituro dell’energia spazio-temporale da esso incamerata nella sua linea temporale di appartenenza (nei luoghi (e nei tempi) da esso vissuti), energia polivalente e polimorfica di cui parte si converte in altre forme da cui scaturiscono altri enti che (mediante lo stato di “entanglement” fra l’energia spazio-temporale lasciata negli spazi e nei tempi del passato vissuti dall’ente precedente nella stessa linea temporale di appartenenza dell’ente del presente e l’energia spazio-temporale convertita in altri enti) ricaverebbero l’impressione di aver vissuto vite precedenti anche in altri luoghi e in altri tempi. All’interno di uno stesso universo-linea temporale, pertanto, ogni ente è il “riciclo” dell’energia spazio-temporale (dunque dell’essere) di un altro ente del passato, ogni ente è per natura “storia” della sua linea temporale di appartenenza e lo scandirsi della temporalità in passato-presente-futuro è la riproposizione perpetua dello stesso identico tempo (il passato delle origini, da cui ebbe inizio il lascito della prima energia spazio-temporale da parte dei primi enti della storia) che si ripropone in forme diverse ma con lo stesso destino di sempre tracciato dalle condizioni fisiche iniziali del proprio universo da cui è derivata l’energia spazio-temporale primordiale degli antenati mai dissolta. L’energia spazio-temporale è l’Anima (dell’universo-linea temporale e dei suoi enti). La matrice spazio-temporale a fondamento del Tutto è configurabile conoscitivamente come una profusione energetica infinitiva (oggigiorno si cerca fra l’altro una via per concepire la quantizzazione dello spazio-tempo così da conciliare la relatività generale con la fisica dei quanti) in cui avvengono due differenziazioni: la prima riguarda le condizioni fisico-energetiche primarie alla base del costituirsi degli infiniti universi paralleli del multiverso (le possibilità ontologiche primarie); la seconda concerne il manifestarsi della materia all’interno di ogni singolo universo-linea temporale a partire dalle sue condizioni fisico-energetiche così da segnare il destino fisico-esistenziale di ogni universo e degli enti (con la loro storia) che vi abiteranno (le possibilità ontologiche secondarie). Lo spazio-tempo ha natura tanto fisica quanto metafisica, in quanto (come principio del Tutto) non sarà mai pienamente e completamente sondabile coi mezzi di cui l’uomo può disporre poiché ciò significherebbe cercare di afferrare il fumo a mani nude, vale a dire tentare di “catturare” uno ictu oculi la profusione energetica infinitiva della matrice spazio-temporale (e soprattutto la sua natura), cosa che non sarà mai possibile dato che (come enunciato da Kant) l’infinito in sé nell’uomo può essere trattato ma non concepibile mentalmente nella sua interezza (data la sua natura stessa di infinito) come pura idea della ragione e provare ad afferrare  la natura della matrice spazio-temporale equivarrebbe a tentare di capire il principio del principio (dando così origine ad un regressus ad infinitum paradossale che non porterebbe mai a niente, poiché il principio del Tutto non può avere un principio più alto a sua volta e gli enti (in quanto originati da tale principio) non possono sperare di coglierne la segreta natura intima in quanto compresi al di sotto di esso (al suo interno) e nell’impossibilità di osservarlo dall’esterno (il che sarebbe comunque un paradosso onto-logico)). Nella matrice spazio-temporale la posizione filosofica di Hegel (il suo idealismo storico-assoluto teso nella sua logica triadica all’individuazione dell’Infinito, dell’Assoluto a partire dal finito, dal particolare) e quella di Kant sarebbero conciliabili in quanto lo spazio-tempo (in Kant separatamente considerati (Einstein doveva ancora sopraggiungere) come forme a-priori della sensibilità delimitanti (con le categorie dell’intelletto) le possibilità di conoscenza dell’uomo) è al contempo sia il principio fisico della conoscenza empirica sia il principio meta-fisico del Tutto. Il multiverso degli infiniti universi paralleli spiegherebbe il concetto di “destino” (con l‘analisi della somiglianza/lontananza degli universi paralleli in merito al loro corso degli eventi), consentirebbe di capire come la morte sia simultaneamente la fine, l’inizio e la perpetuazione della vita (in un universo-linea temporale si hanno la conversione dell’energia spazio-temporale e la presenza permanente dei cosiddetti “fantasmi”, negli infiniti universi paralleli la scomposizione infinitesimale dell’”io” determina l’”immortalità” in sé (a livello del multiverso) dell’”io” (che morirebbe solo all’interno dei singoli universi, laddove in infiniti altri universi paralleli continuerebbe (anche se solo per brevi istanti infinitesimali in relazione alla morte, per sempre in relazione a ogni singola fase della vita) a vivere data l’infinità degli universi in cui ogni istante temporale della vita si mantiene)). Il  “time travel” è possibile (ogni cosa è possibile nello spazio-tempo), sia nel passato (le tre soluzioni quantistiche del ripristino del passato, del viaggio nel passato collocandosi in un universo parallelo, del viaggio nel passato all’interno dello stesso universo con possibilità di modificarlo senza sapere le conseguenze cui ciò porterà) che nel futuro (la soluzione quantistica e quella relativistica delle CTC gödeliane) indifferentemente, e ciò non disturba affatto il Destino di ogni singolo universo-linea temporale e dei suoi enti perché il viaggio temporale si effettuerebbe all’interno della matrice spazio-temporale universale lasciando intatto il Destino generale e particolare del multiverso (che quindi altro non è che espressione fisica diretta del principio matriciale spazio-temporale nella sua più pura e profonda metafisicità). L’esistenza di un ente è come la pellicola di un film i cui fotogrammi sono già stati impressi su pellicola sin dal principio (il Destino). Il probabilismo quantistico riguarda le differenziazioni dei singoli infiniti universi paralleli, il determinismo relativistico è la conseguenza del verificarsi necessario della probabilità all’interno del singolo universo a partire dalle sole probabilità cui lasciavano le condizioni fisiche di partenza di quel dato universo. Per questo si dice che la realtà cosmica sia fatta a scale, quelle più alte e quelle più basse: a livello materiale si hanno le differenze, a livello energetico trascendentale tutte le entità di tutti gli infiniti universi paralleli (fra di loro e in relazione a quelle degli altri universi) sono una cosa sola, sono spazio-tempo. Quando si ama e quando si odia, per il principio del Tutto, si ama e si odia se stessi, perché si è tutti materializzazione dell’energia dello spazio-tempo. Dio è lo Spazio-Tempo.                                                                                                                                          




Aggiunto il 02/05/2017 11:39 da Giovanni Mazzallo

Argomento: Filosofia della scienza

Autore: Giovanni Mazzallo



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