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La conoscenza teorico-emozionale come possibile oggetto della Filosofia della Psicologia

LA CONOSCENZA TEORICO-EMOZIONALE COME POSSIBILE OGGETTO DELLA FILOSOFIA DELLA PSICOLOGIA

 

La sapienza filosofica che interroga da secoli l’umana relazione soggetto-oggetto una volta acquisita la certezza di non poter risolvere l’intreccio che si determina in quell’infinito confronto, se seda la volontà di oggettivazione, accettando i suoi limiti, pur non rinunciando, a interrogare produttivamente questo “mistero” conoscitivo, fa di questo l’origine e l’orizzonte produttivo della propria speculazione.

Se si procede per indagini teoretiche secondo subordinate riduttive, per esempio antropologiche o psicologiche, non prive di ulteriori complessità, e ci si rivolge verso la ricerca di quale consapevolezza si eserciti nell’indagare l’“oggetto mondo” ci si chiede, in sostanza, con quale atto o modo di coscienza[1]  si svolga questa operazione?

Si esercita una complessa attività intenzionale-relazionale, mentre si cerca di conoscere l’oggetto-mondo, o si svolge un movimento di direzione lineare meccanico causa-effetto?  

 

Goethe in versi si rivela calzante.

 

Nel vero è colui che afferma

Che non si sa come si pensa;

quando si pensa:

tutto è come regalato[2]

 

I versi di Goethe commentano quest’operazione impotente della coscienza che scopre anche se stessa domandando. Qui ha inizio la Filosofia, la sua alba, e percependosi così, la coscienza mentre cerca di conoscere quanto ha davanti a sé e da vita alle proprie operazioni mentali.

Come si aprono gli occhi, la prima cosa che si vede sono gli oggetti, lì, pronti come un dono. Soltanto in seguito gli oggetti visti, quasi come se ci fosse un cammino di ritorno da essi, divengono il nuovo oggetto creato, la nostra visione.

 

In questo percorso dialettico l’emozione è un elemento a priori, non unicamente psichico, costitutivo della coscienza e della conoscenza, del processo di cui qui si parla. Di più: non può essere senza emozioni nemmeno l’abbraccio che la  Filosofia compie in questa operazione continua di valutazione conoscitiva[3]. Come se senza l’amore per la Filosofia stessa, declinato nei diversi modi di amarla, non si potesse raggiungere nessuna conoscenza e  nessuna attività della mente.

Questi atti conoscitivi Io-Mondo, nelle loro peculiarità conoscitive-emotive, possono rientrare, per una consuetudine di ordine teoretico, in una disciplina chiamata Filosofia della Psicologia.

Un filosofo appassionato nel suo rigore analitico, che centra le sue ricerche sull’analisi delle emozioni stesse, e ne fa l’oggetto principale della sua riflessione, è certamente Max Scheler.

Egli, come molti altri filosofi,[4] assume la fenomenologia come strada per le proprie speculazioni filosofiche, a partire dalle emozioni, dai sentimenti, dall’opera costruttiva o distruttiva dell’affettività. Il metodo fenomenologico stesso non comporta, come è già connaturato nell’indagine fenomenologica, il farne una teoria organica e sistematica, quanto piuttosto una scelta metodologica, che presta un’attenzione privilegiata e adatta all’esperienza umana vissuta emotivamente e affettivamente .

Max Scheler chiama la dimensione affettiva – attività primordiale – da qui declina le dimensioni sensitive dell’intercorporietà e dell’intersoggettività e da queste la determinazione della persona complessiva come mente-corpo.

Le tonalità emotive – Stimmung - compongono in quest’ottica quel senso d’essere complessivo del mondo che permette l’apparire attraverso i sensi stessi di quell’essere  particolare soggettivo di ogni realtà, che si pone di fronte allo sguardo umano.

L’emozione intersoggettiva non è, quindi, da questo punto valutativo, solo un fatto psichico, ma costituisce una variazione del senso dei nostri rapporti con l’universo e con gli altri.

La vita emozionale, a volte relegata alla periferia della ragione, ottempera invece a quella specifica sfera del sentire le cui diverse declinazioni creano l’autentico rapporto con la realtà.

L’esperienza umana affettivamente sensibile entra e costituisce l’ordine qualitativo di quello che è intorno e, conseguentemente, indirizza i comportamenti (modi di essere) che le relazioni richiedono. Si determinano da qui, sempre per Max Scheler, da questi dati emozionali soggettivi-emotivi, le stesse gerarchie valoriali: i fondamenti dell’etica quindi.

 

Nella sua stessa importante opera Ordo Amoris  il filosofo pone  il concetto espresso dal titolo l’essenza della sua amplissima ricerca sul cosmo e dell’umano nel cosmo. Oltre la funzione biologica il sentimento emotivo e affettivo si configura come un elemento complessivo (a priori) di portata vitale del vivo “vissuto”  della vita.

La sensazione emotiva diventa, quindi, un “dato” e anche la psicologia, per esempio, quella Esistenziale-Fenomenologica, ricercando il senso-qualità di quel dato, piuttosto, che l’agognato e l’irraggiungibile dato quantitativo della scienza naturalistica, si struttura fenomenologicamente rivestendosi di trascendalità,[5] luogo dove la Filosofia, per la secolare riflessione su questo cammino di proiezione del pensiero umano è, tra le scienze, la più consona ad accoglierla e indagarla.

 

 

 

 

   

 

 

 

   

 

 

 

 

 


[1] Infatti il concetto di coscienza sembra essere il vero Proteo della filosofia. Esso compare in tutti i campi della problematica filosofica, ma in nessuno di essi presenta identica forma, modificando incessantemente il significato. La metafisica come la gnoseologia, la psicologia come la fenomenologia pura lo rivendicano per sé. Da questa sua molteplice connessione interna nascono continuamente nuove contese di confine fra i diversi campi del pensiero filosofico… ( La Filosofia)…per quanto le sia lecito pretendere per sé una specie di autonomia metodologica (,…) essa non può fare a meno di volgere continuamente lo sguardo a tutti quei campi. Affinché la connessione, che qui sempre sussiste, non conduca a una confusione, è necessario chiarire in che senso essa venga cercata e intesa. Se in primo luogo prendiamo a considerare la psicologia , sembra facile tracciare la linea di demarcazione, finché  si vede il compito della psicologia unicamente nella “spiegazione” empirico-causale dei fenomeni….ma se la critica della conoscenza cerca di stabilire non già l’origine empirica della conoscenza, bensì i suoi elementi costitutivi e mira a coglierne le forme strutturali come il linguaggio, il mito, ogni conoscere teoretico viene qui considerato  come forma  dello “spirito oggettivo” a cui si addiviene. In realtà ci troviamo sempre nell’ambito generale della questione trascendentale pg.65Cassirer Filosofia delle forme simboliche La Nuova Italia 1° ristampa anastatica  maggio 1989

[2] J.W.Goethe , Spruche, n.26, in Hamburger Ausgabe

[3] Sotto i più freddi e chiari pensieri scorre, a volte, il sentire più appassionato Qualcosa di molto decisivo agisce in essi. Nel caso delle dispute filosofiche, è di solito l’avvenire; perché il pensiero filosofico è nato con questa   pretesa.

Maria Zambrano L’Uomo e il Divino Ed. Lavoro  Roma  1955

[4] Filosofi fenomenologi come E.Stein, E.Husserl,M. Heidegger, fino alla fenomenologia di Jaspers e Binswanger e alla psicoterapia esistenziale d Viktor E. Frankl

[5] Dice Kant:” chiamo Trascendentalità, ogni conoscenza che si occupa non degli oggetti ma del nostro modo di conoscere gli oggetti, in quanto è possibile a priori” da Trascendalità in  Nicola Abbagnano Dizionario di Filosofia Utet 

FILOSOFIA DELLA PSICOLOGIA




Aggiunto il 01/12/2019 17:36 da Roberto Melloni Melloni

Argomento: Filosofia della mente

Autore: Roberto Melloni



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